Reggio Calabria. Nessun dubbio più circa la scomparsa di Marco Puntorieri, i frammenti ossei e le tracce ematiche rinvenute dai Carabinieri della Stazione Rione Modena, analizzate dal Ris di Messina, gli appartengono: l’uomo è stato vittima di lupara bianca e le indagini da oggi sono volte a individuare i responsabili del suo omicidio.
I carabinieri del Ris, infatti, nei giorni scorsi hanno comunicato l’esito delle loro analisi su campioni relativi a frammenti ossei e tracce ematiche rinvenute dai carabinieri della Stazione di Rione Modena. Il profilo genetico conferma che appartengono a Marco Puntorieri, scomparso lo scorso 15 settembre.
L’uomo, quarantunenne il giorno della scomparsa, era stato condannato per associazione mafiosa nell’ambito del processo scaturito in seguito all’operazione Casco; dopo avere scontato alcuni anni in carcere e alcuni agli arresti domiciliari, da tempo si era allontanato dalla cosca Zindato-Libri, cui era stato ritenuto contiguo nel procedimento penale. Aveva aperto una ditta di pulizie e una sala di scommesse sportive in via Laboccetta, nella zona sud della città. Scompare improvvisamente il 15 settembre, senza lasciare tracce di sé né alcun indizio alla moglie, la quale qualche giorno dopo ne denuncia la scomparsa ai Carabinieri della Stazione Rione Modena, diretta dal maresciallo capo Andrea Levi con il coordinamento del capitano Nicola De Tullio.
Si attivano le ricerche e la Polizia Provinciale rinviene nel sottoponte Armo lungo la SS 106 il furgone dell’uomo, un Renault Kangoo, in stato di abbandono. Nei giorni successivi alla scomparsa del Puntorieri i carabinieri, che non credono affatto che l’uomo si sia allontanato volontariamente, effettuano ricerche e perlustrazioni partendo proprio dalla zona in cui è stato ritrovato il furgone dell’uomo. Sono stati passati al setaccio casolari e zone abbandonate. A circa due chilometri da quel punto, proseguendo le ricerche verso l’interno è stato individuato un casolare isolato e in stato di abbandono dove sono state viste delle tracce ematiche sul terreno. Un sopralluogo più attento con l’intervento della Sezione Investigazioni Scientifiche del Comando Provinciale, ha permesso di rinvenire sul posto oltre alle tracce ematiche presenti sul terreno, anche dei pallettoni deformati intrisi di tracce ematiche, una borra in plastica deformata (parte di cartuccia da fucile esplosa), nonché piccoli frammenti ossei. Il primo accertamento speditivo effettuabile sul posto aveva confermato la natura di sangue umano. Dopo un completo sopralluogo tutti i reperti sono stati inviati al RIS assieme a oggetti appartenuti al Puntorieiri da cui è stato estratto il suo DNA. La comparazione con i campioni e i frammenti ossei ha dato conferma che si tratta dello stesso DNA. Da tale conclusione viene inevitabilmente confermata l’ipotesi omicidiaria: si presume che il Puntorieri sia stato condotto lì da qualcuno che gli ha poi sparato ed ha occultato il cadavere in altro luogo. Ad avvalorare l’ipotesi dell’omicidio vi è un altro particolare, non di poco conto: i frammenti ossei rinvenuti appartengono al cranio di Puntorieri, chiunque gli abbia sparato, quindi, l’ha colpito in testa con un fucile caricato a pallettoni, improbabile se non impossibile che l’uomo sia sopravvissuto alla ferita.
Adesso, coordinate dal pm Stefano Musolino, proseguono le indagini volte a ricercare il corpo dell’uomo e a identificare gli autori dell’azione delittuosa. I militari dell’Arma hanno già interrogato molte persone vicine all’ambiente frequentato da Puntorieri, e stanno scavando a fondo per ricostruire gli ultimi giorni precedenti alla scomparsa. La stessa tecnica omicidiaria, però, ossia la morte di “lupara bianca” fa propendere gli investigatori per la pista che porta alla ‘ndrangheta.
Fabio Papalia