Recasi. Dismissione delle quote pubbliche, il j’accuse di Germanò: “Qualcuno punta a far tornare indietro la città di vent’anni”

Reggio Calabria. La dismissione “non sa d’ha fare”. Queste le conclusioni della conferenza stampa indetta dal Presidente del Consiglio di Amministrazione della Recasi, Francesco Germanò, avente per oggetto la decisone della triade commissariale del Comune di Reggio Calabria di procedere alla dismissione delle quote pubbliche e al successivo eventuale scioglimento delle società partecipate. Presenti oggi, alla sede della Recasi – società mista del Comune per l’informatizzazione dei servizi e l’innovazione tecnologica – non solo i vertici dell’azienda, ma anche i dipendenti, coloro che Germanò stesso definirà nel corso del proprio intervento “la struttura portante” dell’azienda stessa; presenti, inoltre, anche delegazioni di Multiservizi, Leonia e Reges.
“All’interno del piano di riequilibrio finanziario pluriennale sono previste decisioni che determinano notevoli e negative conseguenze per il futuro della società e che non tengono conto delle necessità dell’Amministrazione comunale” esordisce Germanò. La decisioni contestate derivano dall’applicazione dell’articolo 4 del decreto legislativo 95/2012 – meglio noto come spendig review – che tuttavia, spiega Germanò , “non è stato letto ed esaminato con attenzione. Non vi è correlazione con gli obiettivi economico-finanziari del piano di riequilibrio”. Nel corso dell’incontro, due sono i comma presi in considerazione dal Presidente: il primo è il comma 1, cui si riferisce la decisione della dismissione delle quote di partecipazione intrapresa dai Commissari che recita testualmente: “Nei confronti delle società controllate direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni (….) si procede alternativamente a. allo scioglimento della società (….) b. all’alienazione, con procedure di evidenza pubblica, delle partecipazioni detenute alla data di entrata in vigore del presente decreto entro il 30 giugno 2013 e alla contestuale assegnazione del servizio per cinque anni a decorrere dal primo gennaio 2014”. Ma nel comma 3 dello stesso articolo appare invece evidente come le scelte ipotizzate al comma 1 non siano diretta conseguenza di obblighi normativi. Si legge infatti “(…) le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano alle società che svolgono prevalentemente servizi di interesse generale (….) ovvero a quelle che gestiscono banche dati strategiche per il conseguimento di obiettivi economico-finanziari (….) Le medesime disposizioni non si applicano qualora, per le peculiari caratteristiche economiche sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto, anche territoriale di riferimento non sia possibile per l’amministrazione pubblica controllante un efficace e utile ricorso al mercato”.
Nessun obbligo normativo, dunque, a cui i Commissari sono costretti a rispondere: “Dove non c’è obbligatorietà bisogna lasciare la questione aperta, soprattutto in questo caso”. Anche per questo Germanò definisce tale decisione “non pienamente consapevole”, ma piuttosto indotta dai consigli di terze persone estranee alla realtà cittadina di Reggio Calabria. “Probabilmente chi aveva l’onore e l’onere di approfondire le questioni normative e di carattere sociale – dichiara Germanò – ha indirizzato i Commissari, di cui ho piena stima e fiducia, ad intraprendere questa strada. Io penso – denuncia con convinzione – che ci sia in atto una strategia di carattere generale che mira a raggiungere alcuni obiettivi, primo tra tutti quello di portare la città indietro di vent’anni”.
Troppe contraddizioni, a parere di Germanò, intorno alla vicenda legata alle società partecipate: “A febbraio è stato approvato il piano di riequilibrio. Ma a novembre il Comune scrive al Commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa di beni e servizi Bondi che avrebbe dovuto pronunciarsi sulla richiesta che i comuni avrebbero potuto avanzare ai sensi del comma 3 dell’articolo 4 per presentare un piano di razionalizzazione delle società partecipate e l’eventuale trasformazione ‘in house’ di alcune società. Veniva proposto così il mantenimento di tutte le società del Comune di Reggio. Mi chiedo cosa sia successo dal 12 novembre al 5 di febbraio dal momento che la spending review è entrata in vigore il 14 agosto. Mi auguro di poter presto vederci chiaro”. Germanò si appella quindi a Panico e chiede un incontro con la triade commissariale: “Ho già fatto tre tentativi, nessuno di questi è andato in porto. Eppure io, in questa azienda, rappresento il Comune di Reggio”.
Germanò prosegue e denuncia quella che a suo avviso rappresenta un’altra contraddizione: “Se andiamo a vedere gli atti parlamentari si parla esclusivamente di società in house. Sembra quindi che la ratio della norma sia da riferire esclusivamente alle società a totale partecipazione pubblica. Inoltre – prosegue – sia Anci che la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome hanno espresso i propri dubbi sia sull’applicabilità di questa norma che sulla costituzionalità, tant’è che la Regione Lazio e la Regione Veneto hanno già impugnato questa norma davanti alla Corte Costituzionale. Mi chiedo quindi, non sarebbe stato opportuno attendere che ci fosse chiarezza di fronte all’interpretazione di questa norma e delle relative procedure? L’applicazione di queste norme sono convinto che porterà allo scioglimento delle società; qualunque imprenditore privato, in maniera assolutamente legittima, nel momento in cui assume responsabilità e titolarità di un’azienda ha come unico obiettivo quello di fare business. Qualora questo avvenisse andrebbe a discapito o della qualità del servizio o del personale e in qualunque dei due casi di tratta di condizioni che non possono trovare spazio nella nostra città”.
La questione delle società partecipate è chiaramente legata a doppio filo ai dipendenti delle stesse. Dei tanti elementi messi in campo in questi giorni, uno su tutti è indiscutibile: il rischio è quello di incorrere in un dramma sociale di enormi dimensioni. “Non permetterò a nessuno di affermare ‘il problema del in personale non è un problema mio’. Recasi ha formato e messo in campo 45 professionalità che ad oggi costituiscono il valore aggiunto dell’Amministrazione comunale di Reggio. Una eventuale privatizzazione comporterebbe un rischio enorme per il mantenimento dei livelli occupazionali”.
A proposito dei servizi elargiti dall’azienda Germanò argomenta: “La Recasi ha fornito servizi che oggi fanno di Reggio, sotto questo punto di vista, una città all’avanguardia e si tratta degli stessi servizi di cui attualmente usufruiscono i Commissari. Le attività che sono state avviate nel corso degli anni hanno risposto alle esigenze dell’Amministrazione comunale, ad esempio nella realizzazione di piattaforme che consentissero di gestire in maniera trasparente tutte le attività del Comune. In alcuni settore siamo riusciti a operare a pieno regime perché c’è stata la collaborazione delle strutture amministrative, in altri settori ci sono altri interessi di tipo economico non ce l’abbiamo fatta, come nell’ambito dei lavori pubblici”.
“Attualmente in essere – spiega Germanò – c’è un contratto di diritto privato sul quale non può prevalere una legge di questa natura, che dà ampio spazio di discrezionalità e che dunque non può avere da questo punto di vista valenza giuridica. Il contratto deve essere scisso consensualmente, altrimenti si rischia il contenzioso”.
Germanò lancia un grido di allarme: “Voglio un incontro con i Commissari. Mi farò promotore di un tavolo tecnico con tutti i partiti, i sindacati, le associazioni, le categorie imprenditoriali e tutti coloro che hanno responsabilità e ruoli all’interno del contesto cittadino. La mia non è una posizione egoistica, dal momento che il mio mandato sta per scadere, ma quando nel 2007 Scopelliti mi affidò la Recasi sapevo quanto questa società era importante. Il mio timore è qualcuno stia lavorando per distruggere il lavoro di questi lunghi anni e far sprofondare la città nel degrado in cui versava prima che arrivasse Falcomatà, nel periodo di postrivolta”. E conclude facendo propria una certezza che sembra che di questi tempi appartenga a tanti altri cittadini: “Se ci fosse stato un sindaco, di qualunque parte politica, non avrebbe permesso tutto questo”.

Giulia Polito

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