Questa settimana, con “Messina metropoli portuale” del Prof. Rosario Pavia, si parla dell’altra Città Metropolitana affacciata sullo Stretto. Le stimolanti riflessioni di Rosario Pavia, Ordinario di Urbanistica presso la Facoltà di Architettura di Pescara e già Associato presso la Facoltà di Architettura di Reggio Calabria, vanno chiaramente nella direzione della tanto auspicata “Metropoli dello Stretto”.
(E.C.)
Messina metropoli portuale
di Rosario Pavia
In un recente convegno Predrag Matvejevic, l’autore di “Breviario del Mediterraneo”, si chiedeva se Trieste fosse una città di mare o una città sul mare. Questa stessa domanda possiamo porcela anche per Messina. Fino a che punto Messina è una città di mare e in che modo, oggi, Messina realizza il suo essere una città sul mare?
Indubbiamente il porto fa di Messina una città di mare, il porto è in crescita: non solo i tradizionali traghetti, ma cabotaggio, autostrade del mare, crociere, turismo nautico, cantieri navali… Esiste un’economia marittima, portuale, esiste un indotto; tuttavia è proprio il porto a produrre un distacco, non solo fisico, ma culturale tra la città e il mare. Città e porto sono oggi corpi separati. Messina è sempre meno una città sul mare.
La separazione tra la città e il suo porto è recente, si attua nella seconda metà del ’900. Non era così nel passato. Fino al terremoto del 1908 il porto antico faceva tutt’uno con la città.
La morfologia della città s’integrava alla forma del porto naturale. La città s’apriva sul porto come un teatro. Le immagini di Messina tra il ’600 e tutto l’800 sono dominate da questo stretto legame tra città e ambito portuale. Mentre oggi non possiamo riconoscere a Messina un vero “waterfront”, perché proprio a Messina nei primi decenni del ’600 si realizza il primo waterfront moderno. La palazzata, voluta dal Viceré Emanuele Filiberto sul tracciato delle mura, avvolge l’intero bacino portuale. Da subito, non a caso, viene chiamata anche “teatro marittimo”. La palazzata da forma al rapporto città porto: è la prima organizzazione moderna del waterfront.
La palazzata, che rimane ancora oggi un modello di grande rilievo, viene distrutta dal terremoto del 1783 e nuovamente ricostruita. Dopo il terremoto del 1908, Giuseppe Samonà tenterà ancora, nel corso del 1930, di dare al waterfront una struttura unitaria e continua. Sarà l’ultimo tentativo di legare la città al porto.
La città e il porto diventano sempre di più corpi estranei. Dall’unificazione del Paese la pianificazione dell’ambito portuale compete allo Stato ed è autonoma rispetto a quella urbanistica. La divisione di ruoli e di competenze tra l’amministrazione centrale e quella locale è forse una delle ragioni del progressivo distacco della città dal porto e dal mare. Come è noto, la competenza dello Stato sulle aree portuali è stata ridefinita solo recentemente con la L. 84/94. La pianificazione nei porti di rilevanza internazionale e nazionale compete alle Autorità portuali. Nonostante la L. 84/94 preveda una maggiore integrazione tra piano urbanistico e piano portuale, mediante l’istituto dell’“Intesa”tra Comune e Autorità portuale, la separazione rimane.
Rimane anche qui a Messina dove è stato adottato un nuovo Piano regolatore portuale. Un piano per molti versi avanzato, che ha adottato “Le linee guida per la redazione dei piani portuali”del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, ma che non ha risolto il tema di una più organica relazione tra città e porto.
Oggi Messina non si rivolge più al mare. Il suo lungomare non ha la forza di un waterfront, non è un affaccio sullo Stretto, non è il luogo del passeggio, dell’incontro, non è una centralità urbana. A Reggio Calabria, sul lato opposto, il nuovo lungomare ha invece riconnesso la città al mare. Anche a Messina, occorrerà fare del lungomare e del porto un’area strategica per la riorganizzazione della città.
Il piano strategico intende restituire a Messina il fronte mare. Il waterfront è una grande risorsa non solo culturale e identitaria, ma economica e immobiliare. Messina deve tornare ad essere una città sul mare. Vedremo poi quali possano essere le iniziative in questa direzione.
Vediamo ora fino a che punto Messina è una città di mare. Il porto è certamente importante, ma il suo ruolo è relativamente modesto. Negli ultimi anni Il traffico portuale, nel suo insieme,è di circa 10 milioni di passeggeri, 300.000 crocieristi, 7-8 milioni di tonnellate di merci in transito, collegamenti con Salerno e Civitavecchia, 15 milioni di merci liquide. L’importanza del porto sta nel traffico passeggeri, è legato alla sua localizzazione nello Stretto e in prossimità delle isole Eolie. Il dato nuovo è il traffico crocieristico e le linee delle Autostrade del Mare. Il traffico commerciale è modesto, prevalgono le merci liquide, è del tutto assente il traffico container. Messina è un porto di medie dimensioni, con una vocazione marcatamente rivolta al traffico passeggeri e al turismo nautico. Il suo sviluppo dipenderà dal ruolo che la portualità siciliana potrà svolgere nello scenario Mediterraneo.
Da almeno 15 anni il Mediterraneo è per l’Italia una realtà economica di grande rilievo. Il Mediterraneo è tornato ad essere uno spazio geografico centrale per il trasporto marittimo, il cui sviluppo è in continuo sviluppo. Nonostante l’attuale flessione dovuta alla crisi economica finanziaria del mercato globale il traffico marittimo nel Mediterraneo continuerà a crescere. Si stima che il settore container passerà da 37 milioni di TEU ad oltre 50 milioni intorno al 2015.
I porti italiani come Gioia Tauro, Taranto, Cagliari, Genova sono stati a lungo competitivi sul piano internazionale, ora non più. La Spagna ha rafforzato i porti di Algeciras e di Valenza, crescono i porti egiziani, del Marocco, di Israele. I porti del North Range sono in ripresa. Un porto come Rotterdam movimenta oggi oltre 10 milioni di TEU. Nello scenario Mediterraneo la Sicilia non gioca ancora un ruolo di vera piattaforma logistica. Non ci sono i numeri non ci sono le infrastrutture. Sommando le merci movimentate da tutti i porti sedi di Autorità portuale in Sicilia raggiungiamo a circa 70 milioni di tonnellate, di cui oltre 50 milioni sono merci liquide. I contenitori vengono movimentati solo a Catania e Palermo e ammontano a circa 500.000 TEU.
In Italia vengono movimentati circa 9 miliardi TEU, di cui 3 milioni a Gioia Tauro e 1,7 milioni a Genova. Nonostante la sua centralità geografica la Sicilia non è una piattaforma logistica per l’Italia e l’Europa. Manca un vero grande porto “hub” (solo recentemente s è iniziato a parlare di Pozzallo e di Augusta). Mancano le interconnessioni ferroviarie e autostradali, mancano veri servizi di logistica. In ultimo, ma solo in ultimo, manca il ponte. Lo sviluppo futuro del Porto di Messina resta al momento legato al traffico passeggeri, alle crociere, al turismo nautico, alle autostrade del mare. Non è poco. E’sufficiente per fare del porto una centralità urbana e territoriale, non solo per Messina ma per tutta l’area dello Stretto.
Messina area metropolitana portuale dello Stretto questo sembra essere lo scenario più verosimile. Per far questo occorre realizzare un nuovo rapporto tra città e ambito portuale.
Il traffico commerciale dovrebbe essere concentrato tra Tremestieri e Milazzo. La “falce” va resa fruibile, le aree militari bonificate e definitivamente sdemanializzate, le aree cantieristiche riorganizzate e riqualificate urbanisticamente e architettonicamente. La “falce” va resa accessibile con una galleria carrabile sotterranea sotto la stazione ferroviaria.
Il fronte mare va recuperato alla città. La stazione marittima è uno straordinario monumento di Angiolo Mazzoni, può divenire una cerniera per un percorso pedonale dal lungomare alle aree della fortezza. Il lungomare va riqualificato, riorganizzato in modo da competere per attrattività con quello di Reggio Calabria. Sullo Stretto il tema del waterfront non può che essere duplice. Lo stretto è come un fiume, le rive si fronteggiano il waterfront è necessariamente doppio.
Intervenire sul waterfront a Messina come negli altri grandi porti italiani non è facile. In Italia, a differenza di altri paesi del Nord Europeo, i porti operativi sono nel cuore della città. Altrove c’è stata la delocalizzazione del porto operativo, in Italia no.
La riqualificazione da waterfront in Europa è legata al decentramento delle attività portuali commerciali e industriali. In Italia il tema del Waterfront coincide con il problema della coesistenza, nello stesso spazio, di una città che vuole recuperare il suo rapporto con il mare e di un’area portuale operativa che vuole rendere sempre più autonomo ed efficiente il suo ambito funzionale.
Il waterfront è in Italia un’area di contrapposizione e di conflitto. L’obiettivo è trovare un punto di equilibrio tra gli interessi dell’Autorità portuale e quelli della città. Il caso di Napoli è da questo punto di vista esemplare, per gestire il concorso internazionale per la riqualificazione del waterfront monumentale è stata costituita una società pubblica, “Nausicaa”, con la partecipazione del Comune,della Provincia, della Regione e dell’Autorità portuale
Il waterfront è ovunque, nel mondo, un’area strategica per la città, un’area attrattiva con attrezzature per il tempo libero, la cultura, la direzionalità, la ricettività. I casi di Barcellona, di Valenza, di Stoccolma, sono esemplari. Sul waterfront sono localizzati gli edifici più rappresentativi della città. Pensate al complesso di David Copperfield a Valenza, al progetto di Zaha Hadid a Reggio Calabria e a Cagliari, di Renzo Piano a Genova. Le stazioni marittime diventano luoghi complessi, simbolici, spazi di connessione tra la città e il porto.
A Messina è strategico fare del waterfront e del porto un’area urbana centrale. Occorre una nuova alleanza tra città e Autorità portuale. Il lungomare va completamente ripensato. L’attracco delle navi crociera va risolto funzionalmente e spazialmente. Il lungomare deve tornare ad essere un belvedere sul mare dello Stretto. Alcuni punti fermi di un progetto in questa direzione ci sono: da un lato la Fiera di Messina, dall’altra la Stazione marittima di Angiolo Mazzoni.
Il waterfront ha necessariamente una dimensione urbanistica territoriale. Il waterfront è un grande spazio pubblico. Riqualificazione del lungomare Nord e realizzazione di quello Sud da Tremestieri alla “falcata”con una nuova arteria carrabile lungo la costa. Se volessimo delineare una figura progettuale, dovremmo pensare ad un’area metropolitana incardinata su tre aree portuali Milazzo a Nord, Tremestieri a Sud, con la “falcata”come cerniera.
Il perno spaziale, architettonico e simbolico del sistema è la stazione marittima ferroviaria di Angiolo Mazzoni.
Un piano strategico si proietta verso il futuro. Il futuro di Messina è legato al suo porto, alla sua centralità e alla sua articolazione. Giuseppe Samonà nel suo piano del 1960 ha proposto il modello del “biporto”, legandolo al ponte sullo stretto. L’immagine è suggestiva. Il ponte ha senso solo se la Sicilia diviene una grande piattaforma logistica. L’intuizione di Samonà di articolare diversamente il porto va ripresa. Oggi possiamo parlare di un “triporto”, con il porto di Messina riorganizzato come porto passeggeri, crocieristico e turistico.
Messina è la città dello Stretto. Alcuni hanno definito lo Stretto come lo “stretto indispensabile”, sostenendo la indispensabile separazione tra le due coste. Ma lo Stretto è un’area dialettica e unitaria insieme. Lo stretto rende necessaria l’organicità delle due coste (la sicula e la calabra), la loro coesione e cooperazione. Per questo possiamo parlare di uno Stretto come uno “Stretto necessario”, uno Stretto che avvicina, che congiunge, che diviene sempre più “stretto”.
Lo Stretto richiede un’area metropolitana dello Stretto. Un’area metropolitana che s’apre, uno Stretto le cui estremità sono Catania e Gioia Tauro. In questa prospettiva i porti e i waterfront diventeranno i poli della complessa riorganizzazione delle aree costiere.