Rende (Cosenza). Con l’inizio dei primi caldi gli studenti dell’Università della Calabria, alle prese con gli impegnativi esami per ciascuna facoltà, necessitano di nutrirsi con frutta e cibi freschi. Ancora oggi, purtroppo, su molte piante di agrumi della regione giacciono arance non raccolte per via di dinamiche di un mercato “strano” che premia più il prodotto industrializzato “senza succo di arancia” che quello italiano a Km zero. La legge – sottolinea Francesco Manzari, direttore provinciale Coldiretti Cosenza – permette difatti che nelle aranciate è possibile mettere molta più acqua che succo e che le bevande al gusto di agrumi possono essere colorate a condizione che esse contengano appena il 12 per cento di succo di agrumi vero. Il risultato – sottolinea Manzari – è che i consumatori pagano l’acqua come fosse succo di arancia. A tal fine lunedì 30 maggio dalle 9.30 Giovani Impresa Coldiretti Cosenza organizza sul Ponte Bucci dell’Università della Calabria, una maxi spremuta con raccolta firme per chiedere una modifica della legge con l’introduzione dell’origine del succo utilizzato nelle aranciate e nei succhi di frutta. L’obiettivo della petizione popolare – conclude Manzari – è di apportare fra l’altro delle modifiche alla Legge N. 286/1961 per aumentare dal 12% al 16% il succo naturale concentrato nelle bibite. La petizione popolare è un’’iniziativa lanciata da Coldiretti – afferma Paolo Sessa, delegato provinciale di Giovani Impresa – per sottolineare come in un litro di aranciata che viene venduto mediamente a 1,30 euro ci sono solo 3 centesimi di arance che peraltro spesso vengono spacciate come Made in Italy anche se provengono dal Brasile o dalla Florida. I giovani di Coldiretti Cosenza – conclude Paolo Sessa – si confronteranno con gli studenti del più grande ateneo calabrese sulle prospettive di un importante settore del comparto agroalimentare calabrese, quello agrumicolo, con l’obiettivo di rilanciare un’azione sindacale che veda i giovani sempre più protagonisti del cambiamento e sempre più protagonisti nel progetto della filiera italiana. Ogni punto percentuale di succo di arancia in più oltre al 12 per cento corrisponde al consumo aggiuntivo di 25 milioni di chili di arance per gli italiani mentre – conclude Sessa – sostituire le arance brasiliane con quelle siciliane significa risparmiare 5,5 chili di petrolio ed evitare l’emissione di 17,2 chili di anidride carbonica per ogni chilo di prodotto. Usare più arance italiane nell’aranciata è anche un contributo concreto al mantenimento dell’attività agricola sul territorio con la possibilità – continua Pietro Tarasi, presidente provinciale Coldiretti Cosenza – di remunerare adeguatamente il prodotto e il lavoro necessario per ottenerlo. Negli ultimi dieci anni sono scomparsi in Italia quasi un terzo degli agrumeti con effetti sul piano economico, paesaggistico e culturale. L’aumento di un solo punto percentuale di succo di arancia contenuto nelle aranciate corrisponde alla produzione di oltre mille ettari di agrumeto e – conclude Tarasi – non avrebbe peraltro effetti sul prezzo finale al consumatore considerato che appena il 2,2 per cento del prezzo finale di vendita delle aranciate serve per remunerare le arance.
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