Il protocollo di Kyoto ormai verso il tramonto

Forse, come sempre avviene, non si riesce a comprendere appieno e subito che la Conferenza annuale, che si tiene per ribadire, correggere o rimodulare gli obiettivi fissati dal Protocollo di Kyoto, e che quest’anno si sta svolgendo a Varsavia, e si conclude oggi, sta certificando la fine ingloriosa del famoso protocollo che ha condizionato e continua a condizionare molte scelte energetiche dei Paesi che avevano sottoscritto le scelte fatte a suo tempo in Giappone.
Scelte che sono sempre rimaste sulla carta se è vero come è vero che la riduzione del 25% delle emissioni di gas serra da raggiungere entro il 2020, ma in riferimento alla produzione del 1990, non sono state rispettate dai vari stati, o meglio ancora non potevano essere rispettate. Da questa certezza, pur di non chiudere la baracca che si è messa in piedi ormai da diversi lustri, imbrogliando il mondo intero, si sono indicate, a Varsavia, le nuove riduzioni da realizzate entro il 2020 che permettono di parlare di riduzione mentre si nasconde che si tratta di incrementi.
I nuovi parametri di riduzione, infatti, non vengono calcolati rispetto al 1990, ma rispetto al 2005 ottenendo l’effetto di parlare per esempio della riduzione che per il Giappone è del 3,8% rispetto al 2005 ma è del più 3% rispetto al 1990. In pratica si ha un organismo internazionale (l’IPCC formato dall’Onu nel 1988) che grida ai 4 venti che il pianeta sta per bruciare per autocombustione per la CO2 ma ipotizza riduzioni dei gas serra che sono invece un incremento dai valori di partenza. Il motivo è semplice: si tratta di ‘esperti’ che vivono da 25 anni sulle spalle della collettività internazionale, sfruttando le paure delle persone e contrabbandando per verità assolute le bufale delle loro ‘ricerche’, e che vogliono continuare a viverci sopra.
Ma il Giappone non ci sta a questo giochetto e non vuole continuare ad essere strumento di illusorie riduzioni di gas serra. Esso fa un ragionamento semplice ma efficace. Senza energia non si può vivere. Anzi senza energia i paesi industrializzati rischiano la paralisi. Contrabbandare le alternative come la soluzione al problema è un’altra vergognosa bufala perché l’idroelettrico è arrivato al top, mentre l’eolico e il fotovoltaico sono sistemi di produzione energetica insufficienti atti solo a determinare sacche di speculazione e ad arricchire le consorterie mafiose.
Fine ingloriosa, abbiamo detto, delle menzogne dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) ed è giusto che a recitare il de profundis sia lo stesso Giappone che avendo avuto il problema di Fukushima ha dovuto, in attesa di riprendere la produzione di energia con le centrali nucleari, riattivare o costruire ex novo centrali che funzionano con combustibili fossili (carbone e gas), perché un paese industrializzato non può fare a meno dell’energia, e un Paese come il Giappone non vuole rinunciarci. E non solo esso usa oggi il carbone ma sta alacremente lavorando per ritornare al più presto al nucleare.
Saggezza orientale che, unita al coraggio del Primo ministro giapponese, signor Abe, ha permesso a quella Nazione di uscire dalla recessione pur avendo avuto un rapporto tra debito pubblico e pil del 240% che è una montagna rispetto al 127% di quello italiano. Ha sconvolto ogni luogo comune sulla crisi, ha mandato a quel paese i verdi di casa sua, ha bacchettato gli economisti che predicavano prudenza, ha imposto alla propria banca la svalutazione dello yen e la stampa di ben 500 trilioni di yen all’anno (380 miliardi di euro), ha varato un piano per l’ammodernamento delle strade e delle scuole, imboccando così la strada della ripresa con un pil che viaggia, oggi, al 4% all’anno.
In Italia tutto ciò è improbabile. Perché nel nostro Paese si eseguono gli ordini di Frau Angela Merkel che sta strozzando l’Italia, ci si impegna, e con quando ardore!, per decretare la liquidazione del capo dell’opposizione, come se fosse il problema dei problemi, e in barba alla crisi si bloccano appalti già decisi, come il Ponte sullo Stretto finanziabile con capitali cinesi, e non si accelera neanche la costruzione di una centrale a carbone in Calabria pur sapendo ch’essa sarà costruita con capitali privati, e ben sapendo anche che i pericoli per la CO2 è solo una gran bufala.
L’Italia oggi è costretta a comprare energia dalla Francia continuando a tenere il nostro apparato produttivo in evidente disparità, con i concorrenti stranieri, per i più alti costi di produzione italiani nei quali la componente energetica è tra le più importanti. Ma i nostri ultimi governanti, prima Monti e ora Letta, pensano che basti dire che vedono la luce in fondo al tunnel per far sparire la crisi. La crisi può realmente essere superata assumendo, come modello da imitare, il Primo Ministro giapponese, signor Abe, a partire dalle scelte coraggiose sull’energia e quelle sulle grandi opere.

Giovanni Alvaro

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