di Fabio Papalia
Reggio Calabria. Sei un precario, guadagni dai 500 agli 800 euro al mese, e vorresti accendere un mutuo in banca per comprare casa? Faresti bene a presentarti allo sportello con un certificato di deposito in una banca svizzera a nome di Paperon de Paperoni, da almeno dieci miliardi di nichelini, ma vanno bene anche ghinee, scudi e talleri. Avresti più chance di poterti sedere per chiedere il tuo mutuo. Stando all’esito dell’operazione Artù, infatti, i poveri cristi che si presentano negli istituti di credito, prima ancora di potersi sedere a chiedere, devono mostrare busta paga e garanzie, altrimenti nisba. Se ci si presenta con un certificato di deposito emesso nel millenovecentosessantuno a nome di un ex dittatore dell’Indonesia, per un valore che un lavoratore medio non riesce nemmeno a immaginare, 870 milioni di dollari (che rivalutati fanno oggi 39 miliardi di dollari), eccome se vi fanno accomodare. E non per chiamare la polizia o il manicomio. Per un cliente così? Ti prendono così sul serio da intavolare serissime trattative, ti offrono il 45% del valore nominale, per consegnargli quel pezzo di carta, vedendosi addirittura negare la proposta. Perfino banchieri in bombetta giungono in Italia dalla city di Londra, si vede che hanno fiutato il business. La cosa più sconvolgente di tutta questa brutta storia, è proprio la facilità con la quale il sistema bancario italiano si sia fatto coinvolgere nel tentativo di scambiare questi due fogli di carta filigranata verde.
Due sono le ipotesi: o il certificato è falso o è autentico. Se è falso, come sembra convinta la Procura e come si affretta a certificare il Credit Suisse, l’istituto che dovrebbe tirare fuori i soldi se il certificato fosse vero, la beffa per le banche italiane sarebbe colossale. Si stavano facendo infinocchiare da una banda di 20 persone, pronte a mollare (nella migliore delle ipotesi qualora avessero spuntato un prezzo favorevole) qualcosa come 300 milioni di euro. Soldi che sarebbero presumibilmente spariti in qualche paradiso fiscale all’estero. E che le trattative fossero a buonissimo punto è testimoniato proprio dall’intervento d’urgenza della Procura, che per scongiurare il buon esito delle trattative ha sequestrato il titolo di credito, inscenando un falso posto di controllo occasionale della Guardia di Finanza alcuni mesi fa. Nonostante l’intervento tempestivo e risolutivo della Procura, che oggi ha chiuso il cerchio, e le manette, attorno ai 20 indagati, la colossale figuraccia per le banche italiane resta in tutta la sua grandezza, grande quanto il deposito di Paperon de Paperoni. Non stupisce che in Italia la crisi economica sia più feroce che altrove, se questa è la classe economica che produciamo… Nella migliore delle ipotesi, ma risulta difficile scegliere quale sia davvero l’ipotesi meno grave, i nostri banchieri ne escono come dei perfetti idioti. Peggio ancora se, invece di ingenuità in quantità industriale, si fosse trattato di collusione. Una lauta mancia sottobanco per chiudere un occhio e dissipare ogni dubbio sull’autenticità del certificato, con la prospettiva di far fallire la banca? Questo i magistrati non sono riusciti a provarlo, proprio perché sono dovuti intervenire prima che i soldi eventualmente sborsati da una banca, sparissero.
E se invece, contro ogni logica, il certificato fosse davvero autentico? Perché mai, si interroga perfino il Gip che ha accolto la richiesta della Procura, le banche avrebbero dovuto prendere così sul serio quel certificato, non sarà un indizio in tal senso che quella filigrana abbia passato i primi informali controlli degli istituti di credito? A questa domanda, inoltrata dalla Procura tramite rogatoria, il Credito Svizzero risponde che il certificato è falso, e che le firme apposte sono di persone che non hanno mai lavorato per la banca, nomi che non sono mai esistiti. La Procura non può far altro, ma il Ministero del Tesoro, a nostro avviso, dovrebbe approfondire l’argomento con gli elvetici. Lo stesso Gip ritiene la risposta data “ininfluente” al fine di stabilire la verità, in quanto è di tutta evidenza che l’istituto dovrebbe esborsare una cifra astronomica nel caso il certificato fosse vero. Avete mai visto un’assicurazione “felice” di rimborsare una polizza miliardaria? Quanto alla parola degli svizzeri, poi, basterebbe ricordare le loro menzogne sulla storia dell’oro degli ebrei depredato dai nazisti, per mettere in dubbio, non dico la loro puntualità, ma quanto meno la loro memoria, quando si tratta di versare anziché incassare.
Quanto al problema iniziale di accendere un mutuo, non saprei proprio cosa consigliare, ma se avete dei risparmi invece di portarli in banca li metterei nel materasso, allo sportello porterei le banconote del Monopoli.
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