Sono trecentomila gli euro sui quali la Mediterranea quest’anno non potrà contare, a causa del taglio dell’1,06% rispetto al Fondo di Funzionamento Ordinario del 2008, operato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, reso noto nei giorni scorsi. Non sono pochi, è vero ma rispetto a quanto gli allarmismi della vigilia lasciavano presupporre sono una cosa sopportabile. Sotto di noi ci sono una miriade di Università ben più blasonate che perdono milioni, basti pensare alla Sapienza a cui ne verranno tolti più di dodici. Piuttosto che criticare la Mediterranea per il presunto disastro della bocciatura, come sembra alcuni stiano facendo con sospetta alacrità, conviene ragionare sul futuro prossimo degli Atenei del sud e sulla responsabilità che avrebbe dovuto mostrare l’azione del Governo e esimere il Ministro Mariastella Gelmini dal dare alla stampa dati poco comprensibili e, per altro, poco aderenti alla variegata realtà dell’intero sistema universitario italiano. Ma, probabilmente, si tratta di determinazioni maturate con il celato, anzi malcelato, obiettivo di far passare improvvidi tagli quale panacea di tutti i mali di un sistema universitario tutt’altro che alla deriva. In questo contesto, risultano irresponsabili alcune dichiarazioni dei rappresentanti di Governo su “promozioni” e “bocciature” dei vari Atenei solo in riferimento agli indicatori presi in esame, soprattutto se si considera che un importante settore come la ricerca è stato valutato sulla base di dati vecchi (CIVR 2001/2003), sufficientemente superati dall’attività svolta e dai progetti avviati nei successivi sei anni da tutte le Università. Ed appare altrettanto improprio, nella valutazione della didattica, riferirsi, attraverso parametri puramente quantitativi, all’occupabilità dei laureati, pur sapendo che in realtà come il Sud del nostro Paese, la disoccupazione raggiunge cronicamente percentuali di tre volte maggiori che in altre Regioni, facendo pesare come macigni su ogni possibile ipotesi di sviluppo le ataviche carenze infrastrutturali. Ed appare altrettanto improprio attribuire il 40% di un terzo di cinquecentoventicinque milioni alle Università i cui studenti passano dal primo al secondo anno avendo fatto i due terzi degli esami, senza porsi il problema della qualità della valutazione dell’apprendimento. Queste non sono considerazioni soggettive, ma basate su dati veri più volte portati all’attenzione del Ministero da quei Rettori che in questi mesi hanno dato vita alla Rete degli Atenei del Sud, per dare maggiore concretezza all’impegno delle Università nello sviluppo socio-economico dei propri territori, nella consapevolezza che una valutazione “leggera” di alcuni parametri, avrebbe portato ad una forte penalizzazione per l’intera area del Mezzogiorno. Va anche detto che l’opera del Ministro pecca in trasparenza ed equità, laddove rende noti solo ex post gli indicatori (ed il relativo peso) sui quali si è operata la valutazione, tralasciando di far conoscere i dati presi in esame per i vari ranking. C’è poi da chiedersi, nel dibattito aperto dalla pubblicazione delle classifiche degli Atenei, a chi giovino i continui attacchi portati, sulla stampa locale, alla Mediterranea in un momento in cui servirebbero maggiore coesione e condivisione. Occorre che la comunità scientifica e gli enti di riferimento facciano quadrato attorno alla “propria” Università per sostenerla di fronte alle ostilità esterne, non già a quelle interne. Nel delicato momento che si sta attraversando, si percepiscono pericolosi squilibri nell’intero sistema universitario italiano, prospettandosi il rischio che vengano emarginate realtà come quelle del Sud, che svolgono un delicatissimo ruolo oltre che nella formazione, nel processo di crescita civile e culturale dei giovani. Le università del Mezzogiorno non chiedono assistenzialismo, ma di essere valutate secondo parametri che tengano conto delle situazioni oggettive con le quali quotidianamente sono costrette a fare i conti. Ben lontani dall’idea di alzare le mani in segno di disfatta, occorre riconoscere che l’immagine di molti Atenei offerta dalla stampa in questi giorni è lontanissima dalla realtà. E tradisce di fatto la fiducia accordata dai giovani che hanno deciso di rimanere nella propria regione per studiare e dai tanti docenti di elevata professionalità che hanno scelto di continuare l’impegno didattico al loro fianco, per un’università che possa concretamente contribuire allo sviluppo del territorio. Anche la Conferenza dei Rettori, per parte sua, dovrà farsi carico di sollecitare al Ministro Gelmini alcune puntualizzazioni in merito a classifiche e “bocciature”, affinché si possa pensare di avviare un serio discorso su meriti e demeriti, al Nord come al Sud. I tagli operati rischiano, purtroppo, di rendere solo teorico il principio di eguaglianza sostanziale posto a cardine dello Stato sociale, svuotando di fatto anche il diritto allo studio riconosciuto dalla nostra Costituzione.
Dott. Antonio Romeo
Capo Ufficio Stampa