Reggio Calabria. In ben 17 anni di latitanza, da qualche parte si sarà pure nascosto, ma di certo il suo covo non era quella casa di Terreti nella quale è stato catturato dagli agenti della Squadra Mobile. A più di un mese dalla sua cattura, resta un mistero quale fosse il vero covo di Giovanni Tegano, 71enne boss della omonima cosca alleata a quella De Stefano, inserito nell’elenco dei 30 latitanti più pericolosi stilata dal Ministero dell’Interno.
L’abitazione posta al piano terra del civico 11 in località “Batìa” della frazione di Terreti è stato l’ultimo posto in cui il latitante ha goduto della libertà, ma non era il suo covo. In quella casa, infatti, non è stato rinvenuto nessun indumento, nessuna valigia, nessun “necessaire” che potesse far supporre agli investigatori guidati da Renato Cortese che quello fosse il suo rifugio. A rafforzare questa tesi, oltre alla mancanza di elementi oggettivi, anche la considerazione che un boss del suo calibro non avrebbe commesso l’imprudenza di eleggere come rifugio l’abitazione di persone già “attenzionate” dalle forze dell’ordine, sarebbe stato troppo rischioso, come dire, venite a prendermi.
Ma se non si nascondeva lì, allora dove? È a questa domanda che gli uomini della Squadra mobile stanno tentando di dare una risposta. Non sfugge alla loro valutazione, ad esempio, che la sera della cattura il latitante non fu visto arrivare presso l’abitazione. Due persone furono notate giungere in sella ad uno scooter, ma non Tegano, il quale forse vi era giunto a piedi, magari proveniente dal vero nascondiglio, che in tal caso probabilmente non doveva essere troppo lontano. Un altro elemento è al vaglio degli investigatori, un incendio sviluppatosi in un’abitazione a Terreti, che le indagini dovranno accertare se solo per coincidenza o no, si è verificato nel breve lasso di tempo successivo alla cattura del latitante. Un fuoco “purificatore” che ha lasciato ben poche tracce del materiale custodito all’interno. Reperti che, ad ogni buon conto, sono stati affidati agli specialisti della Polizia Scientifica per le opportune analisi.
Fabio Papalia