Cosenza. L’omofobia entra nel tribunale di Cosenza: seminario di formazione su adozione e affidamento alle famiglie omogenitoriali, triste pretesto per riproporre stereotipi e pregiudizi in merito alla dignità degli amori omoaffettivi. Il titolo del seminario aveva lasciato presagire, tra gli addetti ai lavori, che da anni si occupano di lotta al pregiudizio e alla discriminazione basata sull’orientamento sessuale, un taglio decisamente poco felice. E tale è stato il filo conduttore che è stato adottato per parlare di un tema così delicato, che è quello della possibilità di dare in affidamento o in adozione i bambini alle coppie omosessuali. Eppure la frase che viene riportata nelle aule dei tribunali è proprio quella che sostiene “La legge è uguale per tutti”. Ascoltare che ci sono amori di serie A e amori di serie B, rivolgendosi a questi ultimi come relazioni la cui dignità è paragonabile a quella di due cagnolini, ci indigna. E’ stato più volte ribadito che il concetto di famiglia, in Italia, trae la propria origine dal diritto canonico, come se nel sistema delle fonti del diritto, quest’ultimo assurga al ruolo di fonte. Seppure sia stata richiamata la legislazione comunitaria, nel definire la ratio che ha portato il legislatore, a non utilizzare un concetto stereotipato e cristallizzato di matrimonio, come istituto relativo all’unione tra l’uomo e la donna a fini procreativi, si è detto che ciò è stato fatto in virtù delle diverse casistiche che caratterizzano i vari stati membri dell’Unione. A nostro avviso, ed è stato più volte ribadito da numerose sentenze delle Corti Europee, vige un sacrosanto principio, quello di sussidiarietà, che consente di ricorrere alla norma comunitaria, in caso di lacune nel sistema giuridico dello Stato membro, esattamente come avviene nella fattispecie considerata e come ribadito nel preambolo della Carta di Nizza. Quanta parte di sovranità nazionale si cede all’Europa, quando ai cittadini italiani vengono richiesti sacrifici, soprattutto per essere assoggettati a nuove tasse, con frasi del tipo “E’ l’Europa che ce lo chiede”, senza che poi vi sia una pari contropartita in termini di diritti? La legislazione comunitaria parla in maniera esplicita di rimozione delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e tale pregiudizio deve essere rimosso per dare dignità alla vita delle persone omosessuali, che non può essere completa senza che sia data la dignità del riconoscimento di doveri e diritti derivanti dal matrimonio. Ribadiamo doveri e diritti. E’ paradossale come in questo Paese ci sia un tessuto sociale capace di recepire in termini positivi il concetto dell’estensione dei diritti, in una logica moltiplicativa e non distributiva e parallelamente vi sia una palese lacuna normativa nella regolamentazione di precise fattispecie. Certi non ci aspettiamo che sia il potere giudiziario a colmare questo vuoto, come ben ribadito dai giudici della Corte Costituzionale, che con la nota sentenza di inammissibilità, hanno tuttavia invitato il legislatore nazionale a disciplinare la fattispecie inerente le coppie omosessuali, alle quali la Corte riconoscere dignità giuridica quale formazione sociale tutelata dalla carta costituzionale. Tuttavia bisogna comprendere che, a differenza di quanto asserito durante il seminario, non esistono ostacoli oggettivi che impediscano l’affidamento o l’adozione a coppie omogenitoriali. I criteri che dovrebbero essere adottati per valutare i requisiti di una coppia per l’adozione e l’affidamento sono: la stabilità della coppia, che deve aver costruito un progetto di vita comune, la capacità della coppia di dare tutela e amore ai figli, nonché un dignitoso sostentamento economico, tutto il resto oltrepassa la ragionevolezza e sfocia nel pregiudizio. Si è anche detto che l’affido, che è istituto temporaneo, può essere, in casi particolari, senza ben specificati criteri, essere consentito anche alle coppie omosessuali, ma con la consapevolezza che tale situazione è temporanea e le tali figure non possono considerarsi famiglia a tutti gli effetti. A questo punto ci chiediamo se Aristotele si stia rivoltando nella tomba, per il mancato rispetto del principio di identità e non contraddizione. Ora o una coppia omosessuale è in grado di crescere un figlio anche temporaneamente o si assume che tale situazione crea un danno psichico al bambino. Se temporaneamente ciò è percepito come possibile, non comprendiamo come nel lungo periodo si possa cagionare un danno. Qui abilmente si sono richiamati i ruoli, di padre e mamma, come se i ruoli fossero ascritti e non socialmente costruiti, non siano mutevoli nel tempo e nello spazio. E’ sufficiente ricordare le generazioni dei nostri nonni, per verificare se era mai pensabile che un uomo potesse mettersi ai fornelli, anche in caso di impedimento della moglie. Oggi i ruoli sono flessibili, in virtù di un cambiamento negli stili di vita e di lavoro, a riprova che i ruoli derivano da convenzioni sociali. Vogliamo risparmiare considerazioni in merito alla proposizione di un intervento dove gli omosessuali sono stati stereotipati in un’accezione negativa, da richiamare concetti quali disagio, devianza, malattia, promiscuità, preferiamo stendere un velo pietoso. Non è eticamente corretto riprendere una parte di studi, tra l’altro marginali senza citare fonti autorevoli come il DMS-IV, il manuale diagnostico statistico elaborato dall’organizzazione mondiale della sanità, secondo il quale l’omosessualità è una componente del comportamento umano, o l’APA ( american psychiatric association) che definisce l’omosessualità un orientamento sessuale. Non è stato sufficiente, a nostro avviso, che sia intervenuto il dott. Fabio Grimaldi, presidente della AIPSI, per cercare di aggiustare il taglio per riportare nel rango della verità concetti che sono stati declinati nella maniera più triste e discriminante, con sorrisini di scherno e paragoni poco felici. L’intervento del dott. Federico Cerminara, in qualità di Presidente del Centro di Iniziativa Locale Certi Diritti per la Calabria, nonché componente del Comitato Tecnico Scientifico del Centro di Women’s studies Milly Villa, che ha ascoltato e replicato ampiamente, ha cercato di fare chiarezza rispetto a temi che erano stati riportati in maniera del tutto difforme dalla realtà, con plauso della platea che ha dimostrato di essere molto più avanti rispetto a quanto asserito dagli autorevoli relatori. Pensiamo che, per un esercizio effettivo del principio di pari opportunità, concetto ormai non più riconducibile alla dicotomia del maschile e del femminile, ma inclusivo di tutte le istanze minoritaria, il Tribunale di Cosenza, dovrebbe vigilare sui contenuti e le modalità di realizzazione degli eventi formativi, considerando e bilanciando il diritto alla libera espressione di pensiero con la tutela e la dignità di tutti gli esseri umani e in tutta onestà, questo seminario è risultato lesivo della dignità delle persone omosessuali. Solleviamo un appello a Comitato Pari Opportunità dell’Ordine degli avvocati, affinché vigili in maniera attenta e autorevole, sulla qualità dell’offerta formativa, poiché le parole possono ferire e anche uccidere.
Il nostro Centro d’iniziativa locale dell’Associazione Radicale Certi Diritti e l’Osservatorio sulle politiche di genere e pari opportunità presso la Camera del lavoro della Cgil di Catanzaro, invierà una lettera al Presidente del Tribunale di Cosenza, al Presidente dell’Ordine degli avvocati di Cosenza e al Presidente dell’ordine degli psicologi di Cosenza per ribadire tutti i concetti pocanzi espressi, con il sincero augurio che questo spiacevole e sgradito episodio possa trasformarsi in occasione di dialogo e di iniziativa contro ogni forma di discriminazione e in particolare quelle basate su orientamento sessuale e identità di genere.
Marco Marchese
Segretario del Centro d’iniziativa locale dell’Associazione radicale Certi Diritti;
Responsabile dell’Osservatorio sulle politiche di genere e pari opportunità
presso la Camera del Lavoro della Cgil Catanzaro-Lamezia