Reggio Calabria. La Corte di Cassazione accogliendo il ricorso presentato dall’avvocato Ugo Singarella, ha nuovamente annullato l’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di Nino Princi, detto “lo sceriffo”, accusato dalla DDA di avere attentato alla vita del cugino Giuseppe Greco e dell’omicidio di Domenico Polimeni, entrambi attinti da numerosi colpi di fucile a pallettoni la sera del 3 aprile 2016 a Calanna.
La Suprema Corte, all’udienza del 27 aprile ha condiviso le ragioni della difesa e censurato l’impianto accusatorio, restituendo gli atti al Tribunale della Libertà di Reggio Calabria per una nuova valutazione degli elementi a carico del principale indiziato del grave fatto di sangue.
I Giudici del riesame, innanzi a cui l’avv. Singarella ha fermamente criticato il provvedimento cautelare, definito “carente di riscontri certi della responsabilità del Princi e afflitto da un movente incerto”, hanno disposto l’annullamento del provvedimento restrittivo e l’immediata scarcerazione dell’imputato che, pertanto, parteciperà in stato di libertà alle battute finali del processo Kalanè, ormai prossimo alla conclusione innanzi al giudice del rito abbreviato.
Secondo la Procura reggina, il duplice fatto di sangue sarebbe motivato da logiche mafiose per la supremazia e il controllo del territorio di Calanna e zone limitrofe – feudo un tempo controllato dal defunto Ciccio Greco – e rappresenterebbe la violenta ritorsione posta in essere dal Princi per l’agguato subito a Sambatello il 9 febbraio 2016.
In quella circostanza Princi, a bordo della propria autovettura, venne fatto segno di numerosi colpi d’arma da fuoco ma scampò alla morte sottraendosi con una disperata manovra alla micidiale azione di fuoco dei killer, tra cui, secondo la Procura antimafia, vi era per certo il figlio di Ciccio Greco, Giuseppe Greco, il quale, rimesso in libertà – dopo una lunga detenzione – avrebbe deciso di sbarazzarsi del cugino, reo nel frattempo di essersi “allargato troppo” sul territorio.
Ipotesi, questa, avvalorata dalle accuse mosse dallo stesso Giuseppe Greco, che ha sempre fermamente accusato il Princi di essere l’autore dell’agguato in cui rimase gravemente ferito e che provocò anche la morte del Polimeni.
Addebito condiviso anche dal Tribunale della libertà che ha confermato il provvedimento di fermo disposto dalla Procura e la custodia cautelare in carcere a carico di Princi, arrestato nel febbraio 2017 dopo circa 10 mesi di latitanza.
Avverso il provvedimento del TdL, che aveva disatteso le ragioni di grave incertezza probatoria rappresentate dal difensore di Princi si era già pronunciata una prima volta la Suprema Corte disponendo un nuovo esame degli atti da parte del Tribunale della libertà di Reggio Calabria.
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