Cosenza. In vista del rito di Beatificazione di suor Elena Aiello, Fondatrice della Congregazione delle Suore Minime della Passione di Nostro signore Gesù Cristo, che si svolgerà il 14 settembre alle ore 17 presso lo Stadio San Vito di Cosenza, presieduto dal cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei Santi, rappresentate del Papa, il Padre arcivescovo di Cosenza-Bisignano, monsignor Salvatore Nunnari, ha inteso inviare un messaggio all’Arcidiocesi, ai fedeli, ai cosentini, nel quale ha definito Elena Aiello “una carezza di Dio per la nostra terra, la nostra Chiesa” additandola come “modello esemplare di vita che incarna la figura e la santità delle nostre donne calabresi, le tante madri, sorelle e spose”.
Il messaggio integrale dell’arcivescovo Nunnari:
Amati fratelli e sorelle della Chiesa che è in Cosenza-Bisignano, con con il cantico di Maria che “esulta” di gioia perché il Signore ha operato “cose grandi” voglio manifestare l’immensa gioia di vedere una figlia di questa Arcidiocesi salire all’onore degli altari. La gioia si fa gratitudine al Santo Padre Benedetto XVI che ha riconosciuto ed approvato in via definitiva il miracolo che porterà Elena Aiello alla beatificazione. Vi scrivo ad un mese dalla celebrazione del solenne rito che per la prima volta si svolgerà in Calabria, dopo che l’attuale normativa recependo le ragioni teologiche e pastorali ha stabilito che “le beatificazioni saranno celebrate nelle Chiese locali”. “La beatificazione è sempre un atto pontificio, ed essa viene celebrata da un rappresentante del Santo Padre, che di norma è ilPrefetto dellaCongregazione delle Cause dei Santi” (Congregazione delle Cause dei Santi, Comunicazione del 29 settembre 2005). Il rito di beatificazione, che si svolgerà a Cosenza il prossimo 14 settembre, sarà presieduto dal cardinale Prefetto Angelo Amato, ed in attesa di averlo tra noi già esprimiamo la nostra gratitudine suo tramite al nostro amato Pontefice e a Sua Eminenza, il cardinale Prefetto, per la particolare attenzione alla nostra Chiesa. In questo grande segno di comunione ecclesiale ci ritroveremo insieme per magnificare Dio e la sua Santità che si esprime nella bellezza dei suoi figli che hanno risposto all’invito del Padre: “Siate santi, come io il Signore vostro Dio sono santo”(Lv 19,2). Gesù stesso ci ha richiamato a questo cammino di perfezione, “siate dunque perfetti, come perfetto è il Padre vostro che è nei cieli” (Mt 5, 48) e gli Apostoli non hanno mancato di esortare i credenti a vivere “come si conviene ai santi” (Ef 5,3). Il Concilio Vaticano II ci ha ricordato con grande evidenza che “tutti coloro che credono in Cristo di qualsiasi stato o rango sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla pienezza della carità e che tale santità promuove nella stessa società terrena un tenore di vita più umano” (Lumen Gentium, 40). La Chiesa come Madre genera i Santi. Anche la porzione di Chiesa che è in Cosenza-Bisignano ha una sua storia di santità: da San Francesco di Paola a Sant’Ugolino da Cerisano, da Sant’Umile da Bisignano ai beati Nicola da Longobardi ed Angelo d’Acri. Sono state avviate anche alcune inchieste di beatificazione e canonizzazione. Da Gioacchino da Fiore, già nuncupato beato per un eventuale ripristino del suo culto, alle figure sacerdotali di don Gaetano Mauro e Francesco Maria Greco, passando per Elisa Miceli e Teresa De Vincenti, fino al caso di presunto martirio del piccolo fiore di Longobardi, Arcangela Filippelli. C’è poi la santità nascosta di tante madri, di tanti padri, di tanti sacerdoti e religiosi, che nel silenzio esercitano in maniera eroica le virtù cristiane, amano profondamente Cristo e i fratelli, fino ad offrire la loro vita per la Chiesa, le vocazioni, la crescita del Regno di Dio. La Chiesa nel corso del tempo addita alcuni fratelli e sorelle come modelli ed intercessori, che si sono saputi gradualmente conformare all’immagine di Cristo crocifisso, tendendo alla piena comunione con Lui.
LA VITA
Elena Aiello (Montalto Uffugo 10 aprile 1895 – Roma 1961) rientra in questa schiera e la sua figura di staglia come donna, come madre, come consacrata. In Lei emergono con chiarezza i tratti distintivi della calabresità: il coraggio di osare, la tenerezza e la forza, la completa fiducia in Dio. La sua figura nella sua unità va colta nel filone di santità e di valori cristiani di cui questa terra calabra è impregnata. Le sue prime scuole di vita e di fede sono la famiglia e la sua comunità parrocchiale, dove respira costantemente il richiamo alla modestia, all’onestà, alla lealtà e alle virtù cristiane. La preghiera semplice, il rosario, la messa quotidiana ritmano le sue giornate forgiandole il carattere e la spiritualità. Si impegna come catechista ed è in continuo contatto con le suore della Carità del Preziosissimo Sangue e con il suo direttore spirituale, don Gaetano Mauro. La sua fanciullezza viene turbata però dalla morte della madre che la lascia a soli undici anni; la piccola Elena inizia a badare a molte delle faccende domestiche privata del fondamentale riferimento materno in una età molto delicata. A tredici anni, in seguito ad un lungo disturbo alla trachea, fece voto alla Vergine, che venerava sotto il titolo della Madonna di Pompei, di diventare suora, ma per qualche remora del padre e per lo scoppio della Prima Guerra Mondiale rimandò il suo proposito fino al 18 agosto del 1920, quando, sempre più convinta del suo proposito, entrerà presso le Suore della Carità del Preziosissimo Sangue a Nocera dei Pagani (Salerno), accompagnata direttamente dalla Madre Generale della Congregazione, che era stata in visita a Montalto. Prima di entrare in convento, Elena vive a Montalto tutto il dramma e la povertà della guerra, promuove momenti di preghiera e si impegna con altri cittadini durante l’epidemia della ‘spagnola’ per soccorrere i malati e per seppellire i morti con casse di legno realizzate con materiale di fortuna. Elena, però, resterà in convento solo fino al 3 maggio dell’anno successivo. Un brutto incidente, capitatole mentre trasportava una pesante cassa con una consorella, la terrà per alcuni mesi a letto per una grave lussazione ad una spalla per una ferita curata male ed andata in cancrena. Il successivo intervento chirurgico, fatto in una situazione di emergenza peggiora le cose: il medico, involontariamente, amputò alcuni nervi immobilizzandogli la spalla e la bocca; la situazione già drammatica si aggraverà con una persistente febbre che fa sospettare una forma di tubercolosi. La sofferenza sopportata dalla giovane donna con grande forza di volontà e tanta fede, non fermarà la decisione delle suore di rimandare a casa Elena. Tornata a Montalto in uno stato davvero pietoso, viene sottoposta a tutte le cure mediche che si rivelano quasi inutili. La devozione a Santa Rita da Cascia la porterà a chiederle la grazia della guarigione; la santa nel corso di una apparizione di cui lei poi parlerà nei suoi Quaderni Spirituali le darà delle indicazioni precise per promuovere la sua devozione. Nei giorni in cui il simulacro voluto per la chiesa parrocchiale giunge a Montalto, provvisoriamente in casa Aiello per il diniego del parroco, Elena riceve il dono della guarigione. Dal novembre del 1921 iniziano per lei anche altri fenomeni mistici che gradualmente cresceranno nel corso della sua vita, comprese le “visioni private” di Cristo e della Vergine che le chiedono di partecipare liberamente al mistero della Passione per il bene dell’umanità. Dal 2 marzo del 1923, primo venerdì di quaresima, si inizia a verificare anche la sudorazione di sangue e il fenomeno delle stimmate e della coronazione, fino a grandi stati di prostrazione fisica. Questo fenomeno, che le creerà notorietà ma anche tanta sofferenza, l’accompagnerà per tutta la vita. Queste esperienze personali di sofferenza e di dolore saranno alla base della sua spiritualità che troverà nel termine “Passione” uno dei motivi dominanti. E’ il 17 gennaio del 1928 quando Elena, senza dire nulla, di buon mattino, raccolte le poche cose che aveva, lascia Montalto per cercare un primo punto d’appoggio a Cosenza dove fondare la sua opera. Troverà la sua prima casa, in Via Rivocati, su indicazione di S. Teresa di Gesù Bambino che le appare in abiti di carmelitana su una corriera in partenza. Qualche giorno più tardi la raggiungerà la sua amica, Luigina Mazza, con la quale condividerà sogni e progetti apostolici. Il loro primo impegno sarà quello di dedicarsi all’educazione dei figli del popolo, tanto urgente e necessaria. Da subito raccolgono decine di fanciulle, tanto che la prima casa non basta più; casa dopo casa arriveranno in via dei Martiri dove continueranno ad accogliere anche fanciulle orfane. La prima bambina viene mandata proprio dall’arcivescovo Trussoni che seguiva paternamente la piccola opera di carità. La Provvidenza accompagnerà passo dopo passo l’opera di Elena; in alcuni periodi con fatica riusciranno a procurare cibo e vestiario per le ‘orfanelle’ che sempre più numerose doveva accogliere stabilmente nella sua casa. Unite dalla carità e dalla fede in Dio, semplice e concreta ma molto profonda, le due donne pensano di dare una regola alla loro fondazione e già dopo la seconda guerra mondiale. Dopo che altre ragazze si erano unite a loro, vengono avviate le pratiche per l’erezione canonica della Congregazione delle Minime della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo. I poli della sua spiritualità sono l’amore per Cristo sofferente, la condivisione della sua Passione e l’amore per gli ultimi, in particolare per l’infanzia abbandonata. Tutto è pervaso da una profonda passione per Dio e per l’uomo. Ad ispirare i suoi passi saranno “la piccola via” di Teresa di Gesù Bambino alla quale dedicherà la sua prima casa, e il patrono della Calabria, Francesco di Paola, al quale si ispirerà nello stile penitenziale, nell’abito e nella spiritualità. L’Ordine Minimo accompagnerà le consacrate nello loro formazione spirituale, accogliendole quasi come un ramo ‘spirituale’ del francescanesimo minimo in Calabria. Approvata la Congregazione nel 1949, Elena e le sue prime compagne emetteranno i Voti perpetui, ma ci vorrà il 1956 per celebrare il primo Capitolo della Congregazione nel corso del quale Elena verrà eletta prima Madre Generale. Inarrestabile e continua è però l’opera di accoglienza e di carità; tante sono le donne che si uni- scono a Lei, consentendo alla Congregazione di aprire nuove fondazioni in Italia e all’estero. La salute malferma gradualmente la costringerà a letto per la maggior parte della giornata. Ma dalla sua stanza, divenuta luogo di consolazione, spazio di preghiera e di insegnamento per le sue figlie spirituali e per tanti laici cosentini, Elena guida con fermezza l’Istituto. La sua opera di carità e i fenomeni mistici, la fanno diventare un punto di riferimento spirituale nel periodo post bellico per la città di Cosenza e l’intera provincia, fino a farla definire popolarmente ‘a monaca santa’. Agli inizi di giugno del 1961 lasciò Cosenza per ricoverarsi a Roma, dove morì il 19 dello stesso mese. Le sue esequie si svolsero a Cosenza due giorni dopo con grande concorso di popolo, di sacerdoti e di religiosi tanto che viene invocata subito la sua canonizzazione.
UN SEGNO PER LA NOSTRA CHIESA
Elena, già chiamata in vita ‘a Monaca santa da quanti ebbero il dono di conoscerla e di apprezzarne l’opera, è per la nostra Chiesa, per la nostra terra, una carezza di Dio. In mezzo al travaglio e alle ferite, tra tante sofferenza, Dio ci carezza con il dono di questi preziosi fiori che nel giardino della Chiesa spandono il profumo di Cristo. Il suo messaggio di donna “appassionata” di Cristo e della Chiesa, che nei poveri ha saputo cercare ed amare il suo Signore, è di grande attualità. Ella ci indica che la via di Dio è quella che passando per la Croce ci porta ai fratelli, ci fa cercare gli ultimi di ogni epoca, dove il Signore continua ad incarnarsi. “La Croce è stata la misura dell’amore di Gesù per noi” diceva spesso. Solo un cuore contemplativo vede oltre, vede il mysterium crucis come espressione profondo dell’amore di Dio, cogliendone la dimensione più alta della follia d’amore di Gesù per noi. In questa prospettiva Elena coglie anche il valore profondo della sofferenza, “non c’è amore senza sofferenza”. E’ l’amore della madre, della sposa, della vergine consacrata. Un amore oblativo, che si crogiola sulla graticola della Croce. La via da percorrere resta quella “minima”, quella che Gesù nel Vangelo indica come percorso privilegiato per essere di Cristo. Lei ha sposato questa “piccolezza” intrecciando la sua spiritualità e il suo carisma a quello di Francesco di Paola e a quello di Teresa di Gesù Bambino. A noi oggi resta la sua testimonianza, forte, coraggiosa e dolce, che ci indica la strada della santità, ed intercede per noi, mostrandoci che anche la sofferenza che “segna” il corpo della Chiesa è una sofferenza feconda, fino a farci comprendere che “completiamo nella carne ciò che manca ai patimenti di Cristo” (Col 1,24).
LA SANTITÀ ORIENTA LA VITA E LA PASTORALE
La santità è via per l’annuncio del Vangelo. Il beato Giovanni Paolo II, l’attuale pontefice Benedetto XVI, continuano a ricordarci che la vita dei Santi parla eloquentemente la lingua del Vangelo. I santi generano altri santi. Una pastorale che si “appoggia” alla santità, concreta e possibile, si irrobustisce se non cade nella tentazione del devozionalismo. Intere generazioni di cristiani si sono abbeverati alla testimonianza dei martiri e dei santi. Uomini e donne hanno trovato la loro strada guardando ad un modello per imitarne la fede e la virtù. Ancor oggi essi sono per noi “amici, modelli e potenti intercessori” (Messale Romano, Prefazio dei Santi I). Nel Catechismo della Chiesa cattolica ci viene più volte ricordato che “ tutte le attività della Chiesa convergono, come a loro fine, ‘verso la santificazione degli uomini e la glorificazione di Dio in Cristo’” ed è “in essa che per mezzo della grazia di Dio acquistiamo la santità” (CCC 824). Per giungere a questa perfezione dobbiamo impegnare “ tutte le nostre forze, nella misura in cui ci sono state donate da Cristo, per donarci totalmente alla gloria di Dio e al servizio del nostro prossimo”. La via della perfezione passa attraverso la Croce e “non vi è alcuna santità senza rinuncia né senza lotta spirituale”, poiché la crescita spirituale implica l’ascesa e la mortificazione che portano gradualmente a vivere nella pace e nella gioia delle Beatitudini” (Cfr CCC 824-825). La santità è una scelta, e tutte le scelte comportano anche una rinuncia dolorosa; nella ricerca della santità, si rinuncia a se stessi per seguire la vita stessa di Gesù, per seguire Cristo che è la nostra gioia, l’unico che mai delude. Voglio perciò invitare i ragazzi e le ragazze della nostra terra a guardare a lei, al suo coraggio di dire Si a Cristo. La risposta a Cristo richiede alcune rinunce, il Signore è esigente. Rispondete ancora al suo invito a lasciare le reti, gli affetti per seguirlo, così come ha fatto la giovane Elena, in tempi e contesti assai difficili, facendosi affascinare dalle parole del Maestro che mai delude. Ai sacerdoti della nostra Chiesa vorrei ricordare che è nostra priorità pastorale additare ai fedeli la via della santità e delle virtù cristiane esercitate anche eroicamente. Elena Aiello ha voluto bene ai sacerdoti, tanto da accoglierne alcuni in grave difficoltà anche nelle sue case. Facciamo percepire ancora nelle nostre comunità l’alto e misterico dono che Dio ci ha fatto chiamandoci a questo ministero. Ai religiosi e alle religiose chiedo di farci percepire nel loro particolare stato di vita che il nostro destino ultimo è il regno dei cieli. La vita consacrata è segno escatologico di tale prospettiva per ogni battezzato che dal fonte è in cammino verso il Signore che gli viene incontro. Ai fedeli laici l’invito a sognare la santità, a desiderare il Cielo al quale siamo chiamati, custodendo la preziosa eredità spirituale dei nostri santi locali che incarnano la risposta di uomini e donne alla proposta d’amore di Dio. Alle Suore Minime della Passione chiedo di far emergere ancora, come hanno fatto in questi oltre ottant’anni di fondazione, il carisma della loro fondatrice che oggi è tesoro, perla preziosa della nostra Chiesa. Abbiate in voi la medesima forza, lo stesso coraggio, la stessa voglia di andare sempre avanti perché Cristo sia amato e conosciuto. La gratitudine per il vostro feriale e silenzioso servizio alle sue membra ferite e doloranti si fa preghiera affinché da questo momento di Grazia scaturiscano nuovi e santi virgulti nella vostra Congregazione.
Invito tutti sacerdoti, consacrati e laici, a ritrovarci insieme per lodare e benedire il Signore il 14 settembre 2011.
Giorno di Grazia, giorno di glorificazione della Santità che si esprime nei suoi figli. In questo giorno solenne la nostra Chiesa è ancor di più attirata da Cristo, esalta quella Croce con la quale Egli ha redento il mondo, una Croce che è talamo, trono ed altare e svetta stabile mentre il mondo, tante volte distratto o annebbiato, vorticosamente gira. Su di noi lo sguardo tenero di Maria, Nostra Signora del Pilerio, che ci invita costantemente ad andare verso il suo Figlio senza nulla anteporre a Lui, il cui nome è Santo.
S.E. Mons. Salvatore Nunnari
Arcivescovo Metropolita di Cosenza-Bisignano