Serra San Bruno (Vibo Valentia). Il Santo Padre, Papa Benedetto XVI viene in Calabria e, come il suo predecessore Giovanni Paolo II, visita la Certosa di Serra San Bruno. E’ una visita molto breve durante la quale il Pontefice reciterà la liturgia dei Vespri insieme ai monaci che poi saluterà all’interno del refettorio. Un incontro che molto probabilmente nei desideri di Papa Benedetto si sarebbe dovuto prolungare più a lungo, in modo da immergersi nella realtà contemplativa dei Certosini, ordine fondato dal suo connazionale Brunone da Colonia. Questo straordinario momento dona l’occasione di parlare dell’ordine Certosino, del Suo fondatore, San Bruno e della Certosa di Serra San Bruno che, insieme a quella di Farneta, ospita in Italia i monaci certosini.
San Bruno è tedesco, nasce, infatti, intorno all’anno 1030 a Colonia in Germania, era canonico a Colonia prima di trasferirsi a Reims per studiare teologia, divenendo, in seguito, il Rettore di quella scuola. A Reims è nominato Cancelliere ed entra in contrasto con il Vescovo Manasse che, con il suo comportamento, si dimostra un pastore indegno e dedito, tra l’altro alla pratica della simonia. Bruno subisce la persecuzione di Manasse che tenta di farlo uccidere. E’ in questo periodo che con maggiore forza matura in Bruno una vocazione particolare: dedicarsi interamente a Dio nella preghiera, nel silenzio, nella meditazione, nella solitudine. Dopo un breve soggiorno in un romitoraggio a Sèche-Fontaine, Bruno fissa la sua dimora, insieme a sei compagni in località Certosa, un luogo accidentato e solitario del Delfinato. In questo frangente il Santo è aiutato da Ugo, Vescovo di Grenoble che ha avuto in visione sette stelle che indirizzavano sette pellegrini verso l’area su cui sorgerà la Certosa. E’ l’anno 1084 e nasce la prima Certosa. Il Santo vive la sua esperienza eremitica per circa sei anni circa; nel 1090 Urbano II, già suo discepolo a Reims, lo chiama a Roma per averlo accanto a se. Sono i disegni della Provvidenza che portano Bruno in Calabria. Costretto a lasciare Roma a causa delle lotte con l’imperatore Enrico IV e l’antipapa Clemente III, il Papa si rifugia nell’Italia Meridionale sotto la protezione dei Normanni. Bruno così conoscerà il Conte Ruggero d’Altavilla. Il Santo avverte disagio per quel tipo di vita, è forte in Lui il bisogno di dedicarsi alla preghiera, di vivere nel silenzio a colloquio costante con il Signore. Viene nominato Arcivescovo di Reggio Calabria, ma non accetta la dignità vescovile e si ritira sull’altopiano serrese in località Torre dove Ruggero gli offre un vasto appezzamento di terreno. Si sistema a Santa Maria nel bosco dove oggi sorge il laghetto e la Chiesa di Santa Maria. La presenza della Certosa richiama alcuni contadini del circondario che lavorano i campi e si insediano una certa distanza dai luoghi dove vivevano i Certosini. Nasce così il primo nucleo abitativo che diventerà poi il paese di Serra San Bruno. Nasce così l’ininterrotto filo diretto tra la Certosa ed il paese di Serra San Bruno. Il Santo vive in quei luoghi, in preghiera, la sua vita eremitica, per circa un decennio, sino alla morte avvenuta la mattina del 6 ottobre 1101; nel giugno precedente era morto il Conte Ruggero. Dopo la morte del Santo i Certosini dimorarono a Serra sino all’anno 1193, prima di essere sostituiti dai Cistercensi e dai Commendatari. Intorno al 1500 furono trovate le ossa di Bruno che Leone X canonizzò nel 1514; nello stesso anno il Papa fece ritornare i Certosini a Serra ed iniziarono i lavori di costruzione della Certosa, di cui si possono oggi ammirare i ruderi, con l’impiego anche di insigni artisti di scuola fiamminga e, secondo alcuni, anche di seguaci del Palladio. L’artigianato locale era fiorente e grande è stato il suo contributo nella costruzione della Certosa ricca di molte opere d’arte. La Comunità certosina vivrà un periodo ricco e fecondo sotto ogni aspetto sino al 1783. Il 6 febbraio di quell’anno un violento terremoto sconvolse la Calabria mietendo circa 40.000 vittime e nessun edificio della Certosa rimase illeso. Tra i ruderi di quel terremoto la facciata della chiesa, le arcate del chiostro e la fontana; sulla facciata due grossi blocchi che in quell’occasione si sono spostati fissandosi nella posizione che hanno ancora oggi. Qualche anno dopo Napoleone confiscò i beni ecclesiastici ed anche nel Regno di Napoli, sotto Gioacchino Murat, i monasteri furono chiusi ed i Certosini furono costretti ancora una volta a lasciare i luoghi del Fondatore nonostante fosse viva in loro la volontà di ricostruzione del monastero. La Certosa subì una spoliazione dei suoi capolavori artistici, una parte di essi può essere ammirata nelle splendide chiese del paese in cui sono custoditi. I Certosini ritorneranno a Serra nel 1856 a seguito di un rescritto di Re Ferdinando; ha inizio la ricostruzione dell’attuale Certosa con il concorso dell’artigianato locale. I lavori si concluderanno con la consacrazione della Chiesa avvenuta il 13 novembre 1900. Ancora oggi ad oltre 900 anni di distanza i figli spirituali di Bruno vivono la loro esperienza religiosa fondata sui quattro cardini originari: Vivono una vita di preghiera in silenzio, solitudine e penitenza.
Preghiera: La giornata del Certosino è un’interrotta preghiera in ascolto continuo, un colloquio con Dio che si manifesta nella recita degli Uffici, nella meditazione,nella Celebrazione Eucaristica, nella lettura spirituale. La giornata del Certosino è scandita dal ritmo delle ore liturgiche (Mattutino, Lodi, Ore minori, Vespri e Compieta).
Silenzio e solitudine: I Certosini trascorrono la loro giornata in silenzio e solitudine.E’ l’unico ordine monastico a non fare vita cenobitica, cioè a non vivere in Comunità.
Anche nell’Ordine Certosino esiste la differenza tra Padri e Fratelli; i Padri sono sacerdoti consacrati, i Fratelli invece non hanno ricevuto l’ordine sacro.Questo differente status ecclesiale consente loro di vivere in maniera diversa la solitudine ed il silenzio. I Padri vivono all’interno del chiostro ciascuno in una cella alternando alle ore di preghiera quelle dedicate allo studio; i Fratelli alternano la preghiera al lavoro che è necessario all’interno della Certosa, hanno quindi una maggiore possibilità di movimento fuori dal chiostro. Vivere in silenzio per poter meglio dedicarsi al colloquio con Dio, per meglio predisporsi alla meditazione e porsi all’ascolto della Parola. La solitudine giornaliera è interrotta solo per tre momenti di preghiera comunitaria: la Messa Conventuale mattutina,la recita del Vespro, il canto notturno di Mattutino e Lodi. I Certosini interrompono il loro riposo notturno intorno alle 23 e, dopo una breve meditazione in cella, si riuniscono in Cappella per il canto di Mattutino e Lodi per circa due ore. Poi tornano a riposare sino alle sei del mattino. Facilmente intuibile l’entità del sacrificio, specie nelle fredde notti invernali. Al di fuori di queste occasioni di preghiera il Certosino vive in solitudine l’intero resto della giornata, compreso il momento del pranzo
Penitenza: Una vita vissuta sistematicamente e quotidianamente come detto prima dà certamente l’idea dell’austerità della vita certosina, cui si aggiungono altre forme di privazioni quali, per esempio, l’assoluta assenza in Certosa di strumenti audiovisivi e musicali (in Cappella la Comunità canta senza l’ausilio di organo).La vita di penitenza si attua anche nel mangiare. Il Certosino consuma i pasti in silenzio all’interno della sua cella: non mangia carne né derivati dalla carne; due soli pasti al giorno che dai primi di ottobre e sino a Pasqua si riducono ad uno, eliminando anche i latticini. Tutti i venerdì e nei giorni di vigilia delle feste si cibano con pane ed acqua. A questo regime il singolo Certosino è libero di aggiungere altre privazioni.
La rigidità della solitudine beneficia di piccole deroghe la domenica e nelle solennità della Chiesa. In questi giorni la Comunità si riunisce, oltre che per i momenti di preghiera, anche in altre circostanze:
– a pranzo in comune nel refettorio; in silenzio la Comunità consuma il cibo in un clima di agape fraterna e trova modo di nutrire anche lo spirito ascoltando letture spirituali che vengono proclamate dall’ambone;
-nella sala capitolare la Comunità si riunisce poi per pregare, ascoltare il Priore, riconoscere le proprie inosservanze alle Regole.
-nel colloquio domenicale comunitario. La Comunità si ritrova per una breve ricreazione durante la quale si interrompe la regola del silenzio ed i Padri possono dialogare tra di loro.
Infine la solitudine trova una deroga nella passeggiata settimanale per circa quattro ore nei boschi circostanti.
All’interno del Chiostro, all’ombra della Croce, trova spazio un piccolo Cimitero : tante fosse allineate nella nuda terra. Sulla tomba non ci sono nomi, fiori, ceri, fotografie. Nulla di tutto ciò che è effimero, sulla tomba campeggia solo la Croce, simbolo della nostra salvezza. Lo snodo centrale della vita certosina è rappresentato dalla Chiesa, in cui la Comunità si riunisce per pregare. Le celle sono allineate intorno al Chiostro. Al piano terreno di ogni singola cella vi sono un giardinetto che il Padre coltiva secondo le proprie attitudini, la legnaia ed un portico lungo il quale il Padre passeggia in preghiera e meditazione. Al piano di sopra sono presenti un’anticamera con l’immagine della Madonna: davanti a Maria il Padre si ferma in preghiera entrando o uscendo dalla cella. Nella cella il Certosino dispone del minimo indispensabile: un giaciglio per riposare, un tavolo per lo studio ed il pranzo e l’inginocchiatoio su cui il Padre trascorre buona parte della sua giornata in preghiera.
E’ questa la Certosa che Benedetto XVI si accinge a visitare: un luogo di preghiera dove alcuni uomini trascinati da una speciale vocazione vivono, seguendo l’esempio del fondatore San Bruno, in contemplazione e nel silenzio. La loro preghiera non è fine a se stessa o personale, pregano per il mondo che è fuori, per noi tutti che nel quotidiano viviamo disturbati da molti rumori che creano una barriera tra noi e Dio, rumori non materiali, ma certo più disorientanti: carrierismo, edonismo, egoismo, materialismo, ateismo, che non ci consentono di entrare in sintonia con Dio che ci parla. Nel silenzio della sua cella il Certosino è un novello Mosè. Mosè, che fuori dalla battaglia pregava per il suo popolo in guerra. Quando Mosè stava in preghiera con le mani alzate per gli Ebrei era un trionfo che si trasformava in disfatta quando Mosè cessava di pregare. Moderni Mosè, davanti a Dio con le mani alzate, pregano e vivono perché l’umanità vinca la sua battaglia sul male e venga il regno di Dio tra gli uomini. E’ questa la meravigliosa realtà che Benedetto XVI incontra domani, domenica 9 ottobre.
Nicola Martino