“Cowspiracy: The Sustainability Secret”. Martedì 3 maggio al Cinema Odeon

Reggio Calabria. Nell’ambito della Rassegna Cinematografica 2015-2016 del Circolo del Cinema Charlie Chaplin di Reggio Calabria martedì 03 maggio 2016 presso il Cinema Odeon di Reggio Calabria ci saranno due proiezioni del film-documentario “Cowspiracy: The Sustainability Secret” (in prima visione regionale in Calabria) con il seguente programma: – alle ore 18:00 (1° proiezione) – alle ore 20:00 (2° proiezione) – e seguire ore 21:30 dibattito con: Prof Tonino Perna (sociologo ed economista), Prof. Domenico D’Amico (Filosofo), Claudio Scarpelli (Presidente del Circolo del Cinema Charlie Chaplin di RC), Michele Principato (Attivista ReggioVeg), e con le Associazioni Ambientaliste: Nuccio Barillà (Dirigente Nazionale Lega Ambiente), Bruno Emanuele Giordano (Volontario Greenpeace), Vincenzo D’Africa (referente locale WWF). L’evento è organizzato dal Circolo del Cinema Charlie Chaplin di Reggio Calabria con la collaborazione di Reggio Veg (https://reggioveg.wordpress.com/ https://www.facebook.com/ReggioVeg/) e di Essere Animali (http://www.essereanimali.org/ http://www.essereanimali.org/cowspiracy).
L’ingresso è gratuito per i soci del Circolo del Cinema Charlie Chaplin (tesserati stagione 2015-2016) e a pagamento per i non soci, con biglietto al costo di 5,00 € cad.; Acquisto biglietti in prevendita presso: Libreria Ave (C.so Graibaldi RC); Trame solidali Micropunto Altromercato (C.so Graibaldi ), Cinema Odeon; Fannangioielli (C.so Graibaldi ); Cheers RC; Malavanda Cafè ; Pizzeria Mandalari. O in alternativa per prenotazioni/acquisto biglietti contattare Michele Principato Tel. 3289560103.

Il film racconta il viaggio di un aspirante ambientalista in cerca di risposte e soluzioni ai problemi ecologici più urgenti. Cowspiracy: il segreto della sostenibilità, soprannominato “il film che le organizzazioni ambientaliste mondiali non vorrebbero mai farti vedere” è un lavoro innovativo che indaga a fondo ed esplora il vero impatto dell’allevamento intensivo sull’ambiente e delle scelte politiche che ricadono inevitabilmente su di esso. Andersen, regista e protagonista del film, cerca un confronto con i maggiori leader del movimento ambientalista, riscontrando tuttavia un intenzionale rifiuto in merito al tema dell’allevamento intensivo. Quest’ultimo è risaputo essere la principale causa di deforestazione e di devastazione ambientale, di consumo di risorse idriche, nonché dell’inquinamento dovuto ai gas serra, senza contare l’uccisone sistematica di un numero incalcolabile di esseri viventi. Cowspiracy offre infine il giusto percorso verso la sostenibilità globale di una popolazione in costante crescita: il veganismo, come scelta etica, per gli animali e per l’ambiente. In altre parole una verità, per molti scomoda, e una soluzione immediata al devastante impatto ambientale che l’allevamento intensivo sta avendo giorno dopo giorno sul nostro pianeta.

Genere: Documentario; durata: 85′; nazione: USA; anno: 2014; Audio: Sonoro; Colore: Colore: montaggio: Kip Andersen, Keegan Kuhn; fotografia: Keegan Kuhn; sceneggiatura: Kip Andersen, Keegan Kuhn; Interpreti: Lisa Agabian, Manucher Alemi, Lindsey Allen, Kip Andersen, Will Anderson, Deniz Bolbol, Heather Cooley, Kamyar Guivetchi, Bruce Hamilton, Susan Hartland, Michael Klaper, Howard Lyman, Demosthenes Maratos, Chad Nelsen, Ann Notthoff, Richard Oppenlander, lauren Ornelas, Michael Pollan, Will Potter, Leila Salazar, Geoff Shester, Kirk R. Smith; Produzione: Kip Andersen, Keegan Kuhn; Produttore esecutivo: Leonardo Di Caprio; distribuzione Italia: Essere Animali; Riconoscimenti: Cowspiracy ha vinto il “Premio Scelta del Pubblico” nell’edizione 2015 del South African Eco Film Festival, e anche il “Premio Miglior Film Straniero” al dodicesimo Festival de films de Portneuf sur l’environnement. Note: Il film è stato finanziato collettivamente con il crowdfunding su IndieGoGo, con 1.449 contributori che hanno donato $117.092. ed è stato finanziato collettivamente con il crowdfunding su IndieGoGo.; Fra le organizzazioni ambientaliste interrogate nel film vi sono Greenpeace, Sierra Club, Surfrider Foundation e Rainforest Action Network.

“Cowspiracy: The Sustainability Secret” http://www.cowspiracy.com/ è un fortunato gioco di parole tra cow (mucca) e conspiracy (cospirazione), che in italiano si potrebbe tradurre con qualcosa tipo “La congiura delle vacche”. E’ il titolo del film-documentario che, qualche mese fa, l’attore Leonardo Di Caprio (da sempre impegnato nella tutela dell’ambiente) ha deciso di “adottare” diventandone il produttore esecutivo con l’obiettivo di aiutarne la diffusione. “Cowspiracy” è stato trasmesso in streaming su Netflix dal 22 ottobre 2015. Mentre ora è “in tour” anche in Italia grazie all’organizzazione animalista Essere animali che lo distribuisce. Il film è stato proiettato in evento pubblico organizzato dall’On. Paolo Bernini con la collaborazione di Essere Animali il 16 dicembre 2016 al Parlamento Italiano! Il 02 dicembre 2016 è stato presentato dal regista Kip Andersen al Parlamento Europeo! Un segnale evidente di una crescita di sensibilità e interesse nei confronti dell’impatto ambientale dell’industria zootecnica e della nostra alimentazione, tema che non può più essere trascurato. Cowspiracy è un innovativo lungometraggio (di cui il post produttore è Leonardo Di Caprio) nel quale l’intrepido regista Kip Andersen, svela l’industria più distruttiva ed impattante del mondo contemporaneo, indagando a fondo i motivi per cui le principali organizzazioni ambientaliste mondiali hanno paura di parlarne. Questo scioccante e allo stesso tempo ironico documentario, rivela il devastante impatto ambientale che l’allevamento di animali ha sul nostro Pianeta. Il film, che alterna momenti di denuncia a situazioni paradossali che sfociano quasi nella comicità (come i silenzi imbarazzati dei portavoce di alcune organizzazioni ambientaliste davanti alla domanda sul perché non trattino il tema allevamenti), si basa su dati scientifici e statistici mutuati dalle ricerche degli ultimi anni fatte da grandi organizzazioni internazionali come Fao, Science Mag, Nasa, World Watch (e sul sito ufficiale si trovano i link a tutti i documenti citati). Solo per dirne alcune. Si citano dati e grafici che dimostrano come bestiame e “sottoprodotti” producano – dipende dagli studi – almeno tra il 18% e il 51% di tutte le emissioni di gas serra a livello mondiale. Senza contare il consumo di suolo, risorse idriche, e inquinamento. Insomma: ci stiamo letteralmente mangiando la Terra.

La storia viene raccontata in prima persona da uno dei due registi, Kip Andersen, che dopo aver iniziato un percorso di “attivismo compulsivo” nel tentativo di ridurre la sua “impronta ecologica” (docce brevissime, solo bicicletta, riciclo e raccolta differenziata, etc etc) viene “folgorato” da un post su Facebook (la potenza degli “amici”): un rapporto della Fao del 2006 in cui si collega ufficialmente per la prima volta l’allevamento intensivo al riscaldamento climatico con dati e numeri dell’emergenza eco-alimentare. In un batter d’occhio Kip realizza che mangiare un solo hamburger equivale a usare l’acqua necessaria per due mesi di docce. E non solo. Da qui inizia la ricerca – personale e giornalistica – alla scoperta del lato più oscuro (eppure meno dibattuto) della nostra vita: l’alimentazione e ciò che questa comporta a livello ambientale. Che si tratti di carne, pollo, pesce o latticini la situazione è la stessa. Anche allevatori e produttori caseari intervistati dal regista non hanno difficoltà ad ammettere cose tipo: “La domanda di proteine non fa che aumentare. Non c’è abbastanza terra nel pianeta per questo tipo di produzione. A meno che non iniziamo a sostituire le case con i pascoli”. Insomma, di fronte alla “folgorazione” dell’impatto devastante delle nostre diete sul mondo, la domanda che si pone Andersen –e che diviene il filo conduttore del film – è: perché le organizzazioni ambientaliste che combattono contro il cambiamento climatico e per la salvaguardia degli habitat naturali non parlano mai (o quasi) di questo argomento? Detto più esplicitamente: perché non chiedono alle persone non solo di usare meno plastica o andare in bici ma anche di smettere di mangiare carne e pesce?. “Penso sia una battaglia persa a livello politico – prova a rispondere Michael Pollan (autore di libri-inchiesta sul cibo, tra cui “Il dilemma dell’onnivoro”) – Molte di queste organizzazioni sono associative. Vogliono massimizzare il numero di persone coinvolte nei loro progetti e se venissero identificati come “anti-carne”, sfidando qualcosa di così caro alle persone, che la gente non vuole cambiare, avrebbero problemi con la raccolta fondi”.

Un lavoro che fa riflettere e che ha già prodotto alcuni risultati, come una dichiarazione ufficiale da parte di Greenpeace Uk http://www.greenpeace.org.uk/media/press-releases/statement-meat-industry-20150305, oltre a ispirare migliaia di persone in tutto il mondo verso scelte più consapevoli, innanzitutto per l’ambiente ma anche per gli animali, vittime di un sistema di sfruttamento senza precedenti nella storia, del quale si denuncia l’assoluta insostenibilità. Vedere questo film farà certamente riflettere. E forse non solo. In Texas il proprietario di un ristorante messicano, dopo averlo visto, ha deciso di passare all’azione e ha annunciato che dal 2016 servirà solo piatti vegan. Come diceva l’antropologa statunitense Margareth Mead ”Non dubitate mai che un piccolo gruppo di persone possa cambiare il mondo, in fondo è così che è sempre stato”. La Fao ha come obiettivo, entro il 2025, l’eradicazione della fame, assicurando il giusto accesso alle risorse alimentari per i 9.2 milioni abitanti previsti nel 2050. Mentre si discute ancora sulle modalità di una equa redistribuzione delle risorse alimentari, i dati parlano: sulla Terra ci sono circa 6,5 miliardi di persone, ma solo il 20% può nutrirsi in modo adeguato ed ha regolare accesso alle risorse alimentari, mentre il 26% della superficie terrestre è invasa dagli allevamenti, ai quali è imputabile l’emissione del 18% dei gas serra, mentre l’uso dei veicoli ne produce il 14%. Ciò determina una serie di danni inimmaginabili: il taglio delle foreste distrugge la biodiversità, toglie ossigeno, favorisce i fenomeni di desertificazione, aumenta l’emissione di gas prodotti dagli animali allevati in modo intensivo e ne sacrifica la vita a vantaggio di pochi, con un prezzo pagato invece da molti uomini, animali e natura tutta. Gli animali destinati alla produzione alimentare generano ogni anno 32.000 milioni di tonnellate di CO2 e 1.050 miliardi di tonnellate di deiezioni. Dal Rapporto FAO (Steinfeld et al., 2006, Rome FAO. Livestock’s long shadow – environmental issues and options) risulta che ben il 70% delle aree deforestate in Amazzonia sono occupate da pascoli, il resto da coltivazione di foraggio. Occorrono più di 16 chili di foraggi per produrre un chilo di carne e in media, secondo i dati FAO, occorrono da 1.000 a 2.000 litri d’acqua per produrre un chilo di grano mentre da 13.000 a 15.000 litri per ottenere la stessa quantità di carne da bovini alimentati con cereali. Una bistecca di carne di bovino di 250 g è quindi associata all’emissione di quasi 3,4 kg di CO2, l’equivalente delle emissioni di un’automobile di cilindrata medio-grande che percorre 16 km. La produzione dello stesso quantitativo di patate genera l’emissione di circa 0,06 kg di CO2, ben 57 volte inferiore a quella della bistecca.

Per queste ragioni, entro il 2050, il mondo intero andrà incontro a catastrofiche crisi alimentari, come ha ricordato in occasione della conferenza mondiale dell’acqua ad agosto 2013, il professor Malik Falkenmark dello Stockholm International Water Institute. Ulteriori studi scientifici dimostrano inoltre le correlazioni evidenti tra il consumo di proteine animali e i cambiamenti climatici. In particolare il rapporto “Livestock – Climate Change’s Forgotten Sector Global Public Opinion on Meat and Dairy Consumption” di Rob Bailey, Antony Froggatt e Laura Wellesley sentenzia: “il consumo di carni, latte e derivati è una delle principali cause del cambiamento climatico. L’allevamento e la produzione animale sono causa di produzione di CO2 e di deforestazione. Le foreste sono abbattute per lasciar spazio alle coltivazioni per foraggi destinati agli animali e per gli allevamenti. Le foreste sono devastate dall’impatto causato dal bestiame. ” In appena un’ora di tempo al mondo: più di 8 milioni di animali d’allevamento sono stati macellati e 114.153 tonnellate di grano sono state date da mangiare ad animali, mentre, nello stesso momento 354 bambini al mondo sono morti di fame. Quando si pensa al riscaldamento globale, il senso comune impone di associare il problema all’inquinamento causato dalla popolazione umana, cresciuta a un ritmo folle dall’inizio dell’industrializzazione. “Cowspiracy” è un lungometraggio nel quale i due registi Kip Andersen e Keegan Kuhn ci mostrano che non è necessariamente così e ci svelano quale sia in realtà l’industria più distruttiva del mondo contemporaneo, indagando a fondo i motivi per cui le principali organizzazioni ambientaliste mondiali hanno paura di parlarne. L’allevamento di animali è la principale causa di deforestazione, consumo d’acqua, inquinamento e produzione di effetto serra, nonché della distruzione della foresta pluviale con la conseguente estinzione delle specie indigene e del loro habitat, dell’erosione del manto terrestre, delle cosiddette “zone morte” oceaniche e di ogni altra forma di malattia ambientale. Nonostante ciò, questa pratica va avanti senza che nessuno si opponga e la maggior parte delle persone non è consapevole di quali siano i reali danni causati da questa industria. Una persona che consuma una dieta completamente basata su prodotti vegetali produce l’equivalente del 50% in meno dell’anidride carbonica, consuma 1/11 del petrolio, 1/13 dell’acqua e 1/18 dei terreni in paragone ad una persona che basa la sua alimentazione sulla carne.
E’ quindi necessario comprendere che la vera rivoluzione del terzo millennio passa per i nostri piatti e che è doveroso, per la tutela del Pianeta, della specie umana, e per la salvezza di milioni di animali, riconsiderare le nostre abitudini alimentari a favore di una dieta vegetale.

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