Vicenda Peo. La rabbia e lo sconforto dei dipendenti comunali

Reggio Calabria. La Commissione Straordinaria, che si è insediata al Comune di Reggio Calabria dopo lo scioglimento del Consiglio Comunale per “contiguità mafiosa”, ha avviato le procedure per trattenere ai dipendenti, sullo stipendio, la somma assegnata con la Peo.
Si tratta di una procedura che giudichiamo incomprensibile non solo sotto il profilo della logica ma anche sul piano del diritto. Non si capisce, infatti, come a distanza di ben quattordici (14) anni dalla prima assegnazione, il Comune, oggi, rimette tutto in discussione e pretende dai dipendenti la restituzione delle somme.
A nulla sono servite le numerose riunioni tenutesi tra la Commissione Straordinaria e le RSU, come a nulla è servita la disponibilità, dichiarata e dimostrata fattivamente dalle organizzazioni sindacali, anche a rinegoziare l’istituto della Peo.
Desideriamo chiarire, a coloro che leggono questa nota stampa e che non conoscono a fondo la questione, che l’assegnazione della Peo (Progressione Economica Orizzontale) ai dipendenti, non fa parte di una vocazione bonaria e/o generosa da parte del Comune, ma rappresenta un diritto previsto e sancito dal Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro.
Poiché il Comune di Reggio Calabria per assegnare la Peo ai dipendenti ha dovuto predisporre delle deliberazioni per motivare sia la spesa sia la procedura, e considerato altresì che questi atti contengono la firma del dirigente del Settore Finanze, del Segretario Generale, del Sindaco e l’avallo della Giunta Municipale, non si comprende come mai dalla terna commissariale nessuna frase, nessuna parola, nessun richiamo e nessun rilievo è stato mai fatto verso chi ha cagionato, come rileva solo oggi la Corte dei Conti, un danno erariale al Comune di Reggio Calabria di parecchi milioni di euro.
E’ strano ed inquietante che negli anni passati, né i Revisori dei Conti, né la Corte dei conti, abbiano provveduto ad indirizzare al Comune di Reggio Calabria rilievi sulla procedura avviata dall’Amministrazione Comunale nel lontano 1999 e si accorgono solo adesso, a distanza di ben quattordici (14) anni, che quella procedura non era praticabile.
Si tratta di una vicenda paradossale e per questo diciamo: non possiamo, non dobbiamo, non vogliamo scontare noi dipendenti gli errori commessi da altri.
La legge, è scritto in ogni aula di Tribunale, è uguale per tutti e il diritto non può essere applicato in modo unilaterale. Diceva un grande Statista che “le leggi con gli amici si interpretano, ma con i nemici si applicano”. Il nostro obiettivo, invece, è mirato a riportare il bilancino in equilibrio con lo scopo di scongiurare che questa vicenda possa determinare, anche nei più convinti assertori dello Stato di Diritto, sfiducia e disaffezione. Per questo, riteniamo, che la Commissione Straordinaria abbia il dovere di individuare colpe e responsabilità in chi ha cagionato a noi dipendenti enormi danni sia di natura economica sia esistenziali.
Ogni dipendente, in base allo stipendio che percepisce, ha programmato le spese familiari. La decisione di trattenere ai dipendenti le somme assegnate con la Peo, che variano, a seconda della categoria di appartenenza, tra le 150 e le 300 euro mensili, al netto, ha contribuito a rendere ancora più difficile, ai dipendenti comunali, la già complicata gestione delle spese familiari in un momento in cui la grave crisi economica che il paese sta attraversando è sotto gli occhi di tutti.
La città, dopo gli anni bui della guerra di mafia, con fatica era riuscita a risalire la china. La comparsa di una “primavera reggina” aveva ridato fiducia e speranza ai cittadini, mentre oggi si trova nuovamente in ginocchio: strade dissestate, la raccolta dei rifiuti che avviene a singhiozzo, l’acqua potabile che in molte zone non arriva per niente,la malavita organizzata che continua, arrogante e spavalda, a mettere a segno ben cinque attentati a distanza di poco tempo l’uno dall’altro, e per Palazzo San Giorgio la priorità sembra essere determinata dalla Peo. Saremmo tentati di dire, parafrasando una citazione di Tito Livio, che mentre la terna commissariale discute sulla Peo, Reggio viene “espugnata”.
Se il Ministero dell’Interno, dopo lo scioglimento del Comune per contiguità con la ndrangheta, ha inviato nella città di Reggio Calabria una Commissione Straordinaria con l’obiettivo di ripristinare l’agibilità democratica, la medesima Commissione avrebbe dovuto aprirsi alla città, comunicare con i cittadini, dimostrare attenzione e sensibilità a risolvere in modo ragionato e condiviso i problemi che travagliano la comunità reggina, mentre ha assunto posizioni di distacco, quasi inquisitorie, come se tutti, in questa città, compreso i dipendenti del Comune, fossero mafiosi.
Avremmo certamente preferito che la terna commissariale, anziché cimentarsi unicamente ad affrontare questioni di natura esclusivamente burocratica, che hanno pure la loro importanza, avesse dedicato maggiore attenzione al ripristino dell’agibilità democratica, nel contesto cittadino, attraverso iniziative istituzionali dirompenti, ma queste iniziative non li abbiamo notate.
Lo scioglimento del Consiglio Comunale prima e la vicenda della Peo dopo, hanno creato, in tutti noi dipendenti, condizioni di autentico malessere e disagio. Anche se le normative contrattuali recitano che il datore di lavoro debba garantire ad ogni dipendente condizioni di serenità nel luogo dove esercita la sua attività lavorativa, nel Comune di Reggio Calabria questa prerogativa sembra essere retaggio del libro dei sogni.
Ci indigna pensare che la terna commissariale, nel mentre ha elevato al massimo le aliquote per il pagamento dell’Acqua, dell’Imu e della Tares, e si è preoccupata di ammonire i cittadini morosi a sanare le loro posizioni altrimenti inevitabili ed inesorabili saranno le sanzioni amministrative, sulle responsabilità invece di chi ha prodotto al Comune di Reggio Calabria un disavanzo di 122 milioni di euro e cagionato ai dipendenti, con la procedura seguita per l’assegnazione della Peo, notevoli disagi di natura economica ed esistenziale, le bocche sembrano cucite.
A volte – diceva D’Annunzio – giova la cecità degli occhi a vedere tutto. Noi dipendenti, invece, gli occhi non li vogliamo chiudere e oltre ad esprimere il nostro più profondo e rabbioso sconcerto sulle modalità di gestione, da parte della terna commissariale, della questione relativa alla Peo, dichiariamo fin da subito che non esiteremo un istante ad adire le vie legali per rivendicare anche i danni di natura biologica patiti per colpe e responsabilità che non ci appartengono.
Riteniamo che la situazione di crisi in cui versa il Comune di una città divenuta metropolitana, necessita sicuramente di una attenzione particolare da parte dello Stato.
Noi dipendenti vorremmo percepire e sentire lo Stato come un interlocutore, con cui poter dialogare e avviare, collegialmente, un percorso virtuoso sul ripristino della legalità e dell’agibilità democratica nella città di Reggio Calabria.
La Commissione Straordinaria che si è insediata al Comune di Reggio Calabria, non si è dimostrata adeguata ad affrontare e risolvere nemmeno una piccola parte dei problemi che la città sta attraversando. Per questo, facciamo appello a tutte le forze sane e democratiche della città, ai partiti politici, alla chiesa, alla deputazione reggina e agli organi di stampa, di sostenere, unitamente alle organizzazioni sindacali, la battaglia per salvare le nostre buste paga dalla decurtazione della Peo. perché si tratta di una battaglia di diritti negati.
Abbiamo la profonda consapevolezza che l’affermazione della legalità e della giustizia giusta rappresentano i presupposti indispensabili per rendere sempre più forte ed indissolubile il rapporto che lega la cultura dei diritti con la cultura dei doveri. Registrare invece situazioni paradossali come la trattenuta sullo stipendio, da parte del Comune, degli incentivi di natura economica assegnati ai dipendenti più di quattordici anni fa, sprigiona e legittima inevitabilmente, in tutti noi dipendenti, reazioni di rabbia, sconforto e sfiducia nei confronti delle istituzioni.

La nota contiene la firma di circa cento dipendenti

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