Reggio Calabria. La Corte di Appello di Reggio Calabria (presidente Iside Russo, a latere Petrone e Trimarchi) in riforma della sentenza di primo grado ha assolto Filippo Fontana dall’accusa di reato associativo, riducendo la pena inizialmente inflitta ad anni sei e mesi otto di reclusione in quella di anni quattro e mesi sei di reclusione. Confermate sia per lui che per l’altro coimputato Angelo Gullì le contestazioni di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso.
Il processo aveva preso le mosse dalla denuncia di Francesco Testa, un capocantiere che durante l’esecuzione dei lavori a Melito Porto Salvo aveva denunciato la perpetrazione di una estorsione attraverso delle visite che lo stesso aveva ricevuto sul cantiere con successivi appuntamenti durante i quali si sarebbe discusso delle percentuali e delle modalità di erogazione del pizzo. A Filippo Fontana, che avrebbe presenziato ad una di queste presunte riunioni, oltre al delitto di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso veniva contestata la partecipazione al reato associativo proprio in virtù del fatto che non avrebbe potuto presenziare a questo incontro e realizzare una estorsione per come contestata se non perché certamente intraneo al sodalizio operante in Melito Porto Salvo facente capo al clan Iamonte.
Questa mattina – dopo la richiesta di conferma della sentenza di primo grado rassegnata alla scorsa udienza da parte del procuratore generale Dott. Adornato – ha preso la parola l’avvocato Marco Tullio Martino per Filippo Fontana, che ha concluso l’intervento già iniziato alla scorsa udienza dal codifensore Nuccio Alati. In particolare questa mattina l’avvocato Martino ha sottolineato come la condotta contestata al Fontana – già ritenuta insufficiente perché si potesse dichiarare perpetrata la condotta di tentata estorsione – non poteva in alcun modo da sola costituire valido elemento probatorio fondante un giudizio di penale responsabilità anche per il reato associativo. La mera presenza in una sola occasione, durante la quale asseritamente si sarebbe perpetrata un’attività estorsiva, non può essere ritenuta sufficiente – in assenza di ulteriori elementi di conforto – per ritenere realizzato il delitto di partecipazione ad associazione mafiosa. La Corte dopo una lunga camera di consiglio ha assolto l’imputato dal reato associativo confermando nel resto.
