A tu per tu con i candidati sindaco. L’intervista a Pino Siclari

Pino Siclari

Pino Siclari

Reggio Calabria. Pino Siclari – 62 anni, professore di Filosofia al liceo “A. Volta” – è un comunista di ferro. Giunto al Pcl dopo anni di militanza, si è speso per il partito nella convinzione che Reggio, così come tutto il Paese, abbia bisogno di comunismo. “Al di là delle sigle, che possono sempre cambiare – spiega il professore – sono sempre stato coerente nei confronti del mio orientamento politico, non per fideismo ma per attenzione nei confronti del presente.

Quali sono le cause della crisi e chi sono gli artefici? I maggiori artefici sono i signori protagonisti del modello Reggio, che hanno saccheggiato la città e favorito i potentati anche attraverso lo strumento delle società miste. A loro chiediamo che paghino per i danni causati, così come dice il vecchio motto “chi rompe paga”. Al di là di questo, ci sono poi responsabilità altrettanto gravi ma meno visibili, meno identificabili dalla psicologia del cittadino medio: Reggio, così come il Meridione tutto, è devastata dai liberismi, dai tagli e dallo stress delle finanze locali, tutte politiche portate avanti dagli anni 90 in poi. Questa è la scomparsa del comunismo. Se noi combiniamo questi fattori ne viene fuori un quadro allucinante che rende provocatorie e ridicole le promesse elettorali delle liste e dei candidati che promettono mari e monti in un contesto in cui l’Italia intera è boccheggiante.

Come usciamo dallo stato di crisi? Reggio è l’emblema della devastazione dell’Italia intera, del fallimento della società capitalistica. Tutti i problemi ravvisabili a Reggio non accadono solo qui, è un intero mondo ad essere fallito. Un primo modo per uscire dalla situazione consiste dell’esproprio dei beni di chi ha lucrato su Reggio. Oggi, tra l’altro, si parla tanto di stabilire nuovi parametri per il piano di rientro: tutte fesserie. Il governo italiano garantisce in ogni caso il pagamento alla banche che daranno nuovi soldi agli industriali. Da una parte pertanto facciamo pagare i responsabili, ma dall’altra è necessario costruire una mobilitazione di massa per chiedere che siano risanate le finanze locali. Si tratta di questioni che riguardano anche l’area dello Stretto. Peraltro esistono anche capitali destinati al Ponte dello Stretto che attualmente sono congelati e che potrebbero essere investirti nuovamente per un piano sul lavoro che riguardi Reggio e tutta l’area. E, a proposito di investimenti sull’area dello Stretto tengo a dire che anche la città metropolitana è una farsa, un vero e proprio imbroglio.

Perché? Reggio non ha una struttura di continuità territoriale. La città metropolitana arriverebbe ai comuni dell’Alto Jonio, che sono più vicini a Vibo o Catanzaro, che verrebbero così aggregati ad un polo con cui non c’entrano niente. La città metropolitana, inoltre, presuppone una serie di servizi che in questo momento non ci sono, come ad esempio le ferrovie. Le cose da fare sono molte e il tempo è poco, quindi perché la città metropolitana? Perché è un ancora di salvataggio. Reggio si candida ad essere polo della città metropolitana, ma è anche in una situazione di sfascio finanziario. In questo contesto la città metropolitana rappresenta la quadratura del cerchio. Il nostro comune non era più abilitato per gli interventi pubblici: inventarsi la città metropolitana è servito da scialuppa di salvataggio per i responsabili della crisi e ha fornito alla borghesia reggina un canale di sopravvivenza.

Il territorio reggino è invaso dai cantieri delle opere rimaste incompiute. Quando e come la giunta Siclari intende riaprire i cantieri e secondo quali priorità? I cantieri negli anni si sono moltiplicati. Il Decreto Reggio del ‘92 doveva rappresentare la manna dal cielo per Reggio. Ma ci sono stati due fatti, in quegli anni, che hanno segnato negativamente la nostra storia: l’omicidio Ligato e l’inizio di una vera e propria guerra di mafia. Partendo da questa premessa, è facile constatare come ci siano stati degli speculatori che hanno messo le mani sulla torta per papparsela da soli. Per quanto riguarda le opere incompiute, quindi, è necessario fare una mappatura precisa, risalire alla responsabilità e chiedere che le risorse che sono state investite tornino in mano alla collettività. In sostanza, vogliamo puntare alla riappropriazione dei capitali distorti dall’uso delle opere; ma per fare questo, occorre recuperare potere decisionale per le masse su tutti gli argomenti più importanti. Avendo in mano una mappatura precisa, potremo anche stilare una scala delle priorità.

Quali azioni adotterete per il contrasto alla criminalità organizzata e come incentivo per i commercianti e gli imprenditori che hanno denunciato il racket? Anzitutto una nota sul passato: io sono stato candidato anche la volta scorsa e il comune è stato sciolto. Il mio partito è stato l’unico che ha fatto una passo concreto: abbiamo presentato un esposto in Procura che è stato ignorato e abbiamo visto come è finita. La mafia è uno dei tanti aspetti della crisi generale della società. E’ importante sostenere i piccoli commercianti e i piccoli imprenditori, ma bisogna anche cercare di cambiare radicalmente la società; se questo cambiamento non avverrà, potremo anche sconfiggere alcuni gruppi, famiglie, ma nel corso degli anni ci ritroveremo sempre davanti gli stessi metodi. L’unico modo per sconfiggere la mafia è una grande operazione di pedagogia di massa. E’ giusto che esistano i gruppi e le istituzioni preposte, ma se non si unisce all’emergenza mafia un discorso più generale lo sforzo di questi andrà nel nulla. Un partito comunista può e deve essere uno dei principali promotori di questa nuova pedagogia, che voglia realmente educare la società e insegnarle a riappropriarsi del proprio destino.

Quale futuro per le società miste? Bisogna tornare ad un gestione pubblica dei servizi. Per adesso si discute sulla possibilità di rimodulare le società. Tutte balle: fino a quando resterà questa impostazione gli speculatori avranno sempre modo di intervenire. Il settore pubblico deve cambiare, le vecchie società pubbliche sono state gestite dal personale di uno Stato che è in mano alla classe borghese. In generale occorre il controllo sociale, a partire dalla burocrazia. Le privatizzazioni, invece, vanno bloccate.

La sinistra reggina è tripartita: da un lato infatti Falcomatà ha radunato intorno intorno a sé la maggior parte dei partiti e degli schieramenti di centrosinistra, poi c’è Morabito con la lista “Per un’altra Reggio” e infine c’è Pcl. In cosa il suo partito si qualifica rispetto agli altri schieramenti e come vi comporterete in un eventuale ballottaggio? Nove candidatura sono il frutto di una crisi generale. Dando un’occhiata alle liste ci si rende conto di come la crisi reggina sia lì rappresentata. Perché la nostra lista? Perché siamo comunisti e non ce ne vergogniamo. Falcomatà è rappresentante di una nuova sinistra, la balena bianca che non ha rapporti con il popolo. Il Partito Democratico per noi è un nemico politico così come il centrodestra. Se il Pd fosse un partito di sinistra non sarebbe mai sceso a patti con Berlusconi. Per quanto riguarda Morabito: è una scissione che esiste dai tempi della Sinistra Arcobolano (2006). Poi ci sono stati Ingroia e Tsipras. Stefano fino a questo momento non ha mai detto “noi siamo comunisti”. Per quel che ci riguarda noi vogliamo una società in cui venga ribaltato il modello capitalistico. Può un’esperienza storica come quella comunista essere cancellata di fronte allo sfascio del sistema sociale? Un progetto come quello che abbiamo in mente può essere portato avanti solo da un partito comunista e non può certo fermarsi alla lista elettorale. Rinunciare alla certezza di una piccola forza come il Pcl per un cartello elettorale non è nel mio stile. Tengo al partito perché credo che solo la costituzione di un’intellettuale collettivo possa essere garanzia per il futuro. Il ballottaggio per noi è secondario, nel caso in cui sceglieremo di sostenere il centrosinistra sarà solo per andare contro all’avanzata del centrodestra e non per legittimazione. In questo caso l’unico voto utile è quello al Pcl: noi non vogliamo “un’altra Reggio”, ma una Reggio comunista.

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