Bruxelles. Monta a livello internazionale la tensione sul programma nucleare iraniano dopo il rapporto dell’Agenzia nucleare delle Nazioni Unite (Aiea), secondo il quale esistono “evidenze chiare” sui suoi scopi militari e non solo civili. Dal Big Ben rintoccano le campane di guerra: “Nessuna opzione esclusa”, neanche quella militare. “Tutte le opzioni devono restare sul tavolo”, ha detto il ministro degli esteri britannico, William Hague, al suo arrivo al consiglio esteri europeo di Bruxelles. “Noi non lo prevediamo in questo momento. E non facciamo appello a un’opzione militare né la auspichiamo”, ha chiarito ancora Hague. “Ma nessuna opzione va esclusa”, ha ribadito il ministro del Regno Unito. Più morbida la posizione dell’asse Parigi-Berlino, contrarie alla posizione presa oltremanica. “Se l’Iran rifiuta di cooperare con l’Aiea, sono inevitabili sanzioni più severe”, ha detto il ministro degli esteri tedesco, Guido Westerwelle. “Ma noi non partecipiamo alla discussione su un intervento militare. Noi crediamo che queste discussioni siano controproduttive e le rigettiamo”, ha chiarito il ministro tedesco. Analoga posizione espressa dal suo omologo francese, Alain Juppè, secondo cui un intervento militare sarebbe “un rimedio peggiore del male, che ci porterebbe verso una spirale difficilmente gestibile”. Concordi con la posizione di Germania e Francia si sono espressi il ministro degli esteri svedese Carl Bildt e il capo della diplomazia lussemburghese Jean Asselborn. Possibilisti sull’opzione militare, invece, i ministri degli esteri di Olanda e Irlanda.
Molto più pesante la dichiarazione del presidente Usa, Barack Obama, il quale ha detto che “nessuna opzione” è esclusa, precisando però che “la via privilegiata è la diplomazia”. Mentre l’Unione Europea si dice pronta a prendere nuove misure restrittive nei confronti di Teheran, rinviando però la decisione al consiglio esteri del prossimo primo dicembre, la Gran Bretagna è già sulla stessa lunghezza d’onda di Washington, in omaggio al “rapporto speciale” tra le due superpotenze anglofone.
In ogni caso, l’unità d’intenti di Europa e Usa, che sostengono la necessità di imporre nuove sanzioni all’Iran, si scontra con lo scoglio rappresentato dal Cremlino, che ha dalla sua anche Pechino. Russa e Cina infatti scendono a difesa di Iran e Siria, scartando l’ipotesi di nuove sanzioni contro Teheran. Nel bacchettare anche la Lega Araba, per aver sospeso Damasco, la Russia lancia anche un nuovo monito a Washington sul progetto di scudo missilistico in Europa, chiedendo garanzie scritte che non sarà puntato contro la Russia.
Il “niet” russo, in particolare, è espresso per bocca del ministro degli esteri Serghiei Lavrov, sulla via di ritorno dal vertice Apec ad Honolulu, che replica alle dichiarazioni del presidente Usa, il quale aveva appena vantato “un ampio consenso” della comunità internazionale per bloccare il programma nucleare iraniano. “Minacciare sanzioni e attacchi aerei significa solo far allontanare e non avvicinare la possibilità di una soluzione negoziabile” con Teheran, ha spiegato Lavrov. “La situazione iraniana sta seguendo un copione scritto da qualcuno con l’unico obiettivo di sollevare la contrapposizione. Il copione sembra un tentativo di rovesciare il regime”, ha aggiunto. Gli iraniani, ha ricordato il ministro russo, si sono detti pronti ad iniziare i negoziati una settimana fa. “E’ un processo lento, che non può essere completato immediatamente. E’ impossibile ottenere le risposte desiderate da certi Paesi entro l’inizio della campagna elettorale”.
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