L’Agorà ed il ’56 ungherese

Reggio Calabria. Il dibattimento sulla memoria storica ha radici antiche, così come testimonianto nel “De Officiis di Marco Tullio Cicerone che metteva in evidenza tali aspetti e fin da quel periodo il tema relativo alla tutela di tale patrimonio ha una vasta letteratura in tal senso ed il tema della memoria storica è continuo oggetto di dibattimento tra diverse scuole di pensiero orientate sulla conservazione o meno della stessa. Il Circolo Culturale L’Agorà” come da intenti statutari e per come articolato negli indirizzi del sodalizio reggino che da sempre ha posto attenzione alla riscoperta e tutela degli aspetti storico-culturali del territorio. Da quanto in premessa alla manifestazione avente come tema “La rivoluzione ungherese tra aspetti storici e filatelici” organizzata dal Circolo Culturale “L’Agorà” e dal Centro studi italo-ungherese “Árpád” che ha ricevuto l’Alto Patrocinio dell’Ambasciata di Ungheria che ha attenzionato tale iniziativa con la presenza di S.E. Péter Paczolay (Ambasciatore straordinario e plenipotenziario). Il dramma che venne a consumarsi 60 anni fa in Ungheria è stato ricordato con una serie di iniziative, sparse su tutto il territorio della Penisola italiana, utili a tenere viva quella memoria di quei tragici eventi che ebbero inizio il 23 ottobre del 1956. In quell’occasione per le vie di Budapest migliaia di operai, studenti, organizzarono una pacifica manifestazione di solidarietà nei confronti dei lavoratori polacchi della città di Poznań, ma nonostante tali intendimenti vi fu una dura reazione da parte dei cecchini della AVH acronimo di ALLAM VÉDELMI HATOSÀG (la polizia segreta ungherese) che iniziarono improvvisamente a sparare sulla folla inerme, degenerando, quindi in una lunga scia di sangue. In quel periodo storicizzato l’Europa usciva dal secondo confilitto, ancora sotto i segni di quel fiume di sangue e cumuli di macerie si trovava, a seguito degli esiti della guerra suddivisa in due blocchi a cui vertici vi erano le due potenze del periodo Stati Uniti (NATO) ed Unione Sovietica (PATTO di VARSAVIA).
Ritornando a ciò che una certa visione politica definitiva come “fatti” di Ungheria, c’è da evidenziare che a quella manifestazione, scaturita in una lunga scia di sangue aderirono studenti, gente comune, intellettuali e politici, che pur con vedute diverse, erano accomunati dall’ideale della libertà, con il sostantivo di “szabadság”. A seguito dei “fatti di Ungheria” vi fu una diaspora di quella popolazione che secondo le statistiche ufficiali annovera circa 250.000 (quasi il 3% della popolazione) che si allontanò dalla madre patria. Ma quel malessere che ardeva nei sentimenti di quelle popolazioni residenti in quelle aree geografiche poste al di là di quella „cortina di ferro”, aveva già manifestato i prodomi durante i moti operai di Berlino est (16 giugno – 17 giugno 1953) , successivamente quella di Poznań (28 giugno 1956) e da queste sequenze storicizzate anche la capitale budapestina venne fortemente coinvolta. Questa successione di avvenimenti a far data dal 23 ottobre ebbero a sfociare nell’alveo di un pesante bilancio di vite umane, e, secondo i dati ufficiali, perirono in quelle tristi circorstanze migliaia di ungheresi (secondo alcune stime oltre 2000) ed un migliao di soldati dell’Armata Rossa, mentre i feriti furono oltre mille. Il termometro della geopolitica di quel momento storico misurava valori altamente critici come quelli inerenti la crisi del Canale di Suez e contemporaneamente ciò che accadeva in Ungheria che ebbe a segnare quella generazione segnando fortemente il vissuto collettivo non solo del territorio danubiano. Lo stato emotivo è altissimo, così come il clima di tensione tra le diverse vedute partitiche di quei movimenti che operavano in diverse nazione, tanto da provocarne profonde spaccature all’interno della sinistra, del mondo operaio, della sfera culturale, di quello accademico. Il vento proveniente dall’Est è inserito nel calendario storicizzato dell’annus horribilis per il comunismo mondiale – come esplicita nel suo intervento Antonino Megali – che nel corso del suo intervento ricorda che lo stesso accadimento venne definito da Pietro Ingrao come “indimenticabile”. Profonde furono le spaccature nella sinistra italiana: lacerazioni nel PCI, la CGIL solidarizza con gli insorti ungheresi, il forte dissenso del socialista Pietro Nenni, il Manifesto dei 101, che ribadiva la condanna dello stalinismo. “I sogni muoiono all’alba“, scriveva Indro Montanelli, corrispondente per il Corriere della Sera, le difficili ed invane mediazioni da parte del . presidente jugoslavo Tito, l’appello di aiuto dai microfoni della radio ungherese., l’entrata in Budapest dell’Armata Rossa (4 novembre), la repressione, la restaurazione, il nuovo governo con János Kádár, le condanne a morte (16 giugno 1958) eseguite, tramite impiccagione, nel territorio rumeno di Imre Nagy, di Pal Maleter e di Miklòs Gimes, le deportazioni, gli arresti furono altri tristi eventi che caratterizzano quel periodo. Quindi una sequela di immagini, a volte sbiadite dal tempo, analisi archivistiche, micro e macro storie che si intrecciano, questi alcune delle cifre che hanno caratterizzato la conversazione storico-culturale avente come tema “La rivoluzione ungherese tra aspetti storici e filatelici” organizzata dal Circolo Culturale “L’Agorà” e dal Centro studi italo-ungherese “Árpád” che ha ricevuto l’Alto Patrocinio dell’Ambasciata di Ungheria che ha attenzionato tale iniziativa con la presenza di S.E. Péter Paczolay (Ambasciatore straordinario e plenipotenziario) che ha dato lustro alla manifestazione. Il diplomatico ungherese, accompagnato da una delegazione delle due co-associazioni reggine, ha effettuato una serie di visite di cortesia presso diverse istituzioni locali e nel corso di tali incontri è stata ricordata la solidarietà dei reggini nei confronti del popolo ungherese. Nel corso di tali occasioni sono state evidenziate alcune linee guida, da parte delle autorità locali, indirizzate ad una serie di percorsi progettuali quali quelli inerenti al tema del turismo, agli scambi commerciali ma anche quelli prettamente culturali, come emerso anche nel corso della visita a Palazzo San Giorgio, dove è stata evidenziata la volontà di intitolare un luogo pubblico recante la dicitura “Martiri Ungheresi del 1956”, come da richiesta da parte del Circolo Culturale „L’Agorà”. Proprio a Reggio Calabria si concludono le celebrazioni sulla Rivoluzione del 1956 e tale scelta non risulta casuale, visto che per quell’impegno di solidarietà profuso dal territorio, la città dello Stretto ebbe a ricevere un riconoscimento ufficiale da parte di László Sólyom (Presidente della Repubblica Ungherese) nel 2007. Il tema affrontato da Gianni Aiello si è incentrato proprio nella micro storia e le sue elaborate ricerche archivistiche hanno permesso di accendere i riflettori su quello spaccato di storia locale come la raccolta fondi, le domande di adozioni verso gli adolescenti, le varie note prefettizie, la presenza di profughi ungheresi, tra i quali diversi bambini, ospitati in alcuni centri di accoglienza come quello di Catona. Ma altri temi sono stati affrontati da Gianni Aiello nel corso del suo intervento come la vendita benefica di coccarde e spille distintive con l’emblema di Kossuth e da queste cifre significative le motivazioni della scelta del logo impresso sull’annullo filatelico che insieme alla cartolina celebrativa sono state realizzate per tale occasione. In un altro documentato che è stato oggetto di analisi da parte di Gianni Aiello vi è la seguente dicitura. „gli operai, gli studenti, caduti sotto il piombo della repressione, hanno sacrificato la loro esistenza non già per l’instaurazione di privilegi, ma per ottenere l’indipendenza del loro Paese, una giustizia sociale, una libertà politica e libertà di coscienza”. Parole dall’alto significato e che rappresentano uno dei manifesti di solidarietà tra i due territori che, se pur lontani geograficamente, sono legati da un filo conduttore che ha radici a far data dal periodo medievale.



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