Reggio Calabria. La cultura del servizio, nell’ambito di un rapporto paritario e responsabile con il cittadino, e quella dell’organizzazione. Sono i due principi cardine che devono ispirare, superate ormai abbondantemente le soglie del III millennio, l’agire di chi rappresenta la Pubblica Amministrazione, compresi quanti lo fanno indossando la divisa della Polizia di Stato. È questa la conclusione della “lezione” tenuta questa mattina dalla docente universitaria Adriana Laudanio, che nell’ambito del seminario “Nella società, per crescere” voluto dal Questore Santi Gioffré, nell’aula “Nicola Calipari” ha incontrato il personale della Questura.
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Laudanio, docente presso l’Università di Catania, nonché consulente per tantissimi Enti pubblici, tra i quali la Regione Sardegna, è riuscita a catturare per oltre due ore l’attenzione dell’uditorio grazie alle sue straordinarie doti professionali, che le consentono di tramutare l’insegnamento di una materia molto tecnica quale il diritto amministrativo in un appassionante racconto. Lontana anni luce dal formalismo e dal linguaggio “giuridichese” di molti suoi colleghi universitari, quella di Laudanio sembra quasi una rappresentazione teatrale di norme e concetti astratti, che grazie a un sapiente mix di esempi concreti e abili battute umoristiche le permette di trasmettere con più efficacia il suo sapere.
Tema dell’incontro, appunto, la Pubblica amministrazione e i rapporti con il cittadino. Un rapporto cambiato radicalmente a partire dal 1990, con la legge 241 sulla trasparenza degli atti amministrativi. Su quella norma, però, a distanza di 15 anni sono intervenute le modifiche della legge 15 del 2005, che secondo la docente ha cambiato la “curvatura” di quel rapporto. Non più una legge rivolta essenzialmente all’amministrazione, ma rivolta in primo luogo a garantire ai cittadini nuovi diritti nel rapporto con l’amministrazione. Oggi, i cittadini che entrano in contatto con l’amministrazione sono più “forti” e più “tutelati” di un tempo, ad essi però vengono attribuite anche nuove responsabilità. Da rapporto diseguale, sbilanciato sul potere dello Stato, oggi quello con l’amministrazione diventa sempre più un rapporto tendenzialmente paritario.
Se a distanza di 19 anni dalla legge 241 si interviene ancora legislativamente su tali argomenti, però, ciò significa che non basta una legge per cambiare la cultura dei cittadini e di chi opera nell’amministrazione. «Il cambiamento culturale – spiega Laudanio – non lo fa la legge, ma le persone in carne e ossa». Anche i polziotti, dunque, sono chiamati sia individualmente che in quanto appartenenti all’amministrazione pubblica a non ostacolare il processo di cambiamento, ma al contrario a favorire un maggiore rapporto paritario e responsabile con il cittadino. Solo così entrambi i soggetti, Amministrazione Pubblica e cittadini, potranno godere di un maggior grado di civiltà. Laudanio cita lo scrittore Erri De Luca, autore de “il contrario di uno” per illustrare il concetto: «Due non è il doppio di uno, uno è solidutine, isolamento, marginalità, due è l’esatto opposto, è il contrario di uno».
Il Questore Santi Giuffré ha sottolineato la capacità del poliziotto di sdoppiare la propria cultura in un momento repressivo ed uno solidale. «Il poliziotto e l’impiegato civile è tenuto a dialogare con il cittadino perbene, il nostro stesso status di organizzazione civile e non militare è una peculiarità che le altre forze di polizia non hanno. La nostra formazione civile, che pulsa nei nostri cuori, deve spronarci ad agire con una qualità professionale maggiore nella consapevolezza di essere al servizio del cittadino perbene, che quando entra in questo Palazzo dev’essere trattato con i guanti». «Il cittadino perbene – ha concluso Laudanio – non deve avere bisogno di avvocati, siete voi il suo difensore».
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