Reggio Calabria. Il nuovo procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, si è insediato stamattina. Alla cerimonia di insediamento, tenuta nell’aula 13 del Tribunale dal collegio presieduto dal presidente del Tribunale Maria Grazia Arena, hanno assistito le massime autorità giudiziarie del distretto giudiziario, e i massimi vertici provinciali delle forze dell’ordine. Ospiti d’eccezione il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Federico Cafiero De Raho, ex procuratore di Reggio Calabria al quale succede Bombardieri, e il procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, che è stato prima aggiunto di Cafiero De Raho e poi procuratore capo di Bombardieri, che a Catanzaro era procuratore aggiunto prima di essere nominato all’unanimità dal Csm al vertice della Procura reggina.
Dopo la immissione nelle funzioni del nuovo procuratore si sono succeduti gli interventi della stessa Arena, del procuratore aggiunto Gaetano Paci, che in qualità di vicario ha retto per sei mesi la Procura dopo la nomina di Cafiero De Raho alla Dna, Luca Palamara del Consiglio superiore della magistratura, il procuratore Federico Cafiero De Raho, il presidente della Corte d’appello Luciano Gerardis, il procuratore generale della Corte d’appello Bernardo Petralia, il prefetto Michele Di Bari, il presidente dell’Ordine degli avvocati Alberto Panuccio.
Dopo avere ringraziato i genitori, i fratelli, gli amici, nonché i colleghi e il personale giunti da Catanzaro, ha preso la parola il nuovo procuratore capo di Reggio Calabria.
«Per me è un grande onore essere qui oggi – ha esordito Bombardieri – ad assumere le funzioni di procuratore della Repubblica, di un ufficio giudiziario così prestigioso. Una procura già diretta da procuratori, e cito solamente l’ultimo in ordine di tempo, Federico Cafiero De Raho, attuale procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, che è qui a testimoniare non solo il legame con questo ufficio, ma la vicinanza del suo al nostro ufficio, a noi che siamo qui a lavorare in quella terra che qualche anno addietro in una conferenza regionale delle autorità di pubblica sicurezza, è stata definito da un ministro dell’Interno dell’epoca, una trincea anti-‘ndrangheta. Perché è evidente che se oggi sentiamo dire da tutti che la ‘ndrangheta è emergenza nazionale-internazionale, che è la forma di criminalità organizzata più pericolosa, più pervicace per la sua capacità di inquinamento della vita economica, della vita sociale, della vita politica, le procure calabresi – Catanzaro e Reggio Calabria – sono quelle che maggiormente hanno bisogno di sentire vicine le istituzioni, hanno bisogno di essere dotate degli strumenti giuridici, e ancor prima materiali, per potere affrontare, non con episodicità, ma con continuità e sistematicità, questo gravissimo fenomeno criminale. Perché è da qui, dal nostro territorio, che si articolano le varie organizzazioni ‘ndranghetiste, che sono ormai operanti in tutta Italia e in tutto il mondo, in Germania come in Australia o in Olanda».
«Ho iniziato la mia carriera professionale – ha ricordato Bombardieri – in questo distretto giudiziario, a Locri, in qualità di gip, quando ancora non erano state istituite le DDA, e poi sono ritornato dopo qualche anno come sostituto, ritornarci oggi in qualità di procuratore capo è per me motivo di grande soddisfazione, ma anche di grande responsabilità. Sono ben consapevole dell’importanza dell’incarico e del gran lavoro che questo incarico richiede. Un lavoro che prosegua quanto avviato dal precedente procuratore, con la massima attenzione ai fenomeni criminali, e non solo quelli di stampo ‘ndranghetista, ma di ogni natura a tutela della collettività intera. Ed è questo che il mio ufficio farà, perseguirà ogni forma di illegalità, da quella ordinaria a quella ‘ndranghetista, prestando attenzione alle vittime per dar loro fiducia nelle istituzioni».
«La squadra Stato non si fermerà – ha assicurato il nuovo procuratore capo – anzi svilupperà ogni ulteriore forma di collaborazione, sempre nel puntuale rispetto delle reciproche competenze fra istituzioni, all’interno come all’esterno della magistratura. Ciascuno farà la sua parte, senza debolezze e senza tentennamenti, in modo da potere essere credibili nel momento in cui chiediamo impegno e la collaborazione della società civile. La lotta alla criminalità organizzata non può essere solo un problema della magistratura e delle forze dell’ordine, è un problema di tutti, è un problema della società civile. Dobbiamo avere la forza di chiedere a tutti di non girarsi dall’altra parte, di stare vicino a chi è vittima e non isolarlo. Ma per fare questo dobbiamo essere tutti, e il mio ufficio per primo, pronti a costituire un esempio di correttezza e di trasparenza. Dobbiamo, e prendo in prestito le parole di un grande giurista, non solo essere ma anche apparire, apparire per quello che siamo: fedeli interpreti della Legge, di una Legge che è uguale per tutti. Ai miei sostituti dirò che il nostro è un lavoro bellissimo ma che richiede grande sacrificio personale, il nostro è un servizio alla collettività, che deve essere svolto con determinazione e sobrietà, e tale, un servizio, deve rimanere, sempre. Non cercando il consenso ad ogni costo ma l’affermazione della legalità e repressione di ogni forma di illegalità, anche quando questa si maschera in una nebbia invisibile. Il mio ufficio costituirà un interlocutore privilegiato di chiunque voglia seriamente impegnarsi nella repressione dei fenomeni criminali, siamo pronti ad ascoltare chiunque voglia seriamente denunciare, chiunque voglia seriamente liberarsi dalla morsa della criminalità, ma nello stesso tempo staremo attenti a mistificatori e millantatori.
La lotta alla ‘ndrangheta, e più in generale la lotta all’illegalità, è una cosa seria, e costa attualmente il sacrificio personale di tanta gente, delle istituzioni e gente comune. Purtroppo ancora oggi assistiamo al tentativo da parte di qualcuno, ma per fortuna non molti, di rovesciare il problema. Il problema non sarebbe più la criminalità organizzata, che uccide, estorce, ci condiziona nel vivere sociale, ma diventa la lotta alla criminalità organizzata, che toglierebbe spazio all’economia, toglierebbe lavoro, inciderebbe sulla vita politica delle comunità. Purtroppo la verità è scritta nelle pagine dei processi da cui emerge veramente l’inquinamento da parte della ‘ndrangheta della vita economica e politica di intere comunità. La ‘ndrangheta ci priva delle nostre libertà, economiche, politiche, persino di movimento, quando non siamo liberi di passeggiare per strada per il timore di rimanere coinvolti accidentalmente in sparatorie, attentati o regolamenti di conti. Questa città in passato ne ha avuto testimonianza, così come nella Locride e così come nella parte tirrenica della provincia. E spesso ciò è avvenuto nell’indifferenza di molti, che hanno ritenuto di essere a posto solo per non avere loro stessi preso parte a condotte delittuose. Non è così, non è più tempo di girarsi dall’altra parte, e per chi vorrà farlo noi ci saremo».
Fabio Papalia