Reggio Calabria. “E’ stata una giornata che risponde agli obiettivi che ci eravamo posti, cioè di registrare anche i grandi risultati che sono stati ottenuti dalla magistratura e dalle forze dell’ordine nel tempo che ci separa dall’ultima missione, questa è la terza per noi a Reggio Calabria. Risultati importanti che tuttavia non ci fanno registrare ancora la sconfitta della ‘ndrangheta”. Lo ha detto Rosy Bindi, presidente della Commissione parlamentare antimafia, al termine della prima giornata a Reggio Calabria.
Dopo un’intera giornata di lavoro in Prefettura, intorno alle ore 20 la Commissione si è recata nel negozio di Tiberio Bentivoglio, l’imprenditore che si è ribellato al racket ed ha subito innumerevoli intimidazioni e un tentato omicidio. Da ultimo, l’incendio del magazzino pochi giorni prima di aprire il nuovo punto vendita, nel centralissimo lungomare di Reggio Calabria, all’interno di un bene confiscato.
Prima di entrare a far visita all’imprenditore, Rosy Bindi ha risposto alle domande dei cronisti sulla recrudescenza dell’attività criminale in città, è solo di due giorni fa un tentato omicidio nel quartiere di Gallina: “La recrudescenza criminale – ha detto la Bindi – è da attribuire al fatto che non si lascia tregua da parte dell’attività repressiva dello Stato, quindi da questo punto di vista riteniamo che la ‘ndrangheta voglia, con il ritorno ad atti di violenza, dimostrare che esiste ancora. D’altra parte però si registra anche da parte di collaboratori di giustizia, di chi denuncia, una maggiore consapevolezza che la ‘ndrangheta non sarà mai il futuro di questa terra”. Bindi ha negato, rispondendo ai giornalisti, che chi denuncia viene lasciato solo: “Lo stesso Tiberio Bentivoglio può riconoscere che nella solitudine devastante non c’è mai stato lui e non c’è nessuno. Che siano situazioni molto difficili, nelle quali qualunque tipo di vicinanza non compensa mai il loro sacrificio, questo è vero, ma le istituzioni non li hanno mai lasciati soli e non è vero che c’è carenza dal punto di vista del risarcimento, perché si tribolerà un po’, Bentivoglio l’abbiamo accompagnato anche perché qualche volta ha dovuto lottare contro una burocrazia inutile ma non si può dire che i risultati non si siano ottenuti. Siamo qui non a caso ancora una volta”.
“Sulle carenze di organico – ha proseguito la presidente della Commissione antimafia – abbiamo per la prima volta voluto sentire anche il presidente del Tribunale perché questo è un problema vero e non mancheremo di farlo presente nelle sedi proprie perché è evidente che combattere la ‘ndrangheta significa prima di tutto mettere lo Stato nelle condizioni di farlo, per la magistratura, per le forze dell’ordine e per tutto il resto. Dopodiché tutta l’attività repressiva che possiamo mettere in atto non sarà mai sufficiente, fin quando saremo costretti a celebrare gli eroi non avremo vinto la ‘ndrangheta. La ‘ndrangheta la vinceremo il giorno in cui ogni cittadino farà il suo dovere, dirà di no alla ‘ndrangheta”. E i reggini lo fanno il loro dovere? “Evidentemente non tutti – afferma la Bindi – se tutti lo facessero, se un imprenditore anziché affidarsi alla ‘ndrangheta si affidasse allo Stato, e se lo Stato fosse più presente, questo lo debbo riconoscere, perché questa è una terra nella quale è anche necessario non solo mandare magistrati, ma mandare opere pubbliche, sanità, scuola e quant’altro. Però è anche vero che se la ‘ndrangheta è ancora così forte è perché in troppi pensano ancora che sia il loro futuro”.
Domani c’è la seconda tappa della Commissione antimafia, che si sposterà a Locri. E Rende? “Siamo nella Calabria di sotto, quando andiamo nella Calabria di sopra ne parliamo”. Questa la risposta ai cronisti sul “sistema Rende” e l’arresto dell’ex assessore regionale del Pd Sandro Principe. Quando la Commissione si recherà a Rende? “Il programma lo fa l’ufficio di presidenza”.
Alla domanda formulata dal collega Lucio Musolino che le ha ricordato una nota stampa dei parlamentari eletti in Calabria, contenti perché non era stato sciolto il comune di Rende, la Bindi ha risposto: “Non avevamo torto noi, evidentemente c’erano state delle carenze da parte di chi aveva fatto il lavoro”.
Fabio Papalia
photo Domenico Notaro