Locri. Marvanza Reggae Sound uguale impegno sociale, un’equazione ormai sempre vincente per la musica nostrana, che vede spesso il gruppo di Monasterace impegnato in eventi benefici. Lo sarà anche il concerto con il quale giorno 8 luglio alle ore 10:30 intratterranno i detenuti della casa circondariale di Locri, per un progetto iniziato lo scorso anno e che ha riscosso numerosi consensi tra l’opinione pubblica. La presenza dei Marvanza Reggae Sound è stata fortemente voluta dall’assessore alla pubblica istruzione del comune di Caulonia, Francesco Cagliuso, che ha invitato il gruppo a partecipare all’evento; e dall’assessore alle politiche sociali della provincia di Reggio Calabria Attilio Tucci. «Quella dei concerti in carcere – ha spiegato Tucci – è un’attività avviata lo scorso anno che consente a gruppi locali e non di portare un po’ di serenità ai detenuti e per far sentir loro il collegamento con il mondo esterno, che non li ha comunque abbandonati. Per i gruppi locali, inoltre, è un modo per far sentire la loro presenza, dando loro l’opportunità di mettersi in evidenza e di farlo in modo nobile, considerando che questi concerti sono assolutamente gratuiti». Insieme ai Marvanza due artisti d’eccezione, Peppe Voltarelli, cantautore e attore cosentino; e Marco Calliari, artista canadese di origini italiane, in Calabria per alcune date insieme a Voltarelli. Una collaborazione preannunciata, visto che in occasione del concerto del Primo Maggio in Piazza San Giovanni a Roma – durante il quale si sono esibiti sia i Marvanza Reggae Sound sia Peppe Voltarelli – l’artista cosentino aveva manifestato l’intenzione di avviare una collaborazione con il gruppo reggae. L’occasione si è presentata dopo appena due mesi, quando Domenico Panetta, produttore artistico dei MRS, ha invitato Voltarelli e Calliari a varcare la soglia della casa circondariale di Locri, per rendere ancora più forte e significativo il messaggio da portare a tutti i detenuti che assisteranno a quello che si preannuncia uno show senza precedenti. Un gesto d’altruismo, dunque, da parte di questi musicisti che mettono la loro arte al servizio della società, regalando le loro note e le loro parole a chi ne ha bisogno. Una presenza che serve anche a rimarcare il già riconosciuto impegno sociale dei MRS, che trasmette messaggi di fratellanza e rispetto con un reggae pacifista e rivoluzionario al tempo stesso, che si propone il difficile scopo di rendere cosciente chi ascolta dei problemi quotidiani della nostra terra. Con i loro pezzi i Marvanza mirano ad una vera e propria rivoluzione sociale, oltre che musicale, puntando a costruire un nuovo tipo di cultura che muova le coscienze e cambi la realtà, soffocando, finalmente, tutti gli stereotipi che caratterizzano la nostra terra. Nei loro testi, sempre briosi ma anche riflessivi e mai banali, raccontano storie quotidiane con un’ironia che coinvolge inevitabilmente tutti coloro che assistono al loro spettacolo ma che lascia anche spazio alla rabbia nei confronti dei responsabili del malessere sociale. «L’ironia – spiegano i quattro Marvanza – è il modo con cui parliamo alla gente di argomenti che sono, invece, serissimi. È un modo per farci comprendere, divertire e per trasmettere, contemporaneamente, il nostro appello sociale». In un paese in cui è più facile fare musica tradizionale che innovare, come lo è la Calabria, questo gruppo di giovani ha tenuto duro nel momento in cui nessuno ci credeva: i numeri, i risultati ottenuti e l’attenzione a loro dedicata confermano il loro status di gruppo calabrese originale, un gruppo che mostra una faccia della Calabria più attuale e che sa essere migliore, dimostrandosi d’esempio per tutti i giovani di questa terra spesso rassegnati al degrado sociale. Il tutto con un genere che rompe le abitudini dei calabresi, proponendo un nuovo modo di parlare delle proprie radici: il loro reggae, infatti, non è un genere estraneo a questa terra ma un modo di fare musica che comunque parla delle loro origini e di temi che interessano da vicino i calabresi. Nelle loro canzoni emerge fortissima la voglia di cambiare il mondo, un mondo in cui le ingiustizie sociali e la repressione sembrano negare il rispetto per la persona in quanto tale. E lo fanno con il dialetto del loro paese d’origine, Monasterace, che mixano all’italiano diluendolo nelle note della Dance Hall e del Reggae Muffin, impreziositi da momenti strumentali Dub. Tutto questo nelle mani di quattro artisti eclettici: Ivan Lentini, frontman e voce del gruppo, che scocca frecce contro i colpevoli del malessere sociale e disegna, al contempo, le soluzioni per rendere il mondo un posto migliore; Marco Lentini, voce e jolly del gruppo, che con la sua energia inietta qualche nota di trasgressività negli spettacoli della band; Claudio Chiera, basso e autore di alcuni dei testi, che con le note calde del suo strumento rievoca la lontana Giamaica, disegnando le difficili dinamiche di sopravvivenza di questa terra; e infine Mafalda Gara, voce e sax, che con la sua bravura costituisce il tocco in più della band e con la sua bellezza completa questo quadro disarmante per la sua semplicità e per la sua capacità di fotografare il tempo presente in tutte le sue sfumature. La loro presenza nel carcere di Locri significherà, dunque, l’abbattimento di una nuova barriera, quella che spesso divide e allontana il mondo esterno da coloro che, per motivi diversi, hanno commesso errori nella loro vita.
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