È in edicola Calabria Sconosciuta: il numero 145 dedicato al Centenario della Prima Guerra Mondiale

La copertina del num. 145

La copertina del num. 145

Reggio Calabria. Come di consueto proponiamo ai nostri lettori un gustoso “assaggio” dell’ultimo numero di Calabria Sconosciuta, la rivista fondata dal compianto Giuseppe Polimeni.
Il numero 145 (gennaio-marzo 2015) è già in distribuzione ed è dedicato alla prima Guerra Mondiale in occasione del centenario.
La copertina della Rivista è dedicata alle Medaglie d’oro calabresi. La medaglia d’oro al valor militare è il massimo riconoscimento che in uno Stato viene concesso a coloro che durante le guerre compiono atti particolarmente importanti a sprezzo della vita. In Italia sui 362 decorati, ben 13 appartengono alla Calabria così distinti: 3 alla provincia di Reggio Calabria, 4 a quella di Catanzaro, 5 a quella di Cosenza e una alla bandiera.
In esclusiva per Newz.it, grazie alla collaborazione con Calabria Sconosciuta, pubblichiamo l’articolo del prof. Rocco Liberti (Deputato di storia patria e Ispettore archivistico onorario) dal titolo “Medaglie d’oro al valor militare concesse a Calabresi della provincia di Cosenza per atti eroici compiuti durante la Grande Guerra” pubblicato sul n. 145 e le foto delle 5 medaglie d’oro cosentine.
Si tratta di uno dei pezzi pregiati di questo numero monografico, per il quale la redazione di Calabria Sconosciuta ha lavorato duramente per offrire ai suoi lettori e abbonati un prodotto di qualità in linea con la tradizione della prestigiosa rivista: gli articoli pubblicati sono tutti inediti, come nostra consuetudine; sull’argomento sono state coinvolte diverse personalità della cultura calabrese e non, che hanno affrontato il tema attraverso memorie individuali e collettive sviluppando considerazioni storiche, sociali, economiche, antropologiche con particolare riferimento, ovviamente, alla realtà calabrese.
Buona lettura:

Medaglie d’oro al valor militare concesse a Calabresi della provincia di Cosenza per atti eroici compiuti durante la Grande Guerra

Rocco Liberti

La medaglia d’oro al valor militare è il massimo riconoscimento che in uno Stato viene concesso a coloro che durante le guerre compiono atti particolarmente importanti a sprezzo della vita. In Italia è stata istituita nell’allora regno di Sardegna dal re Vittorio Amedeo III di Savoia il 21 maggio 1793. Inizialmente recava nelle due facce il profilo del re e un fascio di bandiere e la scritta “al valore”. Soppressa da Vittorio Emanuele I nel 1815, è stata ripristinata da Carlo Alberto nel 1833. Naturalmente, con l’Unità è passata al giovane stato italiano. L’art. 1412 della Sezione II dei Codici penali e ordinamento militari così recita: «Le decorazioni al valor militare sono concesse a coloro i quali, per compiere un atto di ardimento che avrebbe potuto omettersi senza mancare al dovere e all’onore, hanno affrontato scientemente, con insigne coraggio e con felice iniziativa, un grave e manifesto rischio personale in imprese belliche. La concessione di dette decorazioni ha luogo solo se l’atto compiuto è tale da poter costituire, sotto ogni aspetto, un esempio degno di essere imitato».

E atti veramente eroici hanno compiuto quei 362 giovani che durante gli anni terribili della prima guerra mondiale, conosciuta soprattutto come la “grande guerra”, hanno sacrificato la propria vita per un ideale supremo, quello della difesa della Patria. Lasciamo stare se si sia trattato di guerra giusta o meno, ma a loro non toccava giudicare. Il loro compito, arrivato il momento, era quello di obbedire e di produrre, se necessario, anche uno sforzo al di là dei limiti. Certo, erano soltanto dei casi. La massa, giustamente e opportunamente, pur facendo il proprio dovere, badava soltanto a come venir fuori dall’immane conflitto e riportarsi incolume a casa, dove c’erano spose e figli in attesa spasmodica di un felice ritorno. Sui 362 decorati, ben 13 appartengono alla Calabria così distinti: 3 alla provincia di Reggio Calabria, 4 a quella di Catanzaro, 5 a quella di Cosenza e una alla bandiera. Essendo altri autori impegnati per i settori facenti capo a Reggio e Catanzaro, in questo articolo restringiamo l’indagine alla provincia bruzia, seguendo un ritmo temporale relativo all’atto espresso, che ci appare il più logico.

La prima vittima della circoscrizione cosentina, cui spetterà una medaglia d’oro per il suo splendido gesto patriottico, si configura il sottotenente di fanteria inquadrato nella 142 brigata Catanzaro Gaetano Alberti di Mormanno, caduto a Castelnuovo del Carso il 26 luglio del 1915, quindi soltanto due mesi dopo che l’Italia era entrata in guerra. Questa la motivazione della concessione della medaglia d’oro in data 1 giugno 1916: «Circondato col proprio plotone da preponderanti forze nemiche, essendogli stato intimato di arrendersi, rifiutò di darsi prigioniero, trascinando anzi i superstiti del suo reparto all’assalto e continuando a combattere finchè cadde, colpito a morte. La sua eroica condotta determinò nel battaglione quel movimento di contrassalto, che valse a fugare l’avversario e ad assicurare la vittoria».

Da un giornale locale su internet curato dal mormannese Luigi Paternostro che riporta una sua lettera del 24 agosto 2006, si apprende che Gaetano Alberti, nonostante all’epoca rivestisse la carica di sindaco, ha voluto ugualmente partire per il fronte. È ancora un particolare, certamente, che ingrandisce la figura del nostro eroe. A Mormanno al suo nome è stata intitolata una strada, mentre a ricordare tutti i caduti del paese è stata affissa una lastra sul muro della chiesa. Ancora a ricordo dei perìti in guerra è stato eretto un Faro votivo in contrada Torretta.

A quasi due anni di distanza dalla morte eroica del primo militare cosentino si è verificata quella di Luigi Settino (n.6-1-1897) di San Pietro in Guarano, soldato inquadrato nella brigata “Pisa” della 5° compagnia della 30° Fanteria, che ha trovato la fine al Dosso Faiti il 14 maggio 1917. Il conferimento della medaglia d’oro è stato disposto con provvedimento del 10 settembre dello stesso anno e questa ne è la motivazione: «Privato delle braccia e delle gambe dallo scoppio di una granata che gli produceva anche una larga ferita alla faccia, incitava calorosamente i compagni a scagliarsi contro il nemico per respingerlo. Rifiutava ogni soccorso per non sottrarre soldati al combattimento. Respinto l’attacco, non volle essere asportato dalla trincea, chiedendo all’ufficiale di poter restare in linea, contento di morire tra i suoi compagni per la grandezza della Patria». L’eroe sampietrese ha ben meritato al paese natale l’intitolazione dell’istituto comprensivo e di una via, mentre in sua memoria due lapidi hanno trovato posto nella chiesa parrocchiale. A Cosenza gli è stata dedicata invece la Caserma del Reggimento Bersaglieri. Una delle due lapidi di S. Pietro in Guarano realizzate in data maggio 1932 e riportante la motivazione suddetta è stata “attualmente spostata sul piccolo fiume Sponsa e rinnovata nella forma” .

Il giorno di Natale del 1917 cadeva sul Monte Valbella il sergente di fanteria, comandante del III battaglione del 77 reggimento della brigata “Toscana” e cittadino di Spezzano Albanese, Vincenzo Forte (n. 1886). Per il suo eroico comportamento gli si è conferita con regio decreto del 2 giugno del 1921 una medaglia d’oro al valor militare. Questa la motivazione della concessione: «Graduato intelligente ed ardimentoso, comandò con perizia la propria squadra durante un violento combattimento, incitando con l’esempio e la parola i propri dipendenti, alla testa dei quali affrontò poi corpo a corpo l’avversario. Ferito una seconda volta ad entrambe le gambe, squarciate da una bomba a mano, si oppose con ogni mezzo ad essere catturato e con sublime eroismo vi riuscì. Ma dissanguato ed esausto, dopo due giorni di inaudite sofferenze, venne dal nemico raccolto e tratto in prigionia, ove subì l’amputazione di ambedue gli arti». Il suo compaesano Ferdinando Cassiani, padre del futuro ministro Gennaro, così scriveva nella sua monografia su Spezzano: «martoriato dalla ferocia nemica, mutilato delle due gambe, decorato con medaglia d’oro e con motivazione magnifica degli eroi di Grecia e di Roma».

In un giorno imprecisato tra il 15 e il 23 luglio 1918 era la volta in Francia di Roberto Falco di Rossano. Questa la motivazione della concessione della medaglia d’oro per il suo sacrificio: «Comandante di una sezione di mitragliatrici, mantenne la posizione per ben quattro ore di intensi bombardamenti nemici. Esaurite le munizioni, lotta corpo a corpo finchè, cade a terra colpito alla gola da una pugnalata con il grido di “Viva l’Italia”. Luminoso esempio di eroismo e di amor patrio. Fronte Champagne 15-23 luglio 1918». Stranamente il suo nominativo non compare né nel sito della Presidenza della Repubblica né nell’Albo d’oro dei Caduti della guerra 1915-18. Comunque, il conferimento della medaglia, datato al 13 ottobre 1918 risulta chiaramente nel Bollettino Ufficiale del Ministero della Guerra. La Domenica del Corriere lo ha immortalato nella prima pagina della rivista. A Rossano se ne sono ricordati un po’ tardi, perché solo il 9 maggio 2011 l’amministrazione comunale provvedeva a intitolargli una via.

E arriviamo all’ultimo caduto, incappato nella morte disgraziatamente soltanto sette giorni prima della fine del conflitto. Si tratta del sottotenente di Fanteria, del 6° reparto della seconda divisione d’assalto, Angelo Parrilla di Longobucco, ufficialmente rimasto ucciso a Castello di Valsugana il 29 ottobre 1818. La medaglia d’oro al valor militare gli è stata concessa quasi un anno dopo, il 7 settembre 1919 con questa motivazione: «Chiesto ed ottenuto il comando della pattuglia di punta, composta di cinque arditi, alla testa di essa precedeva il proprio reparto d’assalto. Avuto sentore della presenza di imprecisate forze nemiche in un fabbricato, dopo averne mandato sollecito avviso al proprio comandante, risolutamente e per primo si slanciava nel fabbricato stesso, affrontandone con insuperabile audacia, a colpi di bombe a mano, i difensori, di gran lunga più numerosi. Alla violenta reazione di questi, impegnava, insieme ai suoi, un’accanita mischia corpo a copro, abbattendo un ufficiale avversario. Pugnalato a sua volta, continuava disperatamente, coi suoi arditi, nella strenua ed impari lotta, mettendo fuori combattimento numerosi nemici, finchè, crivellato di colpi, gloriosamente cadde, fulgido esempio di eroico valore». Successive testimonianze hanno stabilito però che Parrilla è morto a Casabella di Conegliano nella casa di campagna della famiglia Del Giudice lo stesso giorno dell’occupazione di Conegliano. Su un muro della stessa venti anni dopo la morte il fratello Giovanni Parrilla faceva apporre la lapide con la seguente iscrizione: «Fra queste mura, il giorno 28 ottobre 1918/in un’ora decisiva per la Vittoria delle Armi/ Italiane, affrontando impavido forti resistenze/nemiche, con impeto e cuore di Eroe strenuamente/combattendo faceva olocausto della sua balda/giovinezza il Sottotenente del VI° reparto/d’Assalto Medaglia d’Oro al V. M./ANGELO PARRILLA/Ricordando ai posteri il suo volontario/sacrificio nel Ventennale della/sua gloriosa Morte il fratello/Giovanni».

Contrariamente ai primi quattro caduti, su Parrilla, che è il fratello di Giovanni, il noto costruttore della moto Parrilla, è dato rilevare parecchie notizie e testimonianze. Era nato a Longobucco nel 1899, ma la famiglia, preceduta da lui per ragioni di studio, si trasferirà nel 1916 a Mantova, paese della mamma. In guerra vi è andato volontario poco prima del richiamo. Ecco quanto scriveva alla madre dopo una battaglia, quella detta del Solstizio (a Nervesa ribattezzata poi Nervesa della Battaglia) avvenuta nel giugno 1918: «Certo io non so come sia vivo; Tu mamma certamente in quei momenti pensavi a me, e ciò mi ha salvato. Ho condotto i miei uomini per ben sette volte all’assalto e tre al contrattacco! Abbiamo ancora salvato la nostra Patria».

Le spoglie di Angelo Parrilla sono arrivate a Mantova il sabato del giorno 24 novembre 1923 e all’eroe sono state tributate solenni onoranze. Ecco il manifesto fatto affiggere per l’occasione dal Comune: «Cittadini! Dalla zona di guerra dove col suo sangue segnò i nuovi confini della Patria, torna, esanime spoglia, il tenente Angelo Parrilla, Medaglia d’oro al V. M. Studente del nuovo R. Istituto Tecnico, Ufficiale degli Arditi, ebbe sempre vivo il culto dell’ideale, sempre ardente la fede nel grande avvenire d’Italia. Oggi accogliendo con rito solenne la Salma del giovane generoso, piegando sul suo feretro tutte le nostre bandiere, noi riaffermeremo la gratitudine della Nazione verso uno dei più puri e nobili eroi che alla Gran Madre nell’ora del supremo cimento, diede in olocausto la vita. E questo omaggio reverente esprima l’anima di tutta la Patria che rinnovellata da sacrificio, consacra nei secoli il nome e la gloria dei suoi figli migliori».

Questa invece la cronaca della manifestazione: «domenica 25 novembre, fu il commosso omaggio reso dal popolo mantovano alla memoria dell’Eroe giovanissimo. Il feretro, portato fuori dal tempio a spalle da decorati e da ex compagni di scuola del povero “Angiolino”, era stato posto su un affusto di cannone tirato da sei cavalli montati da artiglieri. Sopra la bara avvolta nel tricolore, era stato collocato il ritratto di Parrilla, ornato di fronde di alloro. Nel piazzale dei giardini aveva espresso l’accorato saluto della cittadinanza il Sindaco, quello delle forze armate il generale che comandava il presidio. Il padre Giuseppe, trattenendo a fatica le lacrime, si inginocchiò e abbracciò per l’ultima volta la bara. Due anni dopo, la Salma fu traslata per la definitiva sepoltura nel Sacello-ossario che veniva allora consacrato».

Il nipote del Parrilla, Achille, ai nostri tempi, esattamente il 20 maggio 2009, ha fatto apporre su una parete dell’Istituto Ites Pitenlino di Mantova, dove lo scomparso era stato a suo tempo allievo, una lapide in metallo satinato per ricordarlo. Di seguito quanto inscritto: «In memoria di/Angelo Parrilla/1 gennaio 1899 – 28 ottobre 1918/ Medaglia d’oro della grande guerra/ Studente esemplare/ Del Regio Istituto Tecnico Pitentino/ Ardente d’amor di patria/ A 18 anni si arruolava/ Nell’ora più cupa per le armi amiche/ Al comando di un manipolo di eroi/ Strenuamente combattendo cadeva/ Dell’immane conflitto/L’ultimo giorno/L’Italia gli porse perenne alloro/ Il nipote/ Achille/pp».

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