Ricorso alla Cedu: lettera aperta al Presidente della Repubblica

Lettera aperta a Sua Eccellenza il Presidente della Repubblica On. Giorgio Napolitano
La sospensione automatica dell’esecuzione delle sentenze
in pendenza di un ricorso alla CEDU è un passo di civiltà giuridica.

Con questa iniziativa l’ Avvocato Gabriele Trimboli del Foro di Reggio Calabria si è rivolto al Capo dello Stato in qualità di garante dei valori del nostro Stato e della nostra Costituzione, che riconosce pienamente a tutti i cittadini, prima di ogni cosa, il diritto inviolabile della difesa in ogni stato e grado del processo.
L’occasione nasce dal tentativo di non ingessare ed esasperare il dibattito politico del Parlamento, per come sta avvenendo sulla questione della decadenza del Senatore Silvio Berlusconi, in un contesto di gravissima crisi economica dell’Italia, probabilmente anche peggiore di quella del 1929 per gli effetti nel Paese e per la apparente mancanza di prospettive di miglioramento.
Dalla lettura della missiva si sostiene che il caso del Senatore Berlusconi “sarebbe – forse – facilmente risolvibile attendendo gli altri organi giurisdizionali, anche di natura comunitaria, evitando di alimentare, con delle “forzature”, la credenza che fosse stato assunto un comportamento da accanimento terapeutico su questa vicenda, distogliendo il Parlamento dai problemi veri della gente e dei milioni di disoccupati, soprattutto giovani, italiani”. Ed ancora: “Mi rendo perfettamente conto che – come Lei ben saprà – in mancanza e/o in attesa di una norma di legge sulla automatica sospensione dell’esecuzione delle sentenze, seppur di terzo grado, in attesa dell’esito delle decisioni della CEDU, si può fare solo un appello di opportunità di sospensione e/o di rinvio dell’esecuzione, per evitare la frustrazione del giudizio di merito, a seguito dell’esecuzione della sentenza di terzo grado, qualora venisse accolto tale ultimo reclamo in sede europea, per rendere un servizio ed un’utilità non già ad una sola persona, ma a tutti i cittadini, che in situazioni analoghe o simili a quella infra descritta, dal momento che denunceranno la violazione dei diritti fondamentali dell’uomo, con ricorso alla Corte Europea, potranno attendere l’esito di quel giudizio, prima di subire un’ ingiusta esecuzione della sentenza (penale e/o civile) che li riguarda.”
Proseguendo sempre nell’analisi della lettera si parte dal presupposto che tale fattispecie potrebbe essere l’occasione per affrontare il problema, neppure tanto irrilevante, che lo Stato Italiano deve assicurare una garanzia di giustizia sostanziale a tutti i cittadini in tutti i gradi di giudizio ex art. 111 Cost. con un’estensione di tale concetto fino al ricorso in sede europea (proponendo, a tal fine, un’interpretazione, assorbente e preminente, del principio di giusto processo, che si debba essere considerare come tale, sotto il profilo dei contenuti sostanziali, in maniera da prevalere sulle concezioni giusformalistiche, che si fondano sulle eccessive enfatizzazioni dei principi della forma e/o della ragionevole durata processuale, sicché si creano conseguentemente ingiuste “storture”, per una “deriva economicistica della giustizia civile”). Perciò si è invocata la moral suasion, del Presidente della Repubblica, perché stimoli l’adozione di una “prassi virtuosa” di attendere le decisioni della Corte di Giustizia Europea, “quando è pendente un ricorso alla stessa Corte di Giustizia Europea (CEDU) per violazione palese dei diritti inviolabili e fondamentali dell’uomo, che appare essere ben costruito e, pertanto, – a nostro modesto parere – non si ritiene che non avrebbe anche una sola possibilità di essere accolto…..(in mancanza e/o in attesa di una norma di legge sulla automatica sospensione dell’esecuzione che,erroneamente, sarebbe facilmente e superficialmente bollata come ad personam)”.
Ciò posto è evidente – per come si conclude la citata lettera – che “mal si comprendono, da posizioni garantiste, certi “arroccamenti del dibattito parlamentare” che potrebbero essere superati da un ragionamento più ampio, che potrebbe valere per tutti i cittadini italiani con l’introduzione di una “prassi virtuosa e garantista”, sollecitata dalla Sua autorevole moral suasion, di attendere l’esito delle decisioni della CEDU, prima di dare esecuzione ad una sentenza, seppur di terzo grado” pur condividendo “l’enorme – e, forse, insuperabile – difficoltà di un Suo intervento in questo momento, finanche nella forma di messaggio al Parlamento, anche a causa dell’esasperazione degli animi e dal prevalere di fortissimi estremisti da una parte e dall’altra”…. Sarebbe stato auspicabile un altro clima di distensione e di moderazione, nonché di “pacificazione” per una serena discussione sull’argomento, in quanto quest’ultima sarebbe potuta essere l’occasione …..perché Lei si potesse rendere garante di un servizio ed un’utilità di giustizia sostanziale per tutti i cittadini. In situazioni analoghe e/o simili a quella descritta, sarebbe un principio garantista ed auspicabile nel nostro ordinamento quello che si esplicherebbe con la sospensione della esecuzione della sentenza (penale e/o civile) emessa in Italia e censurata con ricorso alla Corte Europea, per manifesta violazione dei principi comunitari, per come anche contenuti nella dichiarazione dei diritti universali dell’uomo, in ragione anche di una sola possibilità che vi sia stata la violazione dei diritti fondamentali dell’uomo. Ciò – si ripete – al fine di garantire che non venga frustrato l’esito di merito di quel giudizio, a seguito di un’anticipata ed ingiusta esecuzione di una sentenza sottoposta a critica davanti la CEDU.”
La costruzione di un nuovo ordinamento in una direzione garantista (e non già giustizialista) – per finire gli spunti di riflessione contenuti nell’appello citato – e di tutela costituzionale di alcuni valori fondamentali dell’uomo, con la introduzione di un principio di sospensione automatica dell’esecuzione delle sentenze in pendenza di un ricorso alla CEDU, con la conseguente necessaria revisione e/o revocazione del provvedimento impugnato e/o criticato nel caso di accoglimento dello stesso ricorso in sede europea, sarebbe un passo auspicabile di civiltà giuridica, in ottemperanza allo spirito sostanziale dell’art. 111 Cost., non certo, un provvedimento ad personam.

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