Dante e l’Inferno, San Giovanni e l’Apocalisse, storie di assonanza con la Pubblica Amministrazione

“Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate” … è quanto recita il III canto dell’Inferno tratto dalla Divina Commedia di Dante Alighieri ed è quanto dovrebbe essere scritto sulla porta d’ingresso della struttura dell’ASP di via Willermin a Reggio Calabria. Un vero e proprio inferno, infatti, è quello che aspetta ogni cittadino che si addentra nei meandri della struttura ASP n. 1, della cosiddetta città metropolitana. Anche se potrebbe sembrare solo una semplice similitudine, la realtà è molto vicina a quanto raccontato da Dante Alighieri o da San Giovanni nel libro dell’Apocalisse, specialmente quando un povero avventore, costretto a chiedere il cambio del medico curante, deve fare i conti con la lenta ed ancora MANUALE burocrazia.
La prassi comune per accedere a tale servizio inizia attorno alle 6,30 del mattino con la compilazione, da parte di qualche temerario e mattiniero cittadino, di una lista con i nomi degli altri temerari “compagni di merenda” arrivati di buon’ora alle porte della struttura. L’elenco, che per i più famosi Perlasca o Shindler serviva a salvare i poveri ebrei dai campi di concentramento, qui serve per catapultare all’inferno i cittadini reggini. Superata la fase di “schedatura”, in barba alle più elementari norme sulla privacy, si passa alla fase di distribuzione dei numeri, normali elimina code uguali a quelli utilizzati dai supermercati, con la sola differenza che il display è spento perché guasto da almeno 5 anni e che il rotolino inserito all’interno del distributore, non si sa per quale arcano motivo, contiene solo 60 strappi, anche se qualcuno ha malignato che la causa di ciò è il budget limitato dell’ASP, che non può permettersi più di un rotolo giornaliero.
Vi lascio immaginare quindi la calca e le numerose crisi di nervi degli utenti che, arrivando dopo le 7,30, orario di apertura delle porte, non trovano più disponibili i numeri elimina coda. Comunque, dopo l’accesso all’empirico sistema di attesa, per gli utenti inizia la trepidante avventura burocratica come per il gioco del Monopoli dove, con un tiro di dadi, si può incappare nella casella IMPREVISTI o PROBABILITA’ qui corrispondenti alle impreviste ma quanto non inattese interruzioni della linea dati a cui sono collegati i “potenti” terminali, ad una virgola non posizionata correttamente sui moduli di richiesta o, ancor più grave, all’orario di chiusura dell’unico sportello abilitato a tale operazione che avviene, inderogabilmente, alle ore 12,00 di ogni giorno.
Insomma chi c’è c’è, a chi non c’è, invece, tocca rifare la fila perdendo, magari, un altro giorno di lavoro. C’è da dire che la buona volontà e la pazienza dell’unico operatore presente allo sportello, non riduce assolutamente il gap tra Nord e Sud Italia e non contrasta neanche il lassismo e l’incuria dell’amministrazione di competenza, azienda preposta, oltretutto, al controllo della sicurezza, così come riportato all’art. 12 del D.lgs. 81/08, il quale afferma che “il ruolo di vigilanza sulla corretta applicazione delle norme inerenti la sicurezza sul lavoro in materia di salute e sicurezza, è demandato all’Azienda Sanitaria Locale competente in quel territorio…”.
Tutti coloro che accedono agli uffici in questione, anche se non competenti in materia, si accorgono immediatamente delle condizioni di fatiscenza in cui versa la struttura, delle inadeguatezze e della carenze delle più elementari norme di sicurezza. Tutto ciò a discapito dei cittadini chiamati solo a pagare le tasse, rimpinguare le casse delle pubbliche amministrazioni, senza ricevere in cambio il diritto alla salute ed all’assistenza non solo sanitaria, ma anche burocratica. Burocrazia che a Reggio è da tempo un’utopia voluta, soprattutto, dai dirigenti che, per la loro privilegiata posizione non sono mai stati costretti a fare le interminabili code agli sportelli o a perdere intere giornate di lavoro, per agognare un sacrosanto diritto. In definitiva, gli uffici dell’ASP di Reggio Calabria, ad oggi, possono essere inseriti al TOP del Digital Divide (divario digitale), le cui cause, però, non sono imputabili ai diversi fattori socioeconomici, visto che siamo e facciamo parte della civiltà industrializzata e non dei paesi in via di sviluppo, la spiegazione economica, quindi, non può essere la scusa dietro la quale si possono nascondere i benpensanti. Altri sono i fattori che contribuiscono ad accentuare il divario digitale tra ASP e cittadini e devono essere ricercati, sicuramente, nella cattiva volontà di chi amministra tale azienda e tutta la pubblica amministrazione.

Lettera firmata

Exit mobile version