Chiesa e ‘ndrangheta. Veglia di preghiera per le vittime, l’intervista a don Quaranta e alla professoressa Cappelleri

Reggio Calabria. Alla luce dei contenuti del Convegno Pastorale Diocesano di settembre e delle relative linee pastorali, dettate da Mons. Arcivescovo, che invitano a guardare ad “una Chiesa purificata da ogni compromesso con il male e veramente impegnata in campo pastorale”, i Religiosi e le Religiose presenti nella Arcidiocesi di Reggio Calabria – Bova hanno sentito ancor di più l’esigenza di promuovere, per il terzo anno consecutivo, la veglia di preghiera per le vittime della ‘ndrangheta e il risveglio delle coscienze. Questa iniziativa, che si inserisce nel solco del lavoro quotidiano di sensibilizzazione che la Chiesa svolge per la costruzione di una società fondata sulla giustizia nel territorio reggino, vuole aiutare tutti, mediante lo spirito dell’intercessione che «non è semplicemente “pregare per qualcuno”, come spesso pensiamo, ma vuol dire mettersi là dove il conflitto ha luogo» (card C. M. Martini), a riscoprirsi affamati e assetati di giustizia e come tali artefici di ogni cambiamento. In prossimità della Veglia abbiamo rivolto alcune domande a don Vittorio Quaranta e alla Prof.ssa Anna Cappelleri, rispettivamente segretario e segretaria dei Religiosi e delle Religiose della Arcidiocesi:

Come mai i religiosi e le religiose della Diocesi hanno pensato di organizzare questa Veglia? Quali sono stati gli spunti e le motivazioni?
L’iniziativa della Veglia è nata come frutto di un cammino di formazione che un gruppo di religiose – inizialmente coinvolte da Reggio Non Tace e altre successivamente sensibilizzate e coinvolte – e religiosi hanno vissuto sul problema della ‘ndrangheta. Consapevoli della vastità del problema e della sua drammatica urgenza, oltre a proseguire l’opera di sensibilizzazione, abbiamo pensato di proporre anche una caratteristica propria della vita consacrata: affidarsi alla preghiera. Fa parte dell’identità della vita religiosa essere profezia di speranza e sentiero di fraternità. La società nel quale il Signore ci ha inseriti è spesso segnata dalla rassegnazione di chi si sente impotente, sembra come se tutto si muova in una strutturazione interna di poteri che trascurano la dinamica del fratello e sviliscono la dignità dell’uomo. Noi ci siamo sentiti coinvolti in prima persona per indicare nuovi sentieri, specialmente in quest’anno della fede e alla luce anche del nostro Convegno Diocesano che ha posto, all’interno del tema della testimonianza, un particolare rilievo all’impegno per la giustizia.

Potremmo dire che la cura pastorale delle vittime di mafia rappresenta, per la Chiesa reggina, una sfida?
Certo che è una sfida, una sfida primaria per la nostra Chiesa. Proprio per la sua identità la Chiesa è chiamata a risvegliare le coscienze sopite di tutti coloro che devono dare risposte. Dal singolo cittadino fino alle Istituzioni dello Stato che non possono distrarsi davanti ai drammi di questa città. La seconda sfida è quella di generare una nuova cultura che superi il principio della raccomandazione e dei comparati a favore di una rete sociale che si fondi sulla giustizia. Una terza sfida è proprio quella di scendere in campo per farsi prossima di coloro che direttamente sono vittime della ndrangheta e di tutte le mentalità mafiose. Spesso diciamo che la cittadinanza deve mobilitarsi…. ognuno di noi ha una responsabilità personale in questo, spesso quando usiamo termini come cittadinanza, società, ci sentiamo deresponsabilizzati, tocca alle istituzioni…no! Ognuno di noi dovrebbe dire “io devo mobilitarmi, io devo essere in rete di solidarietà”. Se ognuno parte da se stesso, e si mette in rete con gli altri, tutta la società cambia.

Chi sono le vittime di mafia?
Moltissimi. Spesso pensiamo che le vittime siano soltanto coloro che sono stati uccisi in agguati mafiosi. Ma lo sono anche i giovani a cui è stata rubata la speranza di una realizzazione in questo nostro territorio. Lo sono le famiglie lacerate dalla piaga dell’emigrazione di massa. Lo sono tutti gli uomini e donne onesti che si sforzano ogni giorno di andare avanti, dissipando le loro energia per combattono contro quel senso di accidia dovuto alla cancrena della’ndrangheta presente in tanti posti, magari anche in quelli di lavoro. Lo sono gli stessi mafiosi, vittime del loro stesso male che, se da una parte, illude con il potere, poi non lascia il sonno e la coscienza tranquilli…senza parlare poi del giudizio di Dio quando, volenti o nolenti, in modo cruento o incruento, dovranno lasciare questo mondo.

La Veglia si celebrerà Giovedì 7 Novembre dalle 19.30 alle 20.30 presso la Basilica Cattedrale e sarà presieduta da S.E. Mons. Giuseppe Fiorini Morosini, Arcivescovo Metropolita di Reggio Calabria – Bova. Tutte le forze vive della città sono invitate.

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