Torino. Il gip del Tribunale di Torino, Giuseppe Salerno, che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare relativa all’odierna operazione “Maglio” contro i clan della ‘ndrangheta nelle province di Alessandria, Asti e Cuneo, ha scritto che Giuseppe Caridi, il consigliere comunale del Pdl, finito in manette assieme ad altre 18 persone, sebbene, con la “dote” di “picciotto”, occupi i “gradini più bassi” nell’organigramma delle cosche, “rappresenta più di altri un pericolo per la libertà e la democrazia”. L’esponente politico, nato 54 anni fa a Taurianova, in provincia di Reggio Calabria, è proprietario di un negozio di calzature e in seno all’Amministrazione comunale di Alessandria, dove è entrato nel 2007, ricopre l’incarico di presidente della Commissione “Politiche e territorio”. Il rito di affiliazione grazie al quale assunse alla “locale” di Novi Ligure si tenne all’interno della sua abitazione il 28 febbraio dello scorso anno. Una new entry che suscitò polemiche tra i membri delle famiglie di ‘ndrangheta in quanto non è consentito ad un politico appartenere formalmente all’organizzazione criminale. Si inserisce in questo contesto di frizioni interne alla ‘ndrangheta, un dialogo captato dai carabinieri del Ros in un negozio di frutta e nel quale una persona riferisce all’interlocutore: “Caridi è un bravo amico, si è voluto chiudere un occhio. Sappiamo che è un cristiano che si comporta bene”. Il gip del Tribunale di Torino, sostiene che l’ingresso di Caridi nella ‘ndrangheta “non è del tutto conforme alle regole del sodalizio” ed in ragione di questa singolare circostanza , il clan dimostra di voler “non solo di estendere il proprio controllo alla politica, ma anche di inserirvisi in prima persona, segno inequivocabile non solo della sua forza, ma anche della debolezza delle istituzioni”.
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