La tragica vicenda di Brindisi ha alimentato ancora di piu il nostro ricordo verso Giovanni Falcone, Francesca Morvillo,e gli agenti di scorta Vito Schifani, Rocco Di Cillo e Antonio Montinaro , che proprio vent’anni fa furono uccisi con una tecnica di guerra criminale senza precedenti, che continuò il 19 luglio con l’eccidio di Paolo Borsellino e di altri agenti della sua scorta e che si protrasse nel tragico 1993 con gli attentati di Roma, Firenze e Milano.
Descrivere iconoclasticamente Giovanni Falcone e Paolo Borsellino significa entrare nella costruzione reale di persone che hanno fatto quotidianamente il loro dovere e che possono diventare punti di riferimento essenziali nella prevenzione della violenza e di ogni riemersione mafiosa o terroristica.
Qualche decennio prima, negli anni in cui la Sicilia era divenuta un avamposto di frontiera nel quale cadevano periodicamente magistrati e funzionari di Stato, i Cardinale Pappalardo, straordinario teologo e contemporaneamente uomo di coraggio, ebbe a dire che “La violenza genera violenza solo se il ricordo di chi ha immolato se stesso per la legalità non viene diffuso, come una semina quotidiana, nelle nuove generazioni”.
A distanza di vent’anni la storia della Sicilia e della mafia è cambiata: i piu pericolosi criminali sono stati catturati dalla giustizia, l’orda di barbarie si è arrestata.
Ma nel resto del Sud, da Napoli sino alla nostra Calabria, la criminalità si è espasa , fabbricando morti ed esportando la sua perversa economia.
Celebrare il ricordo di questi martiri, che hanno avuto un valore democratico fondante per la tenuta della nostra democrazia, non è solo doveroso, ma indispensabile.
Lo diventa ancora di piu se quella semina di cui parlava il compianto Cardinale di Palermo diventi lievito di coscienza tra i giovani, per i quali i modelli di riferimento nel recente passato sono stati ben altri.
La sociologia nazionale ha discusso ampiamente degli effetti prodotti da ficition televisive sui ragazzi : molti adolescenti imitavano gestualità e comportamenti di antieroi, evidentemente “affascinati” dalla prepotenza, dalla prevaricazione e da un sorta di “giustizia sociale “ che quelle storie, non filtrate, rimandavano .
Agir innescando anticorpi sociali e pedagogici efficaci è il modo migliore per onorare i magistrati ed i poliziotti caduti sotto i colpi della mafia.
Renderli leggibili ad ogni età, comparare il senso del dovere come un’attività di quotidianità e anche confrontare quella lealtà infinita, a tutela del benessere di tutti, con la vigliaccheria e la violenza di chi uccide senza deterrenze sociali.
E’ questo il compito che ciascuno di noi, a prescindere dai ruoli sociali, deve sentire come forte e impellente.
Ricordo le parole che Giovanni Paolo II pronunciò in Sicilia, il 93, dopo l’assassinio di Don Puglisi: il monito forte di un Santo che si faceva sacerdote di periferia, ultimo tra gli ultimi, ricordando “agli uomini di mafia di smetterla”.
Quelle frasi scolpite nel ricordo di ognuno di noi, insieme alle memorie di Falcone, di Borsellino, ai pianti delle vedove, sono il vero testamento che dobbiamo rendere vivo nelle menti dei nostri ragazzi, nel dibattere che abbiamo attraverso l’esercizio del nostro lavoro.
La nostra autenticità è il lievito piu prezioso per far crescere culturalmente una consapevolezza fatta di legalità reale: non importa che vi siano venti di antipolitica o di qualunquismo che tendono a confondere tutto con tutti.
E’ proprio questo il momento di dimostrare che c’è un’univocità autorevole delle istituzioni che sa confrontarsi e agire con senso di rispetto e di devozione verso il suo passato.
Gianpaolo Chiappetta
Presidente del Gruppo Consiliare Regionale del Pdl Calabria