Sette anni di guerra in Siria. Buon compleanno inerzia internazionale

Damasco (Siria). Sette anni. Era il 15 marzo del 2011, quando a Damasco si svolse il primo corteo di protesta contro il regime. Da lì ne seguirono altri organizzati dagli studenti, gli sguardi del mondo si concentravano sul Medio Oriente che era scosso da quella che venne ribattezzata “la primavera araba”, ed invece, a sette anni di distanza, la stabilità dei paesi coinvolti è ancora più fragile, l’economia non è mai ripartita, l’Europa si è riempita di rifugiati e gli sguardi del mondo adesso assistono con distacco a quanto accade in quella che fu la culla della civiltà mediterranea.

Ci siamo abituati all’inferno, come avvenne prima per i massacri a Sarajevo ed in seguito alle immagini in HD di Iraq ed Afghanistan. Ormai le notizie di bombardamenti scorrono ad ora di pranzo e talvolta passano in sordina, come se fosse normale pranzare con case sventrate, padri impolverati che corrono con i figli in braccio, ambulanze e sirene dappertutto.

Quando si parla di guerra in Siria si intende comprendere i tre conflitti attualmente in corso. Sommariamente si possono riassumere come il conflitto tra il regime di Bashar al-Assad ed i ribelli , il conflitto tra curdi e turchi ed in ultimo la guerra contro il califfato islamico (Daesh), che dopo la caduta di Raqqa ormai volge verso la fine.
Senza alcuna retorica, le stime, a seconda delle fonti, su una popolazione che prima della guerra era di 22 milioni di abitanti,  sono di 12 milioni gli sfollati, 5,5 all’interno del Paese, quasi 6,5 milioni sono fuggiti all’estero, per la maggior parte in Turchia, Libano e Giordania e, in misura minore, in Iraq ed Egitto. La vita media si è abbassata a 15 anni per gli uomini e 10 per le donne.
Il bollettino di guerra di oggi recita che più di 12.000 persone sono fuggite da una città nella regione di Ghouta orientale assediata dai ribelli, al di fuori della capitale Damasco, mentre le forze governative avanzavano.

Damasco e Mosca hanno ignorato una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU del 25 febbraio che chiedeva un cessate il fuoco per l’intero paese.
Uomini, donne e bambini con coperte e borse sono stati visti mentre lasciavano la città di Hamouria, che negli ultimi giorni è stata oggetto di intensi bombardamenti.“Stanno bruciando Ghouta “, ha detto Anas al-Dimashqi, un attivista dei media e residente di Kafr Batna, una città presa di mira anche da intensi attacchi aerei giovedì.
Dimashqi, i White Helmets e l’Osservatorio siriano per i diritti umani hanno riferito che aerei governativi e russi utilizzavano armi incendiarie simili al napalm per diffondere incendi nelle città.
Stando a quanto riferiscono i media e gli osservatori internazionali giovedì le forze governative e russe hanno preso di mira una colonna di civili che cercavano di fuggire da un’altra città, Hamouria,  ove solo il giorno prima 26 civili erano stati uccisi .
È in atto il più grande esodo dall’enclave da quando i militari hanno intensificato l’offensiva il mese scorso. Allo stesso tempo, 25 camion che trasportavano aiuti alimentari sono entrati nella città di Douma. Il Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR) ha affermato che l’aiuto è solo una minima parte di ciò che era necessario nella Ghouta orientale, dove circa 390.000 persone si trovano di fronte a gravi carenze di cibo e forniture mediche.
Il governo siriano, sostenuto dai suoi alleati Iran e Russia, è determinato a riconquistare il controllo della regione un tempo agricola appena fuori Damasco, dopo sette anni di guerre e massacri .

In questo scenario complicatissimo, di giochi di potere e scaramucce tra superpotenze, di risoluzioni ONU ampiamente ignorate, di cessate il fuoco mai davvero rispettati, si stagliano anche le denunce contro il il regime di Damasco accusato più volte di aver utilizzato armi chimiche contro i civili. In ragione di ciò ciò le Nazioni unite hanno inviato in Siria l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opcw), un gruppo di esperti che hanno raccolto dati ed informazioni dimostrando che in più occasioni le forze aeree di Damasco hanno utilizzato gas Sarin nel corso dei loro attacchi, causando centinaia di morti tra i civili.

A seguito degli attacchi terroristici in Francia iniziò a circolare una breve frase che però riassume bene quanto sta accadendo a Damasco:  “Se Parigi merita un minuto di silenzio la Siria merita che il mondo intero taccia per sempre”.

Doveva essere una primavera di diritti e progresso, si è rivelato un lungo, lunghissimo, inverno all’inferno.

Salvatore De Blasio

 

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