‘Ndrangheta. Dettagli nomi e foto dei sei fermati dalla Squadra Mobile
Reggio Calabria. Nelle prime ore di questa mattina, personale della V Sezione della Squadra Mobile, diretta dal commissario capo Francesco Giordano con il coordinamento del primo dirigente Gennaro Semeraro e del vice questore aggiunto Francesco Rattà, in esecuzione di provvedimento di fermo di indiziato di delitto (nr.458/11 RGNR DDA mod.21) emesso dalla Procura della Repubblica-Direzione Distrettuale Antimafia presso il Tribunale di Reggio Calabria, al termine di una complessa attività investigativa, ha tratto in arresto sei persone:
- Giovanni Pangallo, 63enne nato a Reggio Calabria;
- Natale Cuzzola, 49enne nato a Reggio Calabria;
- Giovanni Rodà (detto ‘Giannetto’), 35enne nato a Reggio Calabria;
- Diego Quartuccio, 32enne nato a Reggio Calabria;
- Giuseppe Pasquale Esposito, 53enne nato a Reggio Calabria;
- Domenico Antonio Laurendi, 30enne nato a Reggio Calabria
I sei sono gravemente indiziati del delitto di cui all’art. 416 bis, commi 1°, 2°, 3°, 4° e 5°, c.p., per aver fatto parte di un’associazione per delinquere di tipo mafioso denominata ‘ndrangheta ed in particolare del sodalizio Borghetto-Caridi-Zindato, operante nell’ambito della più ampia cosca Libri, finalizzata al controllo dei quartieri di Modena, Ciccarello e S.Giorgio extra di Reggio Calabria, previa divisione tra gruppi criminali, sulla base di deliberati mafiosi, del territorio d’influenza e delle attività criminali da perpetrare sullo stesso.
L’odierno provvedimento restrittivo, si legge nel comunicato stampa diffuso dalla Questura, costituisce la prosecuzione dell’attività investigativa condotta sempre da questa Squadra Mobile e che in data 29.10.2010 era sfociata nell’emissione di una prima ordinanza di misura cautelare nell’ambito dell’operazione “Alta Tensione”, cui ha fatto seguito con una seconda tranche in data 21 dicembre 2011 l’emissione di analoga misura restrittiva eseguita nell’ambito dell’operazione “Alta Tensione 2”, in occasione della quale è stato tratto in arresto, tra gli altri, anche il Consigliere Comunale in carica Giuseppe Plutino, già eletto in quota al Pdl al civico consesso del Comune di Reggio Calabria ed ex Assessore all’Ambiente nella precedente legislatura.
Per quanto concerne l’odierno fermo di indiziato di delitto (“San Giorgio”), agli elementi di prova già raccolti e compendiati nei provvedimenti richiamati, si aggiungono le ulteriori risultanze acquisite mediante l’approfondimento degli esiti delle intercettazioni telefoniche ed ambientali continuate nei confronti di altri sodali della cosca Caridi, incrociati perfettamente con le dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia.
Nello specifico, particolarmente significative si sono rivelate le conversazioni intercettate all’interno del circolo “Caccia Sviluppo e Territorio”, ubicato in Via Pio XI Diramazione Gullì, rivelatosi da un lato costante punto di incontro e riunione degli appartenenti alla cosca Caridi e, dall’altro, altrettanto significativamente quale sede della segreteria politica dell’ex consigliere comunale Giuseppe Plutino, alla cui elezione avrebbero profuso un impegno costante gli appartenenti alla cosca Caridi.
In merito a questo secondo punto, secondo l’accusa era Domenico Condemi, già tratto in arresto nello scorso dicembre, a precisare che quel circolo era utilizzato anche dal cugino, Giuseppe Plutino, quale segreteria politica in occasione delle elezioni (“Qua mio cugino ha… Eh, un circolo per le elezioni!”). Inoltre, sempre nel medesimo circolo, da altro dialogo intercorso tra il Condemi e Pangallo Giovanni Domenico Savio, quest’ultimo collaboratore e consigliere politico di Giuseppe Plutino, è risultato chiaramente che si discuteva anche della imminente assegnazione di deleghe al Plutino ed è emerso come gli incarichi eventualmente assunti in seno all’Amministrazione Comunale fossero di interesse della cosca.
In ordine al primo punto, invece, gli inquirenti sottolineano che al contempo, all’interno degli stessi locali, sono state captate conversazioni nel corso delle quali venivano commentate estorsioni già consumate, nonché venivano progettate le estorsioni da perpetrare sul territorio oggetto di dominio mafioso, con dovizia di particolari circa gli imprenditori da estorcere, le attività da infiltrare, l’ammontare delle somme di danaro da riscuotere a titolo di pizzo, le percentuali dello stesso. Dialoghi che vedevano protagonisti indiscussi il Condemi e Giovanni Pangallo, quest’ultimo zio materno dei fratelli Caridi, tutti detenuti.
In particolare per quanto riguarda le estorsioni da perpetrare, nel corpo di un dialogo intercettato nel citato circolo, ed intercorso tra il Condemi ed un tale Peppe non meglio identificato, quest’ultimo pretendeva dal Condemi un intervento per imporre ad un’impresa di Villa S.Giovanni l’utilizzo dei suoi automezzi e la conversazione, da un lato, confermava ulteriormente il ruolo di rilievo ricoperto da Domenico Condemi in seno alla cosca di appartenenza, con la riconosciuta capacità di intervenire al di fuori del territorio di influenza diretta al fine di imporre o contrattare prestazioni lavorative di imprese a lui vicine; dall’altro, inoltre, ribadisce una volta di più la capillarità del controllo del territorio e l’unicità del sistema ‘ndrangheta per cui ambasciatori dell’uno e dell’altro gruppo si ripartiscono concordemente le risorse economiche dello stesso, in un’ottica di gestione condivisa. Infatti, il Condemi dettava il comportamento tipicamente mafioso da tenere ed al contempo rifletteva con chi avrebbe dovuto relazionarsi per favorire il suo interlocutore.
Da altre conversazioni captate all’interno del medesimo circolo si evincono le strategie estorsive del gruppo, nonché le ditte sottoposte a vessazioni . Tra queste spicca l’estorsione ai danni dell’impresa appaltatrice dei lavori edili relativi alla realizzazione di una rampa di collegamento tra l’argine sx Calopinace e la Borgata Giardini, nonché quella perpetrata nei confronti dell’impresa di pulizia che aveva appaltato i lavori presso l’ospedale Morelli.
Nel corso di altre conversazioni si captava un vero e proprio ‘campionario’ delle estorsioni da compiere sul territorio, con indicazione delle percentuali da richiedere e dei soldi da riscuotere, di ammontare variabile se la vittima di turno risultava essere stata o meno ‘raccomandata’ da terzi, appartenenti alla stessa cosca e comunque meritevoli di ‘rispetto’.
Dalle indagini è emersa, inoltre, la capillarità del controllo del territorio esercitata dai sodali della cosca Caridi, al punto da escludere dalle attività economiche della zona di influenza un imprenditore inviso alla cosca, il cui pesante condizionamento era già emerso nell’operazione “Alta Tensione” per le “attenzioni” esercitate sui cantieri presenti nel quartiere Ciccarello ed esercitate dal gruppo Caridi-Borghetto-Zindato, attenzioni continuate anche dopo, come si evinceva dalla medesima conversazione, da cui traspariva che il Condemi riferiva al Pangallo che solo per mettere piede nella loro zona il citato imprenditore avrebbe dovuto versare una somma soltanto per rimediare l’affronto da quest’ultimo commesso, consistito nell’avere licenziato il cognato del Condemi, Natale Cuzzola, odierno arrestato.
Il presunto ruolo degli odierni fermati:
Secondo l’accusa, per quanto riguarda i ruoli degli odierni arrestati, Domenico Antonio Laurendi, ritenuto sodale della medesima cosca, era deputato specificamente alla consegna mensile delle somme di denaro necessarie ai più stretti congiunti degli affiliati detenuti, in particolare dei congiunti di Domenico Condermi, quali Eugenio Borghetto, Cosimo Borghetto e Paolo Latella, dando così chiaro esempio dell’applicazione del principio di mutua assistenza degli associati in difficoltà. Laurendi operava sotto le direttive di Natale Cuzzola.
Il Rodà, invece, unitamente al Condemi, era stato autore della richiesta estorsiva ai danni dei titolari di una gioielleria sita nel quartiere San Giorgio, vera e propria tangente ambientale consistente nel contributo alla festa dei “Paddechi”, ed al rifiuto di elargirla era seguito il noto danneggiamento a colpi di arma da fuoco all’indirizzo dell’attività commerciale. Nel corso dell’attività investigativa è emerso il diretto coinvolgimento del Rodà nella capillare “raccolta fondi” presso i commercianti di San Giorgio, ivi compresa quella alla gioielleria, da destinare all’organizzazione della festa.
Diego Quartuccio, rivelatosi vero e proprio elemento di fiducia dei vertici della cosca, latore di ambasciate affidategli dagli stessi, titolare di notevole credito e particolare riguardo riservatogli, in considerazione della sua pericolosità, anche dagli appartenenti alla criminalità comune, nello specifico dai componenti della comunità Rom presenti in questo centro. Ma soprattutto il suo significativo apporto è emerso in occasione delle recenti elezioni comunali allorquando, come risulta chiaramente da un’intercettazione ambientale, aveva impedito nella zona di influenza della cosca l’affissione dei manifesti elettorali della candidata capolista del PD al Comune, Antonia Lanucara, perché la cosca Caridi aveva deciso di appoggiare esclusivamente Plutino.