Reggio Calabria. Brucia,durante la notte, il centro “Cartella” e, di fronte a questo atto violento e allo stesso tempo intimidatorio non vi possono essere se o ma: la condanna deve necessariamente essere totale e senza alcun distinguo. Ma la temperatura è alta in tutta la città, le forti tensioni economiche, politiche, sociali, si avvertono e si vivono giornalmente sulla nostra pelle o toccano da vicino le nostre famiglie, i nostri amici. In un contesto così esplosivo, tempo addietro, ci siamo permessi di far notare come la città fosse seduta su una polveriera con lo scopo di richiamare tutti i cittadini, ma sopratutto tutta la classe dirigente, a comportamenti consoni al momento storico che stiamo attraversando. Evidentemente non si chiedeva di rinunciare alla politica, ma al contrario, di incominciare a praticarla tutti nel solco di una discussione che mettesse al centro “le cose” e non “le persone”. Basta con i comunicati stampa gaudenti e plaudenti a favore di questo o quel provvedimento, basta con i soliti commenti su questo o quel sondaggio, basta con gli attacchi “ad personam”che molto spesso confondono l’oggetto con il soggetto. Certo, vi sono responsabilità diverse che non si possono e non si devono unificare in un unico calderone , ma non sta a noi trarre le conclusioni, sono i cittadini che devono farlo, sono loro l’ultima istanza verso i quali gli atti politici sono rivolti altrimenti si rischia l’autoreferenzialità. Bruciano anche alcune parole, ma dietro di loro bruciano la loro vita e le loro speranze di tanti nostri concittadini:”bruciano” Gdm, Leonia, Multiservizi, Acquereggine, il Terzo Settore, i precari della scuola e non, bruciano le imprese stritolate fra crediti non incassati e la stretta creditizia, bruciano i nostri figli emigranti per obbligo e non per scelta, bruciano e vacillano le vecchie certezze. Possiamo, alla luce di quanto scritto, farci travolgere dagli eventi e continuare a registrare le criticità che ci circondano come notai diligenti o provare a cambiare la realtà partendo da proposte concrete e partecipate. Se si rinuncia ad occupare gli spazi della politica ,altri li occuperanno e non è detto che i loro metodi si debbano basare su principi democratici. Chi pratica la politica dello scontro non aspetta altro che lo scontro e più tensione sociale si riesce a fomentare e più probabilità vi sono per emergere. Tanto più se si trovano rappresentanti delle istituzioni ben disposti ad aprire le porte.
Gianni Sergi – Socio Fondatore Ethos