Strage in Spagna. Quando l’opportunità di Erasmus si trasforma in tragedia

Da sinistra in alto: Elena Maestrini, Valentina Gallo, Elisa Scarascia Mugnozza ed Elisa Valent. Da sinistra in basso: Lucrezia Borghi, Francesca Bonello e Serena Saracino

Da sinistra in alto: Elena Maestrini, Valentina Gallo, Elisa Scarascia Mugnozza ed Elisa Valent. Da sinistra in basso: Lucrezia Borghi, Francesca Bonello e Serena Saracino

Una tragica fatalità, una distrazione da parte dell’autista alla guida del bus con a bordo un gruppo di ragazzi universitari di ritorno dalla festa con cui Valencia ogni anno accoglie la primavera. Sono morte così 13 giovani studentesse, 7 delle quali italiane, partite per il viaggio che invece di cambiargli la vita gliel’ha spezzata per sempre.
È altissimo il numero di persone che ogni anno perde la vita in viaggio, in incidenti che colpiscono loro stessi e i loro familiari e che sconvolgono i luoghi a cui appartengono. Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ogni anno le vittime di incidenti stradali sono 1,2 milioni in tutto il mondo. Il pericolo, tuttavia, non riguarda unicamente le strade, solo qualche giorno fa si è consumato l’ennesimo disastro aereo con un bilancio di 62 vittime in Russia.
Le vittime sono tante, eppure ci sono notizie che colpiscono più di altre, notizie che scuotono gli animi di chi le apprende dai giornali, dalla tv o, come più comunemente accade oggi, dai social network. Ci sono notizie che, ancor prima di essere tali, sono storie.
Francesca Bonello, Valentina Gallo, Lucrezia Borghi, Elisa Valent, Elena Maestrini, Serena Saracino, Elisa Scarascia Mugnozza, Lucrezia Borghi. Tutte studentesse tra i 22 e i 25 anni.
La loro storia si è stroncata tragicamente sull’autostrada che da Valencia doveva riportarle a Barcellona. Sono i nomi delle 7 studentesse italiane che hanno perso la vita a bordo di un bus in Spagna, dove si trovavano per studiare; tutte avevano aderito al progetto “Erasmus” che dal 1987 offre agli studenti di tutta Europa l’occasione di svolgere un periodo di studi all’estero.
Ogni anno sono più di 20mila gli studenti che dall’Italia scelgono di partire alla volta dell’Europa per arricchire il loro percorso di studi. Non solo studenti, ma anche docenti e neolaureati che considerano questo tipo di esperienza fondamentale per il loro accrescimento professionale.
Di fronte alle 13 giovanissime vittime della tragedia che ha colpito l’Italia e l’Europa – oltre alle sette italiane, infatti, vi sono anche altre vittime di diverse nazionalità – il mondo accademico si è fermato, perché l’Università deve essere luogo di incontro, di scoperta, di crescita interiore.
“La conoscenza rende liberi”, ed è proprio questo che spinge alla scoperta di nuovi luoghi: conoscere diverse culture e viaggiare diventa un’opportunità alla quale difficilmente si deve rinunciare.
Questa è esattamente una di quelle storie che ci toccano da vicino perché in qualità di madri, padri, fratelli, studenti, quelle giovani vite spezzate sarebbero potute appartenere a nostra figlia, nostra sorella, ad una nostra amica. Spesso, come in questo caso, ci si chiede quanto il Mondo possa essere un posto veramente sicuro per tutte quelle persone che avendone la possibilità sognano di viaggiare, scoprire, conoscere. Sono le stesse persone che oggi, riguardando le foto di quel tanto desiderato viaggio condivise sui social da quelle giovani studentesse, si chiedono se sia giusto morire a vent’anni durante quella che dovrebbe essere l’esperienza più bella per uno studente. La risposta è no. Ci si deve, però, fermare un attimo per, poi, avere il coraggio di ripartire, perché una tragica fatalità non può impedirci di continuare a vivere, sognare, viaggiare.

Mariateresa Ripolo

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