Catanzaro. Operazione Wind Farm: Guardia di Finanza sequestra beni per 350 milioni di euro, 31 indagati

Catanzaro. I finanzieri del Gico del Nucleo di Polizia Tributaria di Catanzaro – rende noto un comunicato stampa del Comando provinciale di Catanzaro, che qui riportiamo integralmente – con l’ausilio del Comando provinciale di Crotone, hanno eseguito un sequestro preventivo di beni, emesso dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia, per un valore complessivo di circa 350 milioni di euro e che ha interessato, in particolare, il parco eolico denominato “Wind Farm Isola Capo Rizzuto” situato nell’omonimo comune del crotonese, dotato di ben 48 aerogeneratori e considerato fra i più grandi d’Europa per estensione e potenza erogata.
Il provvedimento scaturisce da un’attività investigativa, tuttora in fase di svolgimento e che ha visto la collaborazione sinergica del Servizio Centrale di Investigazione sulla Criminalità Organizzata (Scico) di Roma, diretta ad accertare l’ingerenza della locale criminalità organizzata nell’intera operazione economico-finanziaria relativa alla realizzazione del parco eolico.
Tale attività, caratterizzata anche da complessi profili internazionali che hanno portato all’interessamento di numerose autorità giudiziarie straniere, ha consentito di acquisire una serie di elementi da cui emergerebbe la riconducibilità della stessa alla sfera economica della cosca Arena di Isola Capo Rizzuto, soprattutto sempre secondo l’ipotesi investigativa cioè sarebbe avvenuto per il tramite di Pasquale Arena, di 59 anni, dirigente presso il Comune di Isola Capo Rizzuto, fratello di Carmine – perito nell’ottobre 2004 in un agguato che gli inquirenti ritengono di stampo mafioso – nonché (sempre secondo quanto riportato nel comunicato stampa) nipote diretto del vecchio capo clan Nicola Arena cl. ‘37.
In particolare, Pasquale Arena, in qualità di presunto referente e gestore occulto degli affari della cosca medesima, avvalendosi di terzi prestanome interposti nella titolarità delle quote sociali e delle attività economiche, attraverso un articolato sistema di interposizioni fittizie e reali, avrebbe avviato e realizzato, per conto della medesima cosca, il parco eolico formalmente di proprietà della “Vent1 Capo Rizzuto s.r.l.”, per il tramite di una fitta rete di società estere strumentale all’occultamento della loro riconducibilità ultima e dello stesso parco alla famiglia Arena.
Le attività investigative avrebbero evidenziato come lo stesso Pasquale Arena – il cui nominativo non compare mai in alcun atto, tantomeno in seno alle compagini societarie comunque interessate – avrebbe curato tutte le fasi realizzative del parco eolico, direttamente o indirettamente per il tramite del cugino Nicola Arena (di 48 anni), Carmine Megna, Frick Martin Josef, Gobbi Roberto, anche dopo la fuoriuscita (avvenuta nel 2010) della “Purena s.r.l.” dalla “Vent1 Capo Rizzuto s.r.l.”, società proprietaria del parco eolico, per quanto attiene alle incombenze di maggior rilievo compresi i rapporti con la pubblica amministrazione, nonché per il tramite di imprese a lui di fatto riconducibili alle quali venivano affidati i lavori di realizzazione del parco in questione, come la “Veda s.n.c. di Ventura Fabiola & C.”, di cui risulterebbero proprietari fittizi Giovanni Maiolo e Fabiola Valeria Ventura, ma di fatto riconducibile a Pasquale Arena e della quale questi ne disporrebbe “uti dominus”.
Non ultima, la “presenza” di Pasquale Arena nelle trattative in corso inerenti alla vendita del parco eolico, per come emerge dalle conversazioni intercettate ed intercorse tra Carmine Megna e gli intermediari nella trattativa medesima verosimilmente individuati dallo stesso Arena Pasquale.
Nel corso delle indagini è emerso che il clamore mediatico più volte suscitato dalle vicende relative alla realizzazione del parco avrebbe convinto Pasquale Arena a recidere quei sia pur minimi contatti diretti ed ufficiali della famiglia con l’iniziativa economica e le società interessate, inducendo i soggetti interposti a promuovere una serie di modifiche nelle strutture societarie finalizzate ad ulteriormente schermare l’interesse e la partecipazione della cosca nell’affare ed evitare di attirare, per il futuro, l’attenzione mediatica o investigativa.
Ciò si sarebbe potuto realizzare mediante la creazione di ulteriori schermi societari in territorio estero dietro i quali mascherare, per il tramite di interposizioni fittizie e reali, l’effettiva partecipazione della famiglia Arena nell’affare e garantendo, in tal modo, gli interessi della famiglia medesima.

In particolare, tale obiettivo sarebbe stato conseguito attraverso:

Tali modifiche societarie avrebbero consentito di recidere, sia pure fittiziamente, qualsiasi collegamento ufficiale tra la “Vent1 Capo Rizzuto srl” ed i soggetti “locali” Nicola Arena e Carmine Megna, i quali avrebbero continuato, comunque, a rappresentare i principali referenti nell’affare di Pasquale Arena e, per mezzo di lui, della famiglia Arena.
Ad avvalorare la tesi investigativa secondo cui l’iniziativa imprenditoriale ideata e concretizzata da Pasquale Arena rientrava a pieno titolo nel novero degli interessi economico-patrimoniali della cosca Arena sono intervenute le risultanze dell’attività tecnica posta in essere nel corso delle indagini preliminari.
Grazie, infatti, a mirate intercettazioni di conversazioni gli inquirenti ritengono di aver potuto accertare che il boss Nicola Arena, non appena uscito dal carcere dopo un lungo periodo di detenzione a regime di 41-bis (in parte coincidente con il periodo nel quale detti investimenti venivano ad esistenza), non solo “chiedeva conto” allo stesso Pasquale dell’iniziativa economica intrapresa durante la sua assenza (evidentemente per conoscerne nel dettaglio le dinamiche e le interessi economici sottesi) ma, addirittura, poneva in essere comportamenti tali da voler manifestare in modo palese l’intenzione di riappropriarsi del controllo della stessa, interessandosi per la vendita del parco in questione.
Tali circostanze, oltre ad evidenziare il grado di autonomia con cui Pasquale Arena avrebbe gestito, quale “responsabile economico” della cosca, l’”affare dell’eolico” in assenza del capo storico, hanno dimostrato come lo stesso affare non costituisca il frutto di un’iniziativa economica libera e scevra da condizionamenti di natura “mafiosa”, bensì il risultato di un preciso disegno strategico rientrante nell’alveo degli interessi imprenditoriali della cosca ai quali rimane inscindibilmente avvinto e la cui rilevanza sotto il profilo patrimoniale e finanziario suscita la volontà del boss di riprendere in mano il controllo della situazione.
Accanto all’investigazione proiettata alla dimostrazione della riconducibilità ultima del parco eolico alla cosca Arena, è stata esperita anche una mirata attività di indagine finalizzata ad accertare, da un lato, la legittimità dell’iter amministrativo che ha portato, in data 14/11/2007, al rilascio dell’autorizzazione unica legittimante la realizzazione della struttura, dall’altro, la sua conformità alla normativa urbanistico-edilizia.
In tale contesto, sono emerse numerose violazioni sia nella procedura amministrativa finalizzata al rilascio dell’autorizzazione unica da parte del dipartimento delle attività produttive della Regione Calabria sia nell’osservanza dei vincoli paesaggistici, archeologici ed urbanistici esistenti sulla zona interessata.

Il provvedimento di sequestro ha interessato le seguenti società:

Vent1 Capo Rizzuto srl, con sede legale in Crotone (Kr):
relative quote societarie, attualmente così ripartite:

l’intero complesso aziendale (beni mobili, immobili e rapporti finanziari) costituito, in particolare, dal parco eolico denominato Wind Farm ICR, composto nel complesso da 48 aerogeneratori e relative opere accessorie realizzato in territorio di Isola di Capo Rizzuto (Kr) di proprietà della “Vent1 Capo Rizzuto srl”;

Purena srl, con sede legale in Isola Capo Rizzuto (Kr):
relative quote societarie, attualmente così ripartite:

l’intero complesso aziendale (beni mobili, immobili e rapporti finanziari) della predetta “Purena srl”;

Veda snc di Ventura Fabiola & C., con sede legale in Isola di Capo Rizzuto (Kr):
relative quote societarie, attualmente così ripartite:

l’intero complesso aziendale (beni mobili, immobili e rapporti finanziari) della predetta “Veda snc”.

Nel contempo, l’autorità giudiziaria di San Marino, con la quale è stata avviata un’intensa collaborazione investigativa, ha disposto il sequestro di un’ulteriore società (la Seas s.r.l.) ivi residente che, fin dalle fasi di avvio del progetto, sarebbe risultata coinvolta nelle operazioni legate alla realizzazione del parco.

Exit mobile version