Vibo. Sale la protesta alla Casa protetta “La Madonnina”: i dipendenti minacciano l’abbandono della struttura

Vibo Valentia. Qualcuno deve assumersi le proprie responsabilità. L’assurdo silenzio calato sull’appello della Casa protetta “La Madonnina” di Montesoro alle autorità della Regione Calabria e dell’Azienda sanitaria provinciale e quel che più grave sulle significative manifestazioni intese ad evidenziare l’importanza e l’essenza del servizio stanno per generare situazioni che potrebbero sfuggire al controllo di chi è preposto alla garanzia dell’ordine pubblico. Quanto accade nella struttura sanitaria che ospita cinquanta pazienti e disabili mentali non è più tollerabile e quel che più preoccupa è che dietro l’angolo c’è anche la minaccia di una possibile chiusura. Si ha la sensazione che gli effetti sulla legittima protesta da parte dei 30 dipendenti, che dal 2010 non percepiscono alcun emolumento, la cui protesta ha raggiunto livelli di esasperazione, potrebbero sfuggire ad ogni forma di controllo. La Cisal interviene perché intende confermare la propria tutela ai lavoratori che si sono rivolti al sindacato per avere riconosciute le proprie legittime spettanze arretrate, sostenendo fermamente la loro causa in tutte le iniziative legali che si renderanno opportune per superare tutti i disagi intervenuti. A questo punto non v’è dubbio che a Regione Calabria, Asp e a chi ha competenze in materia, sfugge certamente l’importanza e la delicatezza dell’agitazione se è vero che “La Madonnina” di Montesoro ospita 50 pazienti, in gravi condizioni proprio perché quasi tutti disabili mentali e quindi ammalati che hanno bisogno di accurata e specifica assistenza quotidiana. Senza aggiungere che esiste anche una lista di attesa fatta di pazienti che presentano gravi deficit mentali. D’altra parte non crediamo accada da tutte la parti che il personale in servizio in una struttura sanitaria sia penalizzato per così lungo tempo e che venga sottovalutata l’idea che stia intervenendo, in quasi tutto il personale, una sorta di demotivazione che potrebbe sortire un disperato abbandono del posto di lavoro con grave pregiudizio per la salute dei pazienti. Certo le rivendicazioni del personale aumentano di sensibilità soprattutto quando motivando il proprio disagio antepongono l’eventuale condizione in cui potrebbe trovarsi, improvvisamente, il paziente in caso di abbandono del posto di lavoro da parte del medico, dell’infermiere, dell’assistente sociale, del fisioterapista o dell’amministrativo o dell’ausiliario. Una situazione che obiettivamente si intende evitare a tutti i costi ma che non può ritenersi scartata a priori se nei prossimi giorni non dovesse intervenire nulla di nuovo sul fronte della protesta. Questo perché perdurando il silenzio di Regione Calabria e Azienda Sanitaria Provinciale la situazione non può che allarmare e avviarsi verso la degenerazione. E’ noto che la Cisal è già intervenuta presso l’Asp ma senza ottenere alcuna risposta. Nessun segnale alla richiesta di “udienza”. Anche questo è un metodo per disattendere le legittime aspirazioni di lavoratori che di fronte a tanta indifferenza devono, come al solito, affidarsi soltanto a Dio!

Dott. Filippo Curtosi – Segretario Provinciale Aggiunto Cisal

 

 

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