Gli “Eventi di Facoltà” che con cadenza annuale sono promossi ed organizzati ad Architettura, forse da rinnovare nella formula e nell’incisività dei temi talora astratti, rappresentano comunque un’occasione per riflettere periodicamente, e se si vuole in modo innovativo, sul rapporto fra Università e Territorio. Non con l’ampiezza che l’argomento meriterebbe, tuttavia nelle ultime due edizioni ho avuto modo di riflettere di Reggio Città Metropolitana, prima e dopo la sua inclusione nell’elenco nazionale. L’anno scorso, nell’ambito del tema generale del 2008 “Il secolo breve (1908-2008). Rovine e ricostruzioni”, e quando di Reggio Città Metropolitana se ne parlava poco o affatto, quasi fosse un tema “superato” e “fuori moda”, ed il noto emendamento al disegno di legge sul federalismo fiscale era di là da venire, ho potuto riaprire sul piano culturale i termini del tema metropolitano con “Sistema stretto”, che presto riproporremo anche all’attenzione dei lettori di “Newz.it”.
Questa settimana pubblichiamo “Kronos e la città (metropolitana)” – contributo in un certo senso speculare a “Sistema stretto” – testo predisposto per l’evento del 2009 “Kronos e l’Architettura”, quando cioè Reggio Città Metropolitana non è più un desiderio, ma una realtà da costruire giorno dopo giorno: studiandone e scrivendone. E più che parlandone, “facendola”.
(E.C.)
Kronos e la città (metropolitana)
di Enrico Costa
Lo spazio urbano si costruisce nel tempo, grazie al piano urbanistico, contro il piano e malgrado il piano. Ed anche senza piano.
Ed il tempo modifica lo spazio urbano: grazie ad un eventuale piano di trasformazione o di recupero, o di demolizione e ricostruzione, contro quel piano e malgrado lo stesso piano. Ed anche senza alcun piano urbanistico.
Il piano urbanistico non è un progetto architettonico, la città non è una architettura a grande scala, controllata e controllabile dal progettista e dalla direzione lavori.
Il progettista di architetture ha a che fare con una gamma limitata di interlocutori: essenzialmente la committenza (la quale esprime delle esigenze), il soggetto imprenditoriale che realizza l’opera (il quale deve eseguire scrupolosamente le indicazioni contenute nel progetto), l’utente finale (il quale non di rado si identifica con il committente). Ed è l’utente finale (una volta realizzata l’opera di architettura) ad esprimere il suo gradimento o la sua insoddisfazione nei confronti delle sue prestazioni.
Ad opera terminata, in tempi normalmente controllabili a meno di casistiche estreme legate a committenze pubbliche, c’è anche la soddisfazione o l’insoddisfazione del progettista rispetto alla verifica delle sue intenzioni progettuali, ad alla sua poetica.
La soddisfazione dell’autore nei confronti della propria opera realizzata la fa entrare a pieno titolo nel proprio curriculum progettuale, mentre l’insoddisfazione dell’autore può spingerlo, ed accade ed è accaduto, a rinnegare la propria opera, che ne chieda il risarcimento del danno di immagine (e quindi del danno economico), e che si giunga anche alla richiesta di un giudizio che sani il danno presunto subito complessivamente dal professionista. Con i conseguenti risvolti e sulla pubblica opinione, e sulla sfera economica.
Analogamente, e contemporaneamente, se l’opera è connotata culturalmente, od identificata in quanto tale, interviene il giudizio, positivo o negativo, del critico di architettura, che al momento della notorietà dell’opera architettonica può o meno coincidere col giudizio di altro critico (o di altri critici) di architettura. E la dialettica fra critici (o la coincidenza di giudizi positivi), se permane nel tempo, è condizione preliminare perché si verifichi il passaggio dal giudizio del critico alla valutazione dello storico, e quindi l’ingresso o meno della data opera di architettura nella catalogazione storica delle opere rilevanti e significative nella storia dell’architettura, permanenza che può o meno essere duratura, a seconda del variare degli orientamenti della critica storica, e delle selezioni (conferma, esclusione, o riscoperta) da essa operate.
Chi progetta città e territori attraverso piani urbanistici non è l’autore della città (un consiglio comunale il piano lo può cambiare a colpi di maggioranza, indifferente nei confronti dell’urbanista e dell’opera del suo ingegno) come l’architetto è autore dell’edificio, e si impatta con una serie molto ampia, quasi sterminata, serie di interlocutori (dal committente quasi sempre un soggetto pubblico a carattere istituzionale, ad un’opinione pubblica che arriva a comprendere l’intera popolazione locale; dagli utenti del territorio anche non necessariamente residenti che monitorizzano l’intero procedimento, alle rappresentanze politiche, sindacali, imprenditoriali; dalle associazioni portatrici degli interessi più diversi alle relative consultazioni, confronti, conferenze, momenti di partecipazione e concertazione, e via enumerando; fino alle prestazioni e forniture collaterali se non preliminari, come le cartografie e le indagini preliminari necessarie, indispensabili quando non obbligatorie, dato il carattere interdisciplinare di una disciplina basata sulla multidisciplinarietà), una serie di soggetti talmente numerosa da dilatare enormemente i tempi della progettazione e delle procedure di adozione e di approvazione, fino a creare il paradosso di strumenti urbanistici talmente invecchiati nel momento in cui entrano in vigore, e quindi non più in grado di governare il cambiamento (che per lo più si è realizzato nel frattempo al di là del controllo del piano) dal momento della loro vigenza.
Il risultato è che spesso bisogna ricominciare da capo, mentre il territorio, attraverso trasformazioni incontrollate ed incontrollabili, subisce nel frattempo perdita di qualità e danni anche strutturalmente irreversibili. E di questo la politica, con i suoi tempi incontrollabili ed illogici, perché auto riferiti e non sempre riferiti agli interessi generali, porta pesanti responsabilità, condizionando e dilatando i già poco controllabili tempi lunghi ed allungati dell’urbanistica.
È sotto gli occhi di tutti quanto la politica si sovrapponga alla disciplina urbanistica del territorio ed al governo delle sue trasformazioni, rendendole inefficaci: nuove amministrazioni e nuove maggioranze che ritengono di dover avviare nuove pianificazioni negando così il principio della continuità della pubblica amministrazione indipendentemente dai colori di governi e maggioranze che si alternano, tempi contrattuali bloccati dalle continue consultazioni elettorali, in previsione delle quali il timore della perdita di consenso elettorale od il prevalere di interessi altri bloccano o rinviano procedimenti e procedure già di per sé complesse, difficilmente riavviabili una volta concluse le consultazioni elettorali, persino in caso di conferma dello stesso personale politico e delle compagini di governo, senza parlare di ciò che accade quando l’elettorato fa diventare maggioranza la minoranza e minoranza la maggioranza.
E purtroppo la società si adatta a questo stato di cose, ritenendolo ineluttabile, quasi una manifestazione del destino.
Siamo infatti abituati, e quasi assuefatti, a considerare che “le città e le società mutano seguendo ritmi diversi”. Così come siamo abituati, e quasi assuefatti, a considerare che “la velocità dei cambiamenti della società subisce accelerazioni repentine alle quali, spesso, non corrispondono altrettanto rapide trasformazioni della città”.
Con la Città Metropolitana cambia tutto. E tutto deve cambiare, e se si parte deterministicamente rassegnati agli andazzi precedenti, tanto vale neanche cominciare.
Sono passati già più di sei mesi dalla promozione di Reggio Calabria a Città Metropolitana, ed al momento in cui scriviamo restiamo ancora in attesa dei provvedimenti attuativi, e ci si augura che questa attesa, difficilmente temporizzabile, così come gli avvicendamenti politico-amministrativi ormai alle porte, non spengano gli entusiasmi che hanno accolto la grande novità di “Reggio Città Metropolitana” (ed in questo senso conforta la notizia che al vicepresidente Anci, sindaco di Reggio, sia stata conferita la delega alle città metropolitane).
Infatti le opportunità offerte dall’istituzione delle città metropolitane sono talmente importanti, soprattutto per il territorio provinciale di Reggio Calabria e per tutta l’Area dello Stretto da non giustificare prima alcun allungamento dei tempi per l’istituzione dell’ente “Città Metropolitana” e poi, istituito l’ente, il riprodursi dei tempi inaccettabili della “tradizione” dell’amministrazione dell’urbanistica italiana.
Occorre una piena consapevolezza dei rischi che comporterebbe il riprodursi di antichi vizi e consuetudini. Senza una autentica rivoluzione culturale che incida profondamente sulle metodologie amministrativi, Reggio “Città Metropolitana” rappresenterebbe l’ennesima delusione, diventerebbe un boomerang, mentre dovrebbe, e rapidamente, rappresentare la grande occasione per un cambiamento non nelle parole ma nei comportamenti.
Intanto se ne parla e si approfondisce la consapevolezza che le cose finalmente possano cambiare. Cambiare davvero.
La componente urbanistica della “Mediterranea”, soprattutto attraverso i nuovi Corsi di Laurea e Laurea Magistrale in “Urbanistica”, sta facendo la propria parte, e con grande determinazione.
Prima di tutto, l’impegno “a caldo” di dedicare il primo triennio didattico (corsi monografici, corsi integrati, laboratori di analisi e progettazione, tesi di laurea triennali e magistrali: la prima, sulla portualità, è già stata “premiata”, neolaureati e relatore, dal primo cittadino di Reggio) ai temi metropolitani generali, e dello Stretto in particolare.
Poi i tempestivi “Dialoghi Metropolitani” (Convegno del 12 maggio 2009), promossi dal Corso di Laurea in “Urbanistica”, con l’approfondimento congiunto fra ricercatori ed attori fondamentali del quadro politico istituzionale regionale, provinciale e comunale: tutto ciò sulla base di un prezioso Dossier di base messo a disposizione anche su internet (newz.it).
Fino all’Apertura d’Anno 2009/10, sempre ad “Urbanistica” (finalmente riappropriatasi della sua storica denominazione, più consona ad inquadrare la disciplina), il 22 ottobre 2009, centrata sulla prolusione del Prof. Roberto Camagni (“Città Metropolitana e Sviluppo Territoriale: un Laboratorio per nuove generazioni di Urbanisti”), nel corso della quale i 35 anni di esperienza di questo ormai “storico” ed altamente qualificato percorso formativo si sono confrontati – alla presenza del mondo culturale, delle forze sociali, professionali, politiche e sindacali della città e del territorio regionale -, e con l’attiva partecipazioni delle varie componenti delle quattro Facoltà dell’Ateneo, con la complessità della tematica metropolitana.
Passando per la lunga serie di tavole rotonde, convegni, seminari ed assemblee in città e nei centri maggiori e minori della provincia (da città dalla forte connotazione culturale come Palmi sul Tirreno a Locri sullo Jonio, da Gallico, nell’hinterland del capoluogo, e nelle località a forte vocazione turistica montana o marina, come Gambarie d’Aspromonte e Marina di San Lorenzo, promossa anche da associazioni, club services, partiti e sindacati, di articoli ed intervenire su “Reggio Città Metropolitana” sugli organi regionali e nazionali di informazione tv, online ed a stampa.
Iniziative, alle quali non ci siamo sottratti, certamente opportune in quanto, come ha più volte sottolineato lo stesso Sindaco reggino, Giuseppe Scopelliti, l’opinione pubblica dovrà “uscire dagli schemi di parte e dalle pregiudiziali ideologiche, perché se si vogliono raggiungere gli obiettivi dello sviluppo attraverso la Città Metropolitana c’è bisogno di collaborazione politica e di rinnovamento culturale”, ammettendo che la “Città Metropolitana potrebbe ridursi ad una scatola vuota se non la si riempie di contenuti”, riconoscendo che “non tutti i cittadini del nostro territorio sanno esattamente di cosa si tratti quando parliamo di Reggio Calabria finalmente Città Metropolitana”.
Ed è per questo che su dissesto idrogeologico, inadeguatezza di infrastrutture e servizi territoriali, gestione oculata e perequativa del territorio, domande che sono il cuore della futura Città Metropolitana, intende dare risposte l’offerta formativa un Corso di Laurea, come quello in “Urbanistica”, centrato su una “Città Metropolitana” vista come occasione e speranza di riscatto per le nostre comunità, accettando sulla questione dei tempi il monito di Roberto Camagni quando sottolinea come il percorso per la costruzione delle Città Metropolitane in Italia sia più tortuoso che in altre nazioni europee per la presenza di “agenti nemici” come la burocrazia e la scarsa attitudine a programmare lo sviluppo in rete tra gli enti locali.
Attraverso questo percorso basato sul confronto di idee, fra i cittadini comincia a farsi strada la convinzione che, con la Città metropolitana, si raggiungeranno razionalizzazioni sul piano amministrativo ai vari livelli di governo istituzionale. Ci sarà più efficienza nell’organizzazione del territorio e nella razionalizzazione della spesa pubblica attraverso un ente locale “di area vasta certamente più adeguato”. E stanno diventando più chiari e comprensibili termini e concetti come “fiscalità di vantaggio” e “tassa di scopo”.
Tutto ciò è certamente incompatibile con la situazione infrastrutturale e con lo stato deplorevole della mobilità e del trasporto pubblico. A questo punto il completamento della autostrada A3 Salerno – Reggio Calabria e della superstrada jonica, la ss 106, sarà condizione sine qua non per il decollo effettivo anche dal punto del funzionamento urbano di Reggio Città metropolitana. L’autostrada “tirrenica” dal Porto di Gioia Tauro a Villa San Giovanni e Reggio Calabria dovrà costituire un tutt’uno con il tratto “jonico” in provincia di Reggio della superstrada 106, ed insieme, A3 e 106 andando a costituire l’indispensabile “spina dorsale” di un sistema viario complesso, nazionale e metropolitano – la “Strada Metropolitana” -, necessariamente dotato di “diramazioni” trasversali jonio-tirreno ed “a pettine” verso le aree più interne.
Se non ci sarà una svolta a livello di governo centrale nell’individuare nella “Strada Metropolitana” la priorità delle priorità, se i tempi di completamento ed adeguamento di infrastrutture come la A3 e la jonica continueranno ad essere eterni, se la città continuerà ad essere penalizzata dai collegamenti aerei (carissimi) e ferroviari, entrambi perennemente inefficienti, anche con la “Città Metropolitana”, per quanto riguarda l’argomentazione che “le città e le società mutano seguendo ritmi diversi”, saremo punto e a capo, e continueremo ad avere una “la velocità dei cambiamenti della società subisce accelerazioni repentine alle quali, spesso, non corrispondono altrettanto rapide trasformazioni della città”.
E, stavolta per sempre, saremo purtroppo costretti ad assuefarci ad una scissione fra i tempi asincronici della società, della città e dell’urbanistica ed i tempi di un reale sviluppo, prospettiva irrimediabilmente destinata, per quanto ci riguarda, ad allontanarsi sempre di più.
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Enrico Costa è Prof. Ordinario di Urbanistica, Presidente del Corso di Laurea in “Urbanistica”, Università “Mediterranea” di Reggio Calabria.