Reggio Calabria. Nella prossima settimana dieci famiglie rom residenti a Ciccarello sono state invitate a scegliere un alloggio ad Arghillà nord nel comparto 2 e insieme a queste famiglie tanti altri nuclei di assegnatari e quindi di famiglie con reddito basso, sono stati convocati per fare la stessa scelta ad Arghillà nord. Continua in questo modo il processo di emarginazione sociale, avviato venti anni fa, che ha portato a concentrare ad Arghillà nord un gran numero di famiglie povere attuando in questo modo un vero ghetto urbano, costituito, oggi, da circa 600 famiglie. Concentrare in uno stesso luogo un elevato numero di famiglie a reddito molto basso, com’ è accaduto ad Arghillà nord, significa costituire un ghetto ossia un luogo dell’emarginazione sociale, un quartiere dove non vengono garantiti i livelli essenziali di inclusione sociale. Per i sociologi che hanno studiato questo fenomeno un quartiere diventa un ghetto quando più del 50% dei residenti si trova in uno stato di povertà e quindi si determina una condizione di concentramento di nuclei svantaggiati. Questo concetto, sviluppato dalla Scienza sociale e oggi accettato dalla comunità scientifica, spesso non è accettato dai politici, perché nega la validità del modello delle case popolari costruite per quartieri. Modello che vede concentrati i cittadini poveri nei quartieri popolari e che si è sviluppato negli ultimi 60 anni in tutta Italia generando una serie di ghetti urbani. E’ questo il modello della zonizzazione sociale che prevede la separazione della popolazione per ceto sociale: i più poveri in un quartiere, il ceto medio in altri quartieri e i ricchi in altri ancora. Eppure nella nostra città le richieste dei cittadini rom hanno spinto la politica a cominciare a riconoscere ed accettare, anche se parzialmente, un modello opposto, quello dell’equa dislocazione di famiglie povere sul territorio comunale e quindi un modello che prevede non la separazione dei cittadini ma che tutti i cittadini ( ricchi, ceto medio, poveri, poverissimi, appartenenti a culture diverse, migranti, italiani, ecc.) possano abitare assieme indipendentemente dalla loro condizione sociale e dalla loro appartenenza etnica. E’ questo il modello del mix etnico-sociale sul quale si fondava lo statuto di ogni città. Il Consiglio comunale a Reggio, a più riprese, a partire dall’agosto 1999, aveva deciso che il modello per l’inserimento abitativo dei cittadini rom dovesse essere quello dell’equa dislocazione sul territorio e l’operazione battezzata rom delocation e avviata nel 2003 doveva andare in questa direzione. Una parte delle famiglie rom del ghetto del “208” sono state dislocate equamente, ma parallelamente è stata realizzata un’azione di grande concentramento ad Arghillà nord che ha portato ad aumentare le famiglie rom dalle 54 del 2006 alle 110 di oggi. Purtroppo questa operazione di ghettizzazione delle famiglie rom ad Arghillà, e non solo delle famiglie rom, sta continuando tuttora nonostante gli impegni assunti dal Consiglio Comunale. Questa grave situazione sociale che riguarda Arghillà nord deve, a nostro parere, essere affrontata anche attraverso il Piano strutturale urbano nella fase appena avviata delle consultazioni. E’ fondamentale che il moderno strumento urbanistico (PSU) superi il modello della zonizzazione sociale in modo da liberare gradualmente la città dalla ghettizzazione urbana realizzata ad Arghillà ed al Cep di Archi. Chiediamo, inoltre, al Sindaco Arena e all’Amministrazione comunale di fermare questa operazione di ghettizzazione che riguarda altre 10 famiglie rom impegnandosi concretamente nel riavviare l’azione di delocalizzazione per questi nuclei, oggi residenti nel quartiere di Ciccarello.
Antonio Giacomo Marino – Presidente Opera Nomadi