Il Cis ha promosso l’incontro “L’elegia greca: vecchi e nuovi frammenti”

Reggio Calabria. Nell’ambito del percorso “…..Quattro passi …nel mondo antico”, ideato e progettato dalla prof.ssa Maria Quattrone, già dirigente scolastico del Liceo Classico “T. Campanella”, il Centro Internazionale Scrittori della Calabria ha promosso il quarto incontro incentrato sul tema “L’elegia greca: vecchi e nuovi frammenti“ a cura del professore Claudio Meliadò, in servizio come ricercatore di Lingua e Letteratura greca presso il Dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’Università di Messina. Dopo una breve introduzione della prof.ssa Quattrone sulla persistenza e attualità dei classici il prof. Meliadò ha tracciato con metodo rigorosamente scientifico un dotto excursus sull’etimologia e sulla sostanza dell’elegia, originale genere letterario, che numerose fonti antiche riconducono al lamento funebre da espressioni che tradotte significano dire ahi ahi, lamentarsi, dire bene (dei morti) oppure avere pietà. Ipotesi recenti, invece, affermano che elegia derivi da una radice presente in armeno nel termine elegn (canna), da mettere in connessione con l’aulos, il tipico strumento che accompagnava la performance elegiaca. Il possibile collegamento di questo tipo di componimenti con i canti trenodici ha lasciato, però, solo sparute tracce e già in fase arcaica è possibile notare un uso del distico elegiaco per i temi più vari. Il contesto in cui il genere elegiaco poteva dispiegare – sostiene Meliadò – tutte le sue potenzialità era senza dubbio il simposio, elemento chiave della vita sociale e politica del mondo antico, nel quale il canto era parte imprescindibile, spesso sotto la forma di catena simposiale, per cui un convitato, proponeva un tema e dava inizio al canto sviluppandolo secondo la propria Weltanschauung, la propria visione del mondo e della vita, e a turno gli altri simposiasti prendevano la parola per avvalorare quanto detto in precedenza o ribattere. Temi caratteristici erano senz’altro l’amore, la giovinezza, la vecchiaia, il vino, ma non mancavano neanche componimenti metasimposiali, cioè elegie programmatiche nelle quali veniva descritto il codice di comportamento, in cui tutti i partecipanti al simposio si riconoscevano. È questo il caso di un lungo frammento di Senofane (fr. 1 W.) che ci restituisce un’istantanea del banchetto, permettendoci di vederne i colori e respirarne i profumi. Gli studi dell’ultimo ventennio hanno restituito l’originaria cornice simposiale anche all’elegia guerresca, la cui funzione era prettamente parenetica; essa era destinata cioè a risvegliare in chi l’ascoltava l’ardore, il valore, il coraggio, la dignità di cittadino responsabile della polis e dei propri congiunti. Si pensi ad esempio ai frammenti conservati di Callino e Tirteo nei quali è possibile tuttora leggere accorate esortazioni ad abbandonare le mollezze orientali alle quali i giovani si erano ormai assuefatti per difendere la patria e i propri cari; solo così sarà loro possibile accedere alla gloria. Soltanto di recente nuove acquisizioni papiracee hanno consentito agli studiosi- ha continuato Meliadò – di conoscere meglio un sottogenere della poesia elegiaca, quello diegetico o narrativo. Esempio ne è l’elegia per la Battaglia di Platea, l’evento conclusivo delle Guerre Persiane, scritta da Simonide di Ceo e pubblicata in tempi recenti e precisamente nel 1992. Il componimento si apriva con un inno introduttivo, un proemio dedicato ad Achille, l’eroe della Guerra di Troia, e alla sua morte. In pochi versi, con pochi tratti, il poeta riassume il tema più caro al mondo greco, riuscendo a impreziosire il racconto con elementi quasi inediti, come la notizia secondo cui le ossa di Achille furono raccolte insieme con quelle di Patroclo e poste in un’anfora d’oro, fornita da Teti, dono di Dioniso e opera di Efesto. Quando Simonide scrive (V secolo a.C ), se si voleva evocare lo scontro fra Greci e Barbari (in questo caso rappresentati dai Persiani) si poteva attingere a tre filoni della tradizione leggendaria: la lotta fra dei e Giganti, la Amazonomachia e, appunto, la Guerra di Troia. Scegliendo quest’ultima saga Simonide compie un’operazione rivoluzionaria che rivela apertamente, proponendosi come il nuovo Omero. Come quest’ultimo, grazie alla Muse, ha reso eterni con il suo canto gli eroi che avevano sconfitto Troia, così ora lui donerà gloria imperitura a coloro che hanno liberato la Grecia dal pericolo persiano. Alla Guerra Troiana, ma con un tono decisamente diverso, è dedicata anche la cosiddetta Elegia su Telefo di Archiloco, pubblicata solo nel 2004 con cui il relatore ha concluso la rassegna e la lettura dei testi, molti dei quali, anche a richiesta del pubblico presente, sono stati letti metricamente dal relatore stesso, che non ha mancato di arricchire e integrare la sua brillante esposizione attraverso la proiezione di numerose fonti iconografiche che hanno contribuito a rendere la serata oltremodo interessante e ricca di spunti suggestivi, come è stato rilevato nei molti interventi.

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