Roma. Giuseppe Falcomatà l’ha detto anche al ministro Matteo Salvini: «Non è il momento delle divisioni. L’obiettivo impone serietà, responsabilità, compattezza, amore verso il Paese e, per quel che ci riguarda, per la comunità reggina». Così, nel viaggio romano per proporre una soluzione alla crisi dettata dalla pronuncia della Corte costituzionale, il primo cittadino ha interessato direttamente il titolare degli Interni nel governo gialloverde. «La responsabilità che rischiate di assumervi – ha detto Falcomatà a Salvini nei corridoi del Viminale – è quella di affossare la totalità delle città del Sud».
Un rischio più che concreto se si considera che 97 Comuni dei 100 impegnati a risanare i conti attraverso il Piano trentennale, sono proprio inchiodati nel Meridione. Napoli, Messina, Reggio Calabria solo per citare i più grandi. Ma la costellazione degli enti a rischio dissesto è sterminata per colpa, spesso e volentieri è la tesi degli attuali amministratori, di quelli passati. Basti pensare come Falcomatà si sia trovato a dover gestire un buco di bilancio milionario mostruosamente consolidato negli anni che l’hanno preceduto e che i commissari prefettizi, insediatisi dopo lo scioglimento per contiguità mafiosa, hanno cercato di arginare attraverso un piano di riequilibrio che, ogni anno per dieci anni, avrebbe riportato nel caveau dello Stato 11 milioni di euro. Troppi. Il sindaco si è così giocato la carta del piano in trent’anni, seguito a ruota dagli altri enti predissestati, riuscendo a far ridurre la rata a 2,7 milioni annui.
Tuttavia, Falcomatà, si trova adesso a dover affrontare il pericolo di un “default imposto” dalla pronuncia della Consulta che, di fatto, deflagra nella polveriera delle casse di Palazzo San Giorgio andando ad agitare l’ombra del dissesto dopo l’onta già subita, nel 2012, quale primo capoluogo d’Italia sciolto per mafia.
Dunque, il momento è delicato. Un eventuale crack economico non avrebbe effetti sui cittadini (visto che già pagano le aliquote fiscali massime proprio in virtù del risanamento del debito), ma sul tessuto produttivo chiamato a confrontarsi con un “commissario liquidatore” impegnato sui debiti pregressi. Da qui il richiamo del sindaco all’unità, alla necessità di svestire i panni del tifoso ed indossare l’unica maglia che, soprattutto in momenti delicati come questi, va vestita: la maglia amaranto di Reggio e dei reggini.
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