di Enrico Costa *
L’essere da quasi un anno responsabile allo stesso tempo dei tre livelli di formazione universitaria nel campo dell’urbanistica (laurea triennale, laurea magistrale e dottorato di ricerca) mi induce a porre particolare attenzione, nell’elaborazione e definizione dei progetti formativi relativi alla figura dell’Urbanista, nei confronti delle tematiche giuridiche. E cerco di farlo, come va fatto, muovendomi in una dimensione prospettica a trecentosessanta gradi, dal diritto amministrativo al penale.
Ce ne siamo occupati nel recente confronto con il giudice antimafia Nicola Gratteri sul tema “Urbanistica e Legalità”. Ce ne vogliamo occupare partendo dalla Relazione (a cura del Coordinatore Angelo “Nuccio” Barillà, o “Relazione Barillà”) della Commissione Speciale d’indagine sulle Unità Operative (Lavori Pubblici, Urbanistica, Manutenzione) del Comune di Reggio Calabria. Così come vogliamo seguire la delicata attività della SUA, la Stazione unica appaltante, utilissimo strumento – argine di legalità – per allontanare gli appetiti del malaffare, e sicuramente ce ne occuperemo ancora destinando lo spazio formativo al tema della legalità nel curriculum dello studente in urbanistica.
E troveremo il modo di occuparcene malgrado i cosiddetti “programmi ministeriali”, sempre indietro rispetto ai bisogni reali ed alle domande che emergono da una società in rapido movimento e cambiamento, per non dire distratti, non ne facciano cenno.
Lo faremo, come lo stiamo facendo, considerando l’Università una casa di vetro, che per questo comunica con la società – e per quanto mi riguarda non da oggi – la quale deve sapere che ci occupiamo dei suoi bisogni, e che ci deve poter finalmente dire se si riconosce o no in quello che, come Università, facciamo.
Il diritto amministrativo, nella fattispecie del diritto urbanistico e della tutela dell’ambiente, al contrario della materia del penale della quale ci siamo occupati in modo sporadico, fa invece parte integrante fin dalle origini del percorso di studi dell’urbanista ed ha un valore talmente significativo da essere disciplina obbligatoria all’Esame di Stato per l’Abilitazione all’esercizio professionale del Pianificatore territoriale. Non c’è formazione, e non c’è professione in urbanistica senza il diritto urbanistico.
Urbanistica e diritto urbanistico sono discipline entrambe molto mutate, e l’evoluzione che entrambe hanno raggiunto richiede momenti di riflessione comune, tanto più quando si sta rifondando una delle offerte formative, l’Urbanistica, seconda nel tempo solo ad Architettura, che è stata fondante per la nostra Università reggina. Ed è per questo che in un importante Seminario del dottorato di ricerca abbiamo voluto ascoltare, affidandole una relazione introduttiva, la Prof. Vincenza Caracciolo La Grotteria della nostra Facoltà di Giurisprudenza.
L’ha affiancata la Prof. Maria Ferrara, da anni nostra docente, che ha disegnato in modo sintetico ed efficace un quadro organico del diritto urbanistico, fornendo un’informazione esauriente ed un orientamento sistematico sulle regole di una materia che sovrintende la pianificazione e l’utilizzazione del territorio e ne condiziona le attività socio-economiche sia per i programmi che per i piani e la loro attuazione. Una ricostruzione complessa, perché la legislazione è assai vasta, le norme non sempre sono chiare e ben coordinate tra loro e gli istituti si moltiplicano e mutano.
La Prof. Caracciolo ha voluto inquadrare i nuovi profili del diritto urbanistico e della tutela dell’ambiente in un quadro disciplinare di grande vastità ed interesse i cui aspetti innovativi non possono oggi prescindere dalla tutela dell’ambiente.
Declinare l’utilizzo economico del territorio con le istanze urbanistiche è la sfida con la quale il diritto urbanistico si deve confrontare per dare certezze giuridiche nei processi di trasformazione contemporanei sempre più attenti a costruire condizioni ambientalmente sostenibili. E la questione di fondo è riuscire a strutturare un quadro in cui abbiano voce i vari portatori di interessi soggettivi senza al tempo stesso appesantire il quadro, anzi mirando alla semplificazione burocratica ed amministrativa.
L’ampiezza e l’interesse dell’inquadramento disciplinare disegnato da Enza Caracciolo ha ricompreso i nuovi profili del diritto urbanistico e della tutela dell’ambiente, i cui aspetti innovativi non possono oggi prescindere dalla tutela dell’ambiente “che pervade ormai numerose materie quali, fra le tante, il diritto alla salute, l’urbanistica, l’edilizia, l’ingegneria delle telecomunicazioni e dell’ambiente (si pensi ad esempio al travagliato e dibattuto problema dell’impatto delle onde elettromagnetiche)”.
L’esigenza di codificare degli strumenti giuridici che assicurino la tutela dell’ambiente è nata in seno alla Comunità europea che, attraverso numerose direttive, ha imposto l’introduzione, negli Stati membri, di una disciplina giuridica dell’ambiente. Ed è in questo quadro che “Uno degli aspetti più problematici concerne il rapporto tra semplificazione ed ambiente.
A partire dagli anni ’90 è stato avviato, nell’ordinamento nazionale, un’importante stagione di semplificazioni normative e procedimentali nel campo del diritto amministrativo, finalizzate a rendere l’azione della pubblica amministrazione più snella e rapida in modo da consentirle di raggiungere, in maniera efficace ed efficiente, gli obbiettivi di pubblico interesse che le sono propri. Da qui l’introduzione di tutta una serie di istituti di semplificazione quali la conferenza di servizi, gli accordi di programma e con i privati, gli atti di assenso nonché di strumenti partecipativi atti a consentire a tutti i soggetti interessati di partecipare all’iter procedurale”.
Di tutto ciò lo studente in Urbanistica, e naturalmente il professionista nell’Urbanistica, deve essere pienamente consapevole.
Secondo Enza Caracciolo “Il processo di semplificazione ha coinvolto solo in minima parte le questioni relative alla materia ambientale, considerata la notevole complessità dei procedimenti ambientali, dovuta in parte alla natura strettamente tecnica della materia e in parte alla complessità funzionale e organizzativa propria della disciplina. Tale complessità funzionale e organizzativa porta alla necessità di un ampio coordinamento procedurale e decisionale, spesso macchinoso e poco efficiente: si pensi alle conferenze di servizi per l’approvazione dei progetti di costruzione degli impianti di gestione dei rifiuti o ai subprocedimenti per le valutazioni di impatto ambientale, oppure agli sportelli unici per le attività produttive, coinvolgenti anche le autorizzazioni per la tutela dell’ambiente; o, ancora, si pensi ai vari meccanismi di raccordo tra le differenti pianificazioni ambientali e tra queste e le pianificazioni urbanistico-territoriali.
La trasversalità e vastità della materia é tale da coinvolgere fisiologicamente una moltitudine di interessi, pubblici e privati, che possono risultare tra loro in conflitto. Ne deriva un’istruttoria procedimentale complessa caratterizzata dall’intervento di soggetti pubblici e privati interessati o di soggetti esponenziali di interessi diffusi come le associazioni ambientaliste, nonché ricca di contributi di natura tecnica indispensabili all’Amministrazione per decidere, con la conseguenza che le decisioni amministrative in materia di ambiente sono tanto più complicate e meno semplificabili quanto più i loro effetti sono idonei a incidere su un novero esteso di soggetti e di interessi eterogenei”.
Molti sono gli strumenti da mettere in campo, e tra questi, chiudendo il proprio contributo, la Prof. Vincenza Caracciolo La Grotteria ha segnalato “Un interessate strumento di semplificazione è costituito dall’autorizzazione integrata ambientale introdotta nel nostro ordinamento con il decreto legislativo n. 372 del 1999 e in seguito, con il decreto legislativo n. 59 del 2005. Tale atto autorizzatorio è un provvedimento a contenuto fortemente prescrittivo e conformativo, il quale, tra l’altro, deve fissare, sulla base delle “migliori tecniche disponibili” valori limite di emissione sostituendo ogni altra autorizzazione, visto, nulla osta o parere in materia ambientale previsti dalle disposizioni di legge e dalle relative norme di attuazione, fatte salve le disposizioni riguardanti i rischi di incidenti rilevanti, di cui al decreto legislativo n. 334 del 1999, e le speciali autorizzazioni ad emettere gas a effetto serra, di cui al decreto legislativo n. 216 del 2006. Uno strumento che consente altresì l’applicazione del principio di efficacia dell’azione amministrativa, poiché l’integrazione delle tutele ambientali di settore all’interno di una funzione unitaria consente di tenere conto dell’inquinamento complessivamente prodotto da un impianto e di assicurare pertanto una reale tutela dell’ambiente”.
La qualità della relazione e del dibattito, ci ha reso ancora più convinti dei principi che hanno ispirato la vera e propria rifondazione del vecchio Corso di Laurea in “PTU&A” (Pianificazione Territoriale, Urbanistica ed Ambientale) diventato ormai in “Urbanistica”. E fra questi principi ha sicuramente pesato la convinzione che nella società complessa, e per la complessità dell’ambiente (nel quale vanno ricompresi città, territorio e paesaggio) oggetto di pianificazione, mentre procede il processo di semplificazione il piano urbanistico è sempre più atto amministrativo, così come l’atto amministrativo in urbanistica acquista sempre più una valenza “tecnica”.
È per questo che mentre le due discipline – l’Urbanistica ed il Diritto urbanistico – si avvicinano sempre più, il Diritto urbanistico non è un di più rispetto al piano, che lo ricomprende così come ricomprende le tecniche urbanistiche, e chi progetta deve normare, e chi scrive la norma deve progettare. Ne guadagnerà l’Urbanistica, ne usciranno piani migliori, e per conseguire questi obiettivi il Diritto urbanistico non deve essere avulso dal momento progettuale, ed è per questo che nel nuovo assetto del Corso di Laurea in Urbanistica il Diritto urbanistico è collocato nei Laboratori di progettazione (che com’è noto per tre anni studieranno e progetteranno nell’ambito di “Reggio Città Metropolitana”), a cominciare da quello d’esordio al primo anno.
Da parte sua la Ferrara, che nel nuovo ordinamento dovrà assicurare il sostegno giuridico dei Laboratori, nel suo contributo, dopo essersi soffermata sulla frammentazione della legislazione vigente evidenziando la necessità di una “riforma urbanistica” e di un quadro di competenze più chiaro a livello istituzionale e procedurale, ha fornito numerosi approfondimenti sugli attuali orientamenti giurisprudenziali al fine di focalizzare l’attenzione a situazioni con particolari margini di incertezza considerando le più recenti innovazioni legislative.
Tra queste quelle dovute agli interventi della Corte Costituzionale ovvero le sentenze nn. 348 e 349 del 22.10.2007 con la conseguente modifica dell’indennità di espropriazione ad opera dell’art. 89 L. 244/2007 e legge finanziaria 2008; alla L. 24.12.2007, al decreto legislativo 26.03.2008, n. 63 recante disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 22.01.2004, n. 42, in relazione al paesaggio ed al decreto legislativo 16.01.2008, n. 4 con disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 3.4.2006, n. 152 con oggetto norme in materia ambientale.
Appena entrato all’Università l’allievo urbanista sarà posto di fronte ad una full immersion nei “fondamenti” (e non nei fondamentalismi), il “Laboratorio della Conoscenza di TERRITORIO, CITTÀ, PAESAGGIO ed AMBIENTE, nel quale si integreranno i “Fondamenti di urbanistica” con i “Fondamenti di architettura del paesaggio”, con i “Fondamenti di tecnica e pianificazione urbanistica” e con gli indispensabili “Fondamenti di diritto urbanistico”.
Da questo metodo del dialogo interdisciplinare, e da questa metodologia multidisciplinare, ne usciranno, e lavoreremo per questo, urbanistica ed urbanisti migliori, e se ne avvantaggeranno territorio e qualità della vita.
* presidente Corso di Laurea in Urbanistica
Università Mediterranea