Reggio Calabria. Vi piace il western? Ci auguriamo di sì, ma vi consiglieremmo questo film anche se la vostra risposta fosse negativa. Perché Il Grinta (True Grit), di Joel ed Ethan Coen, va molto oltre i confini del genere. Anzi, a volte rinnega i suoi capisaldi: la giovane Mattie, quattordicenne, è alla ricerca dell’assassino del padre, il temibile Tom Chaney, ma non per vendicarsi, bensì per assicurarlo alla giustizia. Vien meno quindi nel selvaggio Arkansas la legge del taglione, tipica della filmografia western, e questa giovane, interpretata da Hailee Steinfeld, diventata donna fin troppo presto, si mette alla ricerca di un cacciatore di taglie che le permetta di portare in tribunale l’assassino di suo padre. Ne trova ben due. Lo sceriffo Rooster Cogburn (Jeff Bridges), vecchio, alcolizzato e dalla dubbia morale, ma pur sempre un duro – infatti soprannominato “Il Grinta” – e il giovane ranger La Boeuf, interpretato da Brad Pitt. I due non vogliono la ragazza tra i piedi, il West non è roba da donne, ma da uomini duri sprezzanti del pericolo, ma Mattie si impone e comincia così il suo viaggio di formazione in questo mondo spietato e pericoloso. Mattie diventerà ancor di più una vera donna, o forse dobbiamo dire un vero uomo: dovrà combattere, picchiare, sparare. Quello dei due fratelli del Minnesota è un film sull’abbandono, sulla separazione, sulla giustizia, supportato da reminiscenze bibliche, ne è un esempio l’incipit del film: “I malvagi fuggono quando nessuno li insegue”. Un remake difficile, che doveva fare i conti con il film originale di Henry Hathaway del ’69, in cui il protagonista era un mostro sacro del genere, John Wayne e che si è avvalso soprattutto dell’ispirazione dal romanzo di Charles Portis, da cui entrambi i film sono tratti. Come se la caverà Il Grinta, il vecchio sceriffo, in questa avventura? I Coen non avevano detto qualche film fa che questo «Non è un paese per vecchi»? Mattie troverà l’assassino di suo padre? Sarà fatta giustizia nel vecchio, anzi nuovo West? Il Grinta vi aspetta al cinema.
Raffaele Putortì