In edicola il n° 133 di Calabria Sconosciuta: “La leggerezza del riso nei limericks di Edward Lear”

Reggio Calabria. Come di consueteo offriamo ai nostri lettori un’anteprima del numero 133 di Calabria Sconosciuta, il trimestrale di cultura e turismo fondato dal dott. Giuseppe Polimeni. Questo mese proponiamo un articolo di Lorenzo Lazzarino, impreziosito da alcuni disegni realizzati dallo stesso Edward Lear, di cui quest’anno ricorre il bicentenario della nascita.

La leggerezza del riso nei limericks di Edward Lear

Lorenzo Lazzarino

Edward Lear (1812-1887), figlio di Jeremiah e Ann Sketter, nacque a Highgate, all’epoca sobborgo di Londra, il 12 maggio 1812, tre mesi e cinque giorni dopo la nascita del romanziere Charles Dickens, a ciascuno dei quali, nel proprio ambito, buona parte della critica internazionale, riconobbe elevato spessore artistico. Ventesimo di 21 figli, di cui solo undici raggiunsero l’età adulta, trascorse un’adolescenza misera per il grave dissesto finanziario di cui fu vittima il padre e che mutò il tenore di vita medio – borghese della famiglia.

L’aspetto un po’ sgraziato, la forte miopia, l’epilessia e i frequenti attacchi di asma gli generarono un profondo senso d’inferiorità, rendendolo solitario, melanconico e perfino soggetto ad attacchi depressivi. Non andò mai a scuola e la sorella maggiore Anna, di 22 anni più grande di lui, ne curò l’istruzione indirizzandolo verso lo studio della mitologia classica e i poeti romantici, il disegno e la pittura.

Incominciò a lavorare all’età di quindici anni dando lezioni private di disegno a ragazze della società bene londinese; tra le sue allieve ci sarà nel 1846 la regina Vittoria. La naturale predisposizione al disegno affiancata anche da minuziosi studi di botanica e di zoologia, fu molto apprezzata dagli ambienti artistici che contavano nella Londra dell’Ottocento.

Acquarellista Aviario

La precocità del suo ingegno si esplicò nella pittura ad acquarello con oggetto alcune specie di uccelli. Ciò gli consentì di collaborare a soli sedici anni alla pubblicazione di Illustrations of British Ornitology [Illustrazioni dell’Ornitologia Britannica, 2 voll., 1830] di Prideaux Selby e William Jiardine e poi alla Guida dei Giardini della Società di Zoologia. In quest’ultima ebbe il primo lavoro fisso che fu considerato dal pittore “la pietra miliare e il marchio” della sua vita. Ogni qualvolta ritornava a Londra andava sempre nei “suoi Giardini”. Lord Stanley, 13° conte di Derby, dopo aver visto le sue opere esposte e aver ammirato le 42 tavole di Illustrations of the Family of Psittacidae or Parrots [Illustrazioni della Famiglia dei Pappagalli,1832], primo libro pubblicato da Lear, lo ingaggiò per fargli disegnare gli animali del suo serraglio nella residenza di Knowsley Hall, vicino a Liverpool.

Il ventenne Lear visse nella splendida residenza del Conte dove ebbe a disposizione per cinque anni, dal 1832 al 1837, una fornita biblioteca e una collezione di dipinti di grandi maestri quali Rembrandt, Poussin e Velasquez. In quegli anni lavorò anche per lo zoologo John Gould (1804-81) con cui viaggiò attraverso l’Olanda, la Svizzera e la Germania, terre ricche di varietà di uccelli. Collaborò alla stesura del libro di Gould, The Birds of Europe [Gli Uccelli dell’Europa, 5 voll., 1832-37], impreziosendolo con variopinte illustrazioni.

Lear fu il primo a dipingere pappagalli, pellicani, tucani su foglio grande, a misura naturale, ritraendoli dal vivo senza ricorrere, come altri pittori, ad animali imbalsamati; fu anche uno dei pochi a produrre da sé le litografie dei suoi quadri.

Poeta Umorista

Per gravi problemi agli occhi, abbandonò la produzione pittorica aviaria, apprezzata solo da pochi intenditori, poco redditizia finanziariamente e molto impegnativa per la vista, ma presto diventò popolare con la pubblicazione nel 1846 de Il Libro del Nonsenso, una raccolta di strofette umoristiche dedicate ai nipotini di Lord E. Stanley e redatte nel periodo di permanenza a Knowsley Hall. Il libro si ascrive al genere della letteratura del Nonsenso nel cui ambito egli ebbe, a mio giudizio, un solo pari, Lewis Carroll, l’autore di Le Avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie.

Nelle 213 strofette di cinque versi, ciascuna corredata da un disegno, la cadenza ritmica e i contrasti di senso producono un effetto umoristico. Ogni strofe, chiamata “limerick”, presenta al primo verso il personaggio, al secondo la sua azione, al terzo la qualità dell’azione, al quarto la conclusione di essa, al quinto l’azione del protagonista si ricollega, in negativo, a quella espressa nel primo. Il limerick produce un effetto ilare per le allusioni contrastanti, per il ritmo strettamente cadenzato del verso giambico e la distonia tra la serietà del tono e la deliberata assurdità del contenuto. Il limerick scelto rappresenta efficacemente il suo stile:

C’era un vecchio di Gretna

Che ruzzolò nel cratere dell’Etna

Quando gli chiesero:”Scotta laggiù?”

Rispose tranquillo: “Mai più!”

Quel mendace vecchio di Gretna.

Lear che non aveva certo il senso del guadagno, vendette i diritti per soli 125 pounds, una miseria se si pensa che il libro fu ristampato 19 volte solo durante la sua vita. J. Ruskin collocava questa opera al primo posto nell’elenco dei suoi libri preferiti.

Paesaggista e incisore

Lear riscosse il massimo successo presso il grande pubblico internazionale, per gli splendidi libri di viaggio illustrati da lui stesso con vedute paesaggistiche. Oltre che eccellente scrittore e brillante pittore e incisore, fu un apprezzato compositore musicale.

Fu stimato da John Ruskin, critico d’arte, teorico del movimento estetico inglese, da Alfred Tennyson, raffinato poeta lirico vittoriano che compose una poesia a lui intitolata, e da Wystan Hugh Auden, poeta anglo-americano. A venticinque anni si dedicò allo studio del paesaggio ispirandosi a Turner e ai pre-raffaelliti tra i quali vi erano i fratelli Rossetti di cui fu grande amico. Apprese molto da uno dei fondatori del movimento pre-raffaellita, William Holman Hunt, il quale gli insegnò l’uso dei colori nella pittura a olio e gli consigliò di dipingere i paesaggi osservando direttamente la natura.

Dal 1837 incominciò la vita da nomade e viaggiò per il Lussemburgo, la Germania e l’Italia (Milano, Como, Bologna, Firenze e Roma). Ritornò a Roma una seconda volta e nell’aprile del 1847 si recò a Napoli, e via mare, in Sicilia. Dal 25 luglio al 4 settembre del 1847 visitò la provincia di Reggio Calabria. Da quest’ultima esperienza scaturì il prezioso libro Diario di un Paesaggista nel Sud della Calabria pubblicato poi nel 1852, ben tradotto in italiano da Ernesta De Lieto Vollaro e da suo marito Albert Spencer Mills, due studiosi di letteratura di viaggio.

Lear percorse i sentieri meno conosciuti delle zone interne dell’Aspromonte, Reggio Calabria, Bova, San Luca, Pentidattilo, Palizzi, Pietrapennata, Polsi, Gerace, Roccella, Stilo, Gioiosa, Canolo, e poi Bagnara, Scilla, Palmi, accompagnato dall’amico John Joshua Proby e da una guida locale.

Visitò l’intera provincia “mosso da intenzioni di puro godimento estetico e spirituale, di contemplazione della natura”. A Pentidattilo, suggestionato dall’immaginifico paesaggio, lo disegnò esaltandone le linee gotiche della roccia. Durante la permanenza nel borgo, gli fu raccontata la tragica storia d’amore di fine Seicento tra il barone di Montebello, Bernardino Abenavoli e Antonia, figlia del marchese Domenico Alberti di Pentidattilo, conclusasi con la strage degli Alberti, tenacemente avversi al matrimonio.

Polsi lo commosse totalmente, tanto che scrisse:“Il senso del mistero di questo scenario, la profonda solitudine di queste montagne, sono tali che né penna né matita possono descrivere”.

Reggio gli appariva “un vasto giardino, ed indubbiamente uno dei più bei posti visti sulla terra.” “Con le sue luci e le sue strade sembra Parigi”, mentre le distensive passeggiate sul lungomare “gli ricordavano il procedere per l’Hyde Park di Londra”.

Lo scoppio dei moti rivoluzionari in Calabria del 1847, proprio mentre si trovava a Pentidattilo, fece anticipare la sua partenza. Ritornò a Roma, poi si diresse in Grecia, in Albania, a Malta e infine a San Remo dove, dopo una residenza di 18 anni, si spense nel 1887 a Villa Tennyson da lui stesso fatta costruire, a ricordo del suo amico poeta.

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