Alla Sala d’Arte Le Muse gli “Attimi” dell’artista reggino Daniele Calabrese

Reggio Calabria. Presso la sala d’arte “Le Muse” di Reggio Calabria si è tenuta la mostra personale di fotografia del giovane artista reggino Daniele Calabrese. L’artista ha iniziato nel 2008 il suo cammino fotografico collaborando con diverse agenzie che seguono movida e spettacoli. Specializzato in fotografia di reportage, ritrattistica e fotografia di paesaggio, l’artista reggino mette in evidenza nelle sue opere l’ammirazione ed il rispetto, attraverso la macchina fotografica,verso tutto ciò che il mondo presenta. Calabrese consegna un patrimonio visivo in “Attimi di memoria” che ha colto nella sua giovane esperienza di vita. La sua è necessità di comunicare. Una comunicazione integrata e mediata dalla fotografia in un’incessante ricerca attraverso mondi e modi di un tempo, quello della comunicazione multimediale. Calabrese, fotografo riservato e introspettivo, trasforma il suo dire in un fare espressivo tra scatti e pensieri in cui il giovane si riconcilia con il visibile. Ed ecco, alla sua prima mostra personale, un itinerario di attimi estrapolati da 24 ore di vita in cui non solo l’autore, ma tutti, si possono ritrovare o ritrovarsi: il mondo degli affetti, il mondo del lavoro, le pause della vita, lo spettacolo come arte creativa. Non c’è posa predisposta nelle sue visioni, ma atteggiamenti reali con cui l’autore si pone come attento indagatore di inconsapevoli soggetti. La scelta è sempre data dal campo visivo, in cui primo piano e vedute si contendono la dinamica dello sguardo del nostro creativo. L’uomo, nella sua ritualità, convive in attimi di addii affettivi ed in abbracci fraterni, mentre il rito ripetitivo, ossessivo di alcuni addetti ad attività lavorative, viene rivisitato tramite la scelta di grandi particolari, location o postazioni giornaliere. Daniele Calabrese ritrova anche nelle pause una identità, una presenza fisica di atteggiamenti inconsapevoli e monotoni che spesso accompagnano la gestualità – dalla sigaretta al caffè, dal fermo di un emarginato che, solo un bianco e nero soffuso ed atmosfericamente accattivante, conserva tra le trame delle sue fotografie. Grandi, liberi da cornici e non circoscritti. Sono questi i pensieri dell’artista. Lo spettacolo come espressività e sensualità di danza, foto di scena di convenzioni illusorie accompagnano queste storie tra ritualità sportive, il box e pose viste in registica sequenza. Scrive Mimmo Rotella: “…l’arte dovrebbe raccontare i fatti più importanti della nostra vita…”, ma a volte il personale diventa io collettivo, come Calabrese racconta in questa sua prima esperienza, forse strumento di guerra difensiva del tempo contemporaneo che scorre sotto gli occhi di giovani antropologi dell’anima che non si rassegnano alla solitudine del tempo che fugge.

 

 

 

Exit mobile version