Il Giudice del Lavoro condanna a risarcimento danni, ma i soldi non arrivano. La storia di un precario

Gentile direttore,
questa è una lettera che credo avrete ricevuto molte volte e per casi più o meno simili, ma nel mio avrei formalmente già ottenuto giustizia, ma non sul piano sostanziale. Dal momento che dopo tanti anni ancora detta sostanza manca, e sul piano giuridico abbia esaurito i mezzi per farla valere, gli unici che mi restano sono i mezzi mediatici.
Ma andiamo con ordine: mi chiamo Gianluca Tripodi, ho 37 anni e vivo a Villa San Giovanni, sposato e precario come molti, ma nell’oceano di precarietà in cui vivo, ci sono anche ulteriori tempeste scatenate da elementi che io non posso comprendere né forse fermare.
La vicenda in particolare inizia nell’anno 2006, quando, dopo aver aderito ad un bando e aver superato la selezione, vengo arruolato da un Consorzio e successivamente incaricato di curare una fase del cosiddetto progetto “Odr – Osservatorio Discriminazioni sul Razzismo”, nello specifico somministrazione di un corposo numero di questionari a cittadini extracomunitari residenti in Italia, il tutto fondato a monte su finanziamenti europei della cosiddetta azione “Equal II”.
Tra una tranche di questionari e l’altra, svolgevo sedute di formazione, confronto ed aggiornamento, sia in video chat che in presenza, presso alcuni locali siti a Marcellinara, provincia di Catanzaro. Il tutto per un compenso previsto, a lordo delle ritenute fiscali, di euro 7000, con scadenza del contratto a progetto il 31.12.2007, e che teoricamente mi sarebbero dovuti essere corrisposti a tranche, cosa poi mai avvenuta, e che invece, a progetto ormai terminato, avvenne nel maggio del 2008. Fin qui nulla da eccepire; ma il busillis della questione risiede nel fatto che, all’atto della consegna del prospetto paga, che era previsto per legge, mi è stato decurtato il lordo della paga di 1000 euro, senza altresì calcolo delle detrazioni fiscali a mio favore (che si sa, per un contratto a progetto sono pari a quelle dei dipendenti).
Chieste spiegazioni, che mi vengono fornite in modo evasivo dagli impiegati del consorzio e fatti rifare i calcoli da una commercialista esperta, i poco più di 4200 euro risultanti dal netto del primo calcolo vengono aumentati di 2130,95 euro. Ovviamente, fattomi avanti per reclamare le mie ragioni, trovai solo porte chiuse e sebbene fossero passati alcuni mesi, cercando delle bonarie composizioni, non ottenni nulla e mi rivolsi alla giustizia, ottenendo una pronunzia del Giudice del lavoro di Reggio Calabria nell’ottobre 2010, in un processo in cui tra l’altro i convenuti non si costituirono né risposero, venendo condannati al pagamento di quanto da me richiesto più spese, interessi e quant’altro, che compresi atti di precetto e simili lievitarono (e siamo quasi all’inizio del 2011) a 3672 euro, senza contare ulteriori interessi.
Alla metà circa del 2011 intanto è stata dichiarata la liquidazione del consorzio, il quale però non può essere ovviamente sciolto senza aver sanato le diverse pendenze; ma a tutt’oggi, e siamo nel novembre
2014, neppure un soldo di quanto dovutomi ho mai visto.
Aggiungo anche che, all’inizio del 2014, presi contatti con ciascuno dei singoli membri del consorzio, per favorire accordi bonari stragiudiziali a stralcio, ma vennero rifiutati con le più varie motivazioni od addirittura non rispondendo affatto a quanto da me inviato tramite PEC o raccomandata, spiegando dettagliatamente e con documenti quanto fin qui accaduto. Ormai non so se dopo tutto questo tempo io possa avere ancora dei mezzi giuridici per far valere i miei diritti; certo, magari la mia è una tra le 1000 storie di ordinaria ingiustizia che si sentono, ma se non vengono neppure rispettate le sentenze di un Tribunale trincerandosi dietro cavilli e facendo pagare a chi questi diritti li avrebbe i guasti di gestioni dissennate, quali mezzi mi rimangono per poter avere ascolto e spero anche giustizia?
Io sarei anche disposto a compromessi, accordi bonari, perfino a cedere questo credito a chi volesse acquistarlo per monetizzare almeno un parte consistente della somma dopo tanti anni, vista anche la condizione di precarietà lavorativa in cui permanentemente verso.

Mi scusi, gentile direttore, per lo sfogo, ma spero che attraverso il suo giornale la mia voce possa avere giustizia, e mi perdoni se trascuro anche altre vicende analoghe di altre persone che hanno subito la medesima ingiustizia, ma non so quanti possano vantare ,come nel mio caso, un diritto certificato da una sentenza di un tribunale. Mi appello a chi possa fare in modo che detta sentenza trovi esecuzione e compimento e pregherei chiunque volesse mettersi in contatto con me per offrirmi il suo aiuto, di contattarmi tramite il suo rispettabile giornale. Ringraziando per il tempo e lo spazio concessomi, cordialmente saluto.

Gianluca Tripodi

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