Reggio Calabria. Nelle fasi finali dell’indagine che ha condotto ieri all’esecuzione dell’operazione Fata Morgana, gli investigatori della Guardia di Finanza annotano come alcuni indagati avrebbero “attivato la propria rete relazionale all’interno delle Forze dell’Ordine per acquisire informazioni utili”. In particolare, vengono annotate alcune telefonate dell’avvocato Antonio Marra, indagato per associazione mafiosa e altri reati. Tra le telefonate evidenziate dalla Guardia di Finanza, ve ne è una del 15 aprile 2016 in cui l’avvocato, a seguito del suo arrivo in città per impegni di lavoro per l’ultima udienza del processo “Meta”, parlando con un amico riferisce che nel pomeriggio sarebbe ripartito in vista di un trasferimento definitivo (…trasferendo definitivamente … insomma … e mi sto portando tutto!), e lo invita a prendere un caffè presso il Bar Malavenda insieme al “maresciallo”, comandante di una Stazione dei Carabinieri. La successiva conversazione telefonica, dello stesso giorno, confermerebbe l’appuntamento con il maresciallo, atteso che l’avvocato informa il maresciallo che sta venendo a Reggio, e alla richiesta “Dove ci vediamo?”, il professionista risponde “Da Malavenda, lì, a Piazza De Nava”.
Secondo gli investigatori, però, si tratterebbe di dialoghi che “al di là del palese contenuto”, evidenzierebbero la circostanza che il legale goda dell’amicizia di appartenenti alle forze dell’ordine “tanto da poter ottenere informazioni su fatti evidentemente non noti”. Ancora, i pm ritengono fondato il pericolo di fuga, poiché interpretano la prima conversazione del 15 aprile leggendovi una volontà dell’avv. Marra di darsi alla fuga, sostenendo che la chiamata è preceduta da un incontro con Paolo Romeo ed è seguita da un “programmato ed anomalo incontro (per le circostanze di tempo in cui si colloca) con l’amico” maresciallo dei Carabinieri.
Fabio Papalia