Reggio Calabria. In attesa del tanto celebrato e avveniristico Regium Waterfront (sul quale tutto sembra tacere da due anni circa), cosa c’è di meglio che calcare i mille metri più belli d’Italia per spendere un’indimenticabile (?) giornata estiva nella Reggio città turistica? Magari ci si potrebbe porre alcune domande, così per sport, senza velleità di ricevere risposte, né tantomeno soluzioni.
Ci si potrebbe interrogare, ad esempio, se ha ancora una sua attualità rievocare definizioni di inizio Novecento per descrivere qualcosa che, a un’attenta analisi, alla fine non sembra brillare di tanta magnificenza. Lo scenario sarà anche d’incanto, guardando lo specchio di mare, ma se malauguratamente si volge lo sguardo intorno, con un minimo d’attenzione ai dettagli, alla fine si rischia di riscrivere la definizione di d’annunziana memoria: “Il chilometro più bello d’Italia (un tempo)”. Forse appare anche sbagliato includere l’area del “Tempietto” in quei mille metri. I più pignoli potrebbero eccepire che si sfora la canonica misura, e in punta di manuale quella zona completamente abbandonata non fa testo nel conteggio delle meraviglie del “chilometro”. Eppure fa specie ammirare le erbacce (verdi) a contorno del perimetro e il desertico nulla nel mezzo del quale resiste quel monumento a memoria dell’inciviltà dei nostri concittadini e dell’immobilismo degli amministratori. Il degrado che ha colpito sin dall’immediata realizzazione la zona del Tempietto fa riflettere. Poi, per carità, alla fine il nulla più assoluto, quella distesa desertica cadente magari è meglio resti così, almeno offre spazio per saltuarie manifestazioni, a invadere una landa desolata e abbandonata. Ma si diceva, forse in punta di metro si è oltre il chilometro, quindi, siamo noi a sbagliare e sarà bene arretrare nel cuore della movida, là dove certamente gli occhi potranno rifarsi non solo ammirando lo Stretto, ma anche apprezzando il Lungomare Italo Falcomatà in sé.
Passeggiando tra lidi, musica e animazione, vien da sperare che i turisti presenti siano per la prima volta in città, perché se sono degli habitué il compito di spiegare come mai quelle installazioni neo-moderne che sono i “gazebo” siano ancora lì da anni è un’impresa titanica. Bloccati dalla magistratura per cinque lunghi anni, nello scorso marzo sono tornati nella disponibilità del Comune. Per la serie “ipse dixit”, verrebbe da elencare le felicitazioni e i buoni propositi di quei giorni. Ma per non urtare la pazienza del cittadino, è sufficiente riprendere un’autorevolissima fonte che titola “I Gazebo sul Lungomare… al via i lavori di completamento”, per poi chiudere con un benaugurante “I lavori di sistemazione verranno ultimati dalla ditta appaltatrice entro il mese di giugno”, firmato sito internet del Comune di Reggio Calabria. Di quale anno non si sa, visto che siamo in luglio e i gazebo sono sempre lì, in attesa di poterne apprezzare le bontà che sforneranno quando saranno attivi.
Nell’attesa, ci accomodiamo in prima fila nell’Arena dello Stretto, con lo spettacolo di musica che travolgerà l’estate reggina! Roba da restare elettrizzati. In maniera metaforica ma anche con qualche dubbio che ci sia qualche filo elettrico di troppo a campeggiare tra le aiuole, al pari di alcune prese senza copertura e protezione. Se la musica non sarà gradevole e folgorante, le alternative per “emozioni forti” non dovrebbero mancare.
E’ un triste elenco che potrebbe proseguire, quello dei dettagli – che poi sono quelli che sviluppano il concetto di qualità percepita – che non vanno: tratti di pavimentazione saltati, vandalismo che imbratta i muri di quella che dovrebbe essere la “vetrina” della città, sporcizia nelle aiuole frutto dell’inciviltà comune, dell’incuria, di ambulanti che parcheggiano cartoni e quant’altro nel verde pubblico, ma anche frutto di un immobilismo imbarazzante di chi dovrebbe sopperire a questa inciviltà figlia della nostra scarsa attenzione verso la cosa pubblica.
I balli, i drink, la musica continueranno a scorrere, come è giusto che sia perché non puoi crocifiggere chi cerca e vuole divertimento, se questo si riesce a offrirlo anche in un ambiente cadente; ma guardare panchine divelte, lampioni distrutti, piastrelle saltate con geometrica precisione, questo non disegna certamente un’oasi turistica né un modello da esportare. Forse, come letto su un graffito che campeggiava sui muri del Lungomare Italo Falcomatà, ci siamo assuefatti allo status quo, siamo come dei “Sonnanbuli”.
Fabiano Polimeni