Reggio Calabria. “Siamo partiti, come gruppo consiliare regionale, da una segnalazione riguardante un’ingiustizia economica patita dai familiari delle vittime sul lavoro; oggi, grazie alla associazione Anmil, ci troviamo ad affrontare globalmente i problemi di una categoria che abbiamo voluto definire, provocatoriamente, dimenticata”. E’ quanto dichiara nel corso dell’incontro con i giornalisti il consigliere regionale dell’Italia dei Valori, Giuseppe Giordano, primo firmatario dell’interrogazione posta in Consiglio. “La voglia di abbracciare come partito una tematica così dolorosa mi ha portato a documentarmi sui drammi nascosti e silenziosi di migliaia di famiglie, che trovano spazio sui giornali in piccoli trafiletti. Testimonianza di come sembra quasi che si debba accettare l’ineluttabilità di una organizzazione del lavoro, quale quella capitalistica, che mette in primo piano il profitto e tralascia l’aspetto fondamentale della tutela della persona. Sono rimasto impressionato dalla presenza di alcuni siti in rete che aggiornano in tempo reale il numero delle morti e degli infortuni gravi sul lavoro e tormentano la nostra coscienza attraverso un elenco di persone ridotte a merce silenziosa. Dall’inizio dell’anno al 14 marzo per infortuni sui luoghi di lavoro ci sono stati 117 morti, 222 se si aggiungono le persone decedute lungo il tragitto tra l’abitazione ed il luogo di lavoro, mentre gli infortuni gravi registrati dall’inizio dell’anno dall’Osservatorio sono già oltre 110. Anche i recenti dati dell’INAIL non ci devono ingannare in quanto, se è vero che vi è stata una flessione del 6,9% (980 morti) dei morti sul lavoro nell’anno 2010 , scomponendo i dati, la realtà appare meno rosea, perché a diminuire sono state le vittime sulle strade andando o tornando dal lavoro, mentre i decessi sui luoghi di lavoro hanno visto un aumento del 6,8%. A ciò si aggiunga che l’Inail non conteggia nei suoi dati le vittime sul lavoro che non pagano i contributi Inail cioè, ad esempio, i pensionati del comparto agricolo ed i militari delle forze dell’ordine. Infine si tenga conto anche di altri fattori, come gli aumenti della cassa integrazione e della disoccupazione che hanno inciso nella riduzione. Sono cifre, queste, di una guerra combattuta giorno per giorno da gente costretta a lavorare per pochi soldi, senza difese e senza tutele. Sia ben chiaro, i morti sui luoghi di lavoro non sono incidenti, dipendono, come ci ricorda qualche autore, dall’avidità di chi rifiuta di rispettare le norma sulla sicurezza e dal disprezzo per la vita, la vita degli operai, martiri dei nostri tempi, nel senso letterale del termine, testimoni della degenerazione di un sistema che ha elevato il denaro a valore assoluto, senza badare ai nomi e alle storie, al sangue e alla carne, al sudore e alla fatica, di chi viene sacrificato ogni giorno sull’altare del dio profitto. In questo contesto il governo nazionale non dà certamente una mano per invertire la rotta e, anzi, alcune scelte, come l’eliminazione della responsabilità in solido dell’appaltatore con il subappaltatore o la cancellazione dell’obbligo di comunicazione all’INPS prima dell’inizio del lavoro, vanno in direzione opposta. Si assiste ad uno smantellamento graduale del testo unico sulla sicurezza sul lavoro, con un ministro come Tremonti che si è permesso di affermare che la sicurezza sul lavoro è un lusso che non possiamo più permetterci. All’interno dei dati emerge un dato preoccupante: tra le regioni con il maggiore incremento di vittime c’è la Calabria con un + 95%. L’incidenza dei casi di morte sul lavoro in Calabria, a fronte del numero di occupati nel periodo gennaio novembre 2010, è pari al 37,5%. La percentuale calabrese di infortuni mortali sul lavoro è di oltre 12 punti superiore al dato medio nazionale che è del 25,2%: 18 morti sul lavoro nel 2010 rispetto ai 10 del 2009. Questo dato regionale ci deve spingere a riflettere sulla necessità di agire contestualmente sul fronte dell’attività di controllo e vigilanza e, dall’altra parte, stimolare una campagna di prevenzione e alfabetizzazione culturale in tema di sicurezza sul lavoro, coinvolgendo le imprese, alle quali bisognerà riconoscere anche incentivi economici. Mi permetto, a questo punto, di aprire una finestra sulla recente proposta di legge della Giunta regionale, presentata in data 10 febbraio 2011 e assegnata alla III commissione di cui faccio parte e recante “Disposizioni dirette alla tutela della sicurezza e alla qualità del lavoro, al contrasto e all’emersione del lavoro non regolare”. E’ indubbio che qualsiasi normativa sul tema debba essere salutata positivamente, ma non possiamo nasconderci che ancora una volta sul tema della sicurezza la Giunta regionale non abbia proposto un intervento coerente ed esaustivo, benché l’assessore Stillittani si sia abbandonato ad autocelebrazioni. Una prima lettura fa rilevare come la proposta di legge regionale si limiti a recepire norme già operative e previste dalla legislazione statale, individuando degli aspetti sul tema del coordinamento degli organismi di vigilanza, ma omettendo, quasi del tutto, l’aspetto della prevenzione e dell’incentivazione alla sicurezza. Si ha l’impressione di una maggiore attenzione, condivisibile, agli aspetti concernenti l’emersione del lavoro irregolare, ma, di pari passo, non si accompagnano proposte forti in tema di sicurezza sui luoghi di lavoro. Eppure basterebbe, sul punto, fare tesoro degli interventi messi in capo da altre regioni, le quali prevedono, ad esempio, che gli appalti regionali e degli enti sub regionali non vengano aggiudicati al massimo ribasso, ma adottando preferenzialmente il criterio dell’offerta più vantaggiosa dal punto di vista economico, premiando quelle ditte che progettano la sicurezza e che formulano proposte migliorative con l’obiettivo di ridurre o eliminare i rischi presenti nelle fasi più critiche del processo lavorativo, soprattutto quando ci si trova in presenza di subappalti e subcontratti. Nella sostanza, proprio per rafforzare l’aspetto della prevenzione, si prevede di premiare quelle imprese che in sede di gara si impegnino ad attuare livelli ulteriori rispetto a quanto previsto dalle disposizioni vigenti in materia di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, anche attraverso la sottoscrizione da parte della Regione di accordi con gli istituti di credito, consorzi fidi e con le associazioni di rappresentanza delle imprese, finalizzati ad agevolare l’accesso al credito per le imprese che realizzano interventi volti a garantire livelli ulteriori di sicurezza (legge Emilia Romagna). Può prevedersi, inoltre, l’obbligo per la Regione di costituirsi parte civile nei processi in tema di infortuni sul lavoro. Su queste basi cercheremo come gruppo consiliare di apportare delle modifiche migliorative alla proposta legislativa della Giunta regionale. Gli interventi successivi daranno un quadro delle realtà provinciali della nostra regione, sentiremo alcune problematiche riguardati le difficoltà quotidiane a cui sono costretti i familiari delle vittime sul lavoro in tema di esenzione del ticket sanitario e le esenzioni sul trasporto pubblico regionale e per le quali affiancheremo, come partito, l’Anmil, ma mi preme sottolineare l’impegno del gruppo consiliare su una tematica di grande rilevanza per la categoria e da noi denunciata attraverso una interrogazione, la n° 63 del 19/11/2010,ovvero sulla mancata emanazione del regolamento sugli interventi a favore dei lavoratori deceduti sui luoghi di lavoro e dei loro familiari. Ricordiamo tutti con quanto favore fu salutata l’emanazione della legge regionale 26 febbraio 2010 n° 11 che aveva introdotto un sostegno economico a favore dei familiari di lavoratrici e lavoratori deceduti o gravemente invalidi a causa di incidenti sui luoghi di lavoro. La legge ha previsto l’istituzione di un fondo regionale di solidarietà ma l’erogazione dei contributi, purtroppo, è bloccata per la mancata emanazione di un regolamento che definisca le modalità per la presentazione delle domande di contributo e per la relativa istruttoria . Il termine per l’emanazione del regolamento è stato abbondantemente superato e la Giunta regionale è rimasta ferma nel predisporre il suddetto regolamento e nel non rispondere alla nostra interrogazione. La conferenza di oggi vuole anche rappresentare una denuncia delle carenze regionali ed il disinteresse dell’assessorato competente rispetto ad una tematica così importante; basterebbero, se ci fosse la necessaria volontà politica, solo alcuni giorni per predisporre e approvare il regolamento che permetterebbe di sbloccare i fondi previsti in bilancio e che rischiano di non essere impegnati. Ci auguriamo, pertanto, che questo momento di denuncia possa rappresentare uno stimolo per l’autorità regionale chiarendo, sin da ora che, in assenza di risposte in tempi rapidi, saremo disposti, come partito, ad intraprendere insieme all’Anmil forme di protesta e di lotta più dure”. All’incontro con i giornalisti hanno partecipato, oltre a Giordano, il collega di gruppo Domenico Talarico ed rappresentanti dell’Anmil, l’associazione dei mutilati e invalidi sul lavoro. “Non si tratta di fare polemiche – ha continuato Giordano – quanto piuttosto contribuire ad accelerare i tempi per dare corso ad una precisa volontà dell’assemblea legislativa che ha voluto essere vicina ai familiari dei tanti calabresi caduti sul lavoro”. La legge n. 11 del febbraio 2010, infatti, “pur avendo copertura finanziaria, peraltro insufficiente – ha detto Talarico – rappresenta un paradosso per l’evidente impossibilità di dare aiuto a chi ne ha tanto bisogno. E’ nostra intenzione, comunque, allargare gli orizzonti su queste tematiche, sulle ‘morti bianche’, che scompigliano la vita di interi nuclei familiari e che si ritrovano all’improvviso senza alcun sostentamento Sono i giovani a perdere spesso la vita sui cantieri edili e nei campi proprio a causa dell’inesperienza o dell’imperizia. Ecco perchè, oltre all’aiuto diretto alle famiglie, è necessario invertire completamente la tendenza rilanciando la formazione professionale, soprattutto in quei settori di attività spesso infiltrati dalla mafia e dov’è forte il ricorso al lavoro nero”. Sono intervenuti, per affrontare globalmente i problemi di una categoria dimenticata, Francesco Montesanto della Direzione ANMIL , Vincenzo Berardi, presidente regionale ANMIL e, a seguire, Enzo Fonte, presidente provinciale ANMIL Reggio Calabria, Guido Milani, presidente provinciale ANMIL Crotone, Luigi Cuomo, presidente provinciale ANMIL Catanzaro, La Grotteria vicepresidente Provinciale ANMIL Vibo Valentia, Vito Lorusso, presidente provinciale ANMIL Cosenza.
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