Reggio Calabria. Dopo 31 anni arriva la sentenza di primo grado dell’omicidio di Antonio Marino, il brigadiere dei carabinieri ucciso a Bovalino superiore l’8 settembre del 1990. Il gup reggino Tommasina Cotroneo ha assolto per non aver commesso il fatto Francesco Barbaro, 84 anni, Giuseppe Barbaro, 62 anni, e Antonio Papalia, 56 anni, tutti originari di Platì. Per i 3 il pubblico ministero Mario Andrigo aveva richiesto tre condanne a 30 anni di carcere ciascuna ritenendoli quali mandanti del delitto. Assolto anche Giuseppe Barbaro, 55 anni, per il quale lo stesso rappresentate dell’accusa aveva richiesto l’assoluzione. Rimane quindi irrisolto, almeno per il momento, il caso dell’uccisione del sottufficiale dell’Arma avvenuta nel piccolo paesino della locride mentre erano in corso i festeggiamenti per il Santo Patrono.
Marino fu raggiunto da 10 colpi di pistola sparati da un’unica arma – sotto gli occhi della moglie Rosetta Vittoria Dama, allora al terzo mese di gravidanza, e del figlioletto di due anni – mentre si trovava seduto sull’uscio del negozio appartenente ai suoceri. L’uccisione del Carabiniere gettò un’ondata di sdegno e rancore nell’intera comunità. I funerali del brigadiere furono caratterizzato da una grande tensione, i familiari inoltre non accettarono la corona di fiori inviata dall’allora Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, e la rispedirono indietro. Le indagini vennero immediatamente orientate verso l’attività istituzionale svolta dal brigadiere, che al momento dell’omicidio prestava servizio presso la stazione dei Carabinieri di San Ferdinando, dopo aver comandato per quasi tre anni e mezzo quella di Platì. Al processo si arrivò dopo 20 anni.
I tre Barbaro e Papalia furono chiamati in causa dal pentito Antonino Cuzzola che, nel corso della sua collaborazione con il sostituto procuratore distrettuale antimafia Andrigo, li ha accusati dell’omicidio dichiarando che il brigadiere fu ucciso a causa del ruolo che aveva ricoperto ed in particolare nel contrasto alle cosche operanti nel centro aspromontano. Sotto processo finì anche lo stesso collaboratore Cuzzola, accusato di aver avuto un ruolo nell’omicidio di Carmelo Spanò: omicidio quest’ultimo avvenuto nell’agosto del 1987 a Bocale; il gup Cutroneo, accogliendo quanto richiesto dallo stesso pm durante la requisitoria dello scorso 29 novembre, ha derubricato l’imputazione da concorso in omicidio in favoreggiamento. Cuzzola non può però più essere condannato in quanto il reato è caduto in prescrizione.
Non trova spiegazione quindi l’uccisione del Brigadiere Marino. Il punto interrogativo su questa vicenda si fa sempre più grande; le parti civili, ossia i congiunti della vittima, non hanno trovato ancora giustizia.
Angela Panzera