Catanzaro. Il Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Catanzaro, all’esito di una operazione di servizio in materia di frode ai danni di enti pubblici, ha denunciato 300 soggetti, eseguendo una ordinanza cautelare (arresti domiciliari) emessa dal gip presso il Tribunale di Catanzaro su richiesta della locale Procura della Repubblica nei confronti di Annibale Notaris, 47 anni, imprenditore agricolo di Maida e procedendo, altresì, al sequestro per equivalente di immobili (appartamenti e terreni), macchine agricole, denaro depositato presso istituti di credito e quote societarie per un valore complessivo di 855.649,88 euro. L’indagine – diretta dal procuratore aggiunto della Repubblica di Catanzaro, Giuseppe Borrelli e dal sostituto procuratore Carlo Villani, coordinati dal procuratore della Repubblica, Vincenzo Antonio Lombardo – scaturisce da un’attività di polizia economico-finanziaria avviata d’iniziativa e finalizzata al monitoraggio delle prestazioni a sostegno del reddito erogate a favore della categoria dei lavoratori agricoli, che ha portato alla scoperta ed alla denuncia alla competente autorità giudiziaria, di una particolare frode perpetrata, per diverse annualità, ai danni dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) e dell’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (Inail). L’attenta analisi della notevole massa di documentazione acquisita, delle risultanze dei controlli incrociati effettuati e delle dichiarazioni rese dalle persone ha portato alla luce uno strutturato disegno truffaldino, ideato e realizzato, in concorso tra loro, da due imprenditori agricoli operanti soprattutto nei comprensori di Catanzaro e di Lamezia Terme. In particolare, gli stessi hanno posto in essere un’apparentemente ineccepibile costruzione documentale, finalizzata a simulare una elevata operatività delle loro rispettive aziende agricole, che avrebbero dovuto svolgere un’attività di coltura olivicola così fiorente da rendere necessaria l’assunzione di centinaia di lavoratori agricoli, ai quali, ovviamente, sarebbe spettata la prevista assistenza da parte degli enti previdenziali (Inps e Inail). I militari operanti hanno, invece, accertato e rapportato alla competente autorità giudiziaria sia la fittizietà delle decine di contratti finalizzati a confermare l’operatività delle suddette imprese agricole (verificando, fra l’altro, l’assoluta simulazione dei contratti di fitto degli uliveti e/o di acquisto dei frutti pendenti da parte delle medesime aziende agricole), sia la natura meramente apparente delle centinaia di contratti di lavoro stipulati. I “braccianti”, dal canto loro, a fronte dei rapporti di lavoro fittizi con le citate ditte, di fatto inesistenti, hanno potuto maturare periodi di anzianità contributiva utili ai fini del raggiungimento della soglia minima per conseguire il relativo trattamento pensionistico. Inoltre, una notevole quantità dei medesimi “braccianti”, nello specifico 287 soggetti, ha richiesto – e, in gran parte ottenuto, altrettanto indebitamente – anche le indennità di disoccupazione involontaria, malattia, maternità e infortunio, per un totale di 855.649,88 euro erogati e percepiti e di 247.671,65 euro richiesti, ma non erogati grazie alla scoperta dell’illecita attività. Peraltro, è stata appurata anche una forma di raggiro ai danni degli stessi braccianti virtuali, dai quali gli pseudo-imprenditori, quale corrispettivo per il loro “interessamento” illecito, pretendevano e ottenevano (in contanti, per non lasciare traccia) una congrua parte delle indennità indebitamente percepite, asserendo che le somme di denaro servissero per risarcire i “contributi” versati nelle casse dell’Inps e dell’Inail. in realtà, gli accertamenti hanno dimostrato che i suddetti imprenditori si erano soltanto limitati a “dichiarare” i lavoratori dipendenti, senza versare materialmente alcun contributo che, invece, trattenevano per sé, tenendo all’oscuro di ciò gli ignari “lavoratori”, così accumulando anche un debito contributivo nei confronti dell’Inps di 332.485,38 euro. Gli enti previdenziali hanno, quindi, subito un doppio nocumento: da un lato non hanno ricevuto i “contributi” mentre, dall’altro, hanno versato le indennità previste, ma non spettanti, per la tipologia dei soggetti richiedenti.
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