Reggio Calabria. “Torniamo a Roma con la consapevolezza che qui occorre un intervento speciale. Oserei invocare una legge speciale per la città di Reggio e per l’intera Calabria”. Lo ha detto Rosy Bindi, presidente della commissione parlamentare antimafia, nel corso della conferenza stampa indetta al termine della due giorni di lavori che la commissione ha tenuto a Reggio Calabria. “Questa città e questa regione – ha aggiunto Bindi – meritano particolare attenzione, ci dispiace che il presidente della regione abbia fatto un comunicato che o è volto a sminuire il lavoro che abbiamo svolto come commissione, e non intendiamo accettare la sua osservazione, o intende dimostrare a tutti che egli ignora i problemi della sua terra. Siamo venuti qui a guardare in faccia un male, e come ci hanno insegnato Falcone e Borsellino, fin quando non si ha coraggio di guardare in faccia il male della propria terra non lo si può combattere. Guardare in faccia questa realtà – ha concluso su questo punto la Bindi – non significa parlare male della Calabria”.
Comuni sciolti per tre volte, come Taurianova. “Sappiamo – ha detto la Bindi – che la legislazione sullo scioglimento dei comuni ha operato e ha dato buona prova di sé ma sappiamo che dobbiamo intervenire su questa legge, ne siamo pienamente consapevoli. Sicuramente le criticità emerse sono molte”. “Ringrazio tutti i commissari prefettizi – ha aggiunto Bindi – però non in tutti i casi abbiamo assiduità e competenze che servono per svolgere questo lavoro. Chi va a sostituire una giunta comunale o un sindaco deve stare lì, deve essere dedicato e deve avere capacità di fare l’amministratore, c’è necessità di un albo da parte del ministero dell’interno. Crediamo che i commissari debbano anche avere più poteri di quelli che hanno adesso. Più poteri nei confronti, lo dimostra Reggio, del corpo amministrativo, del personale, nelle municipalizzate”.
Poi Rosy Bindi è tornata a occuparsi dei temi reggini: “Qui i partiti politici e le forze politiche si devono dotare di un codice particolarmente esigente. Se il sindaco del comune disciolto di Reggio Calabria fa l’assessore regionale (il riferimento è a Demetrio Arena ndr), noi non vogliamo minimamente intaccare il principio garantista, sul piano giudiziario tutto farà il suo corso ma sul piano politico le domande ce le dobbiamo porre. Non si può aspettare una sentenza di tribunale per la ricandidabilità di un personale politico che è stato disciolto per infiltrazioni mafiose, perché normalmente avviene che si torna alle elezioni e queste persone rivincono le elezioni. Allora – ha concluso Bindi – la politica si deve dotare di strumenti, la magistratura ha i suoi strumenti, la politica si deve dotare di altri strumenti”.
E’ finita così la due giorni dell’antimafia in città, con la Bindi che ha avuto tutta per sé la platea dei media nel salone delle province della Prefettura di Reggio Calabria. “Se anche questo governo dovesse durare un solo anno, pretenderemo che il governo metta la lotta alla ‘ndrangheta tra le sue priorità”. Insomma, Rosy Bindi ha preso molto seriamente il compito che l’aspetta. Meno seriamente l’ha presa qualcuno dei componenti della commissione, che ha un’età media molto più giovane del passato. Accanto a persone, uno per tutti, del calibro e dell’esperienza del senatore socialista Enrico Buemi, in commissione siedono giovanissimi deputati e deputate. Se nel pomeriggio Giuseppe Lumia aveva parlato riguardo alle forze in campo di una qualità migliore tra magistrati e forze dell’ordine ma di una sproporzione quantitativa a favore della ‘ndrangheta, ci domandiamo cosa ne pensi lui stesso invece della qualità media dei componenti della commissione. Nella sala stampa, ieri, abbiamo sentito un parlamentare 5 Stelle chiedere al ministro della giustizia Cancellieri lumi sull’indulto, subito “bacchettato” dal ministro, che gli ha ricordato come l’indulto sia di competenza del Parlamento, e non certo dell’organo di governo.
La seconda giornata è iniziata con l’audizione del prefetto di Reggio Calabria, Vittorio Piscitelli. Dopo di lui sono stati sentiti i vertici locali delle forze dell’ordine: il Questore Guido Longo, i comandanti provinciali di Carabinieri e Guardia di Finanza, i colonnelli Lorenzo Falferi e Adriano Barbera. Dopo di loro sono entrati nel salone delle province la Commissione straordinaria del Comune di Reggio Calabria (composta da Gaetano Chiusolo, Giuseppe Castaldo e Carmelo La Paglia), poi è stato il turno del prefetto di Vibo Valentia, Giovanni Bruno, e del sindaco di Rosarno, Elisabetta Tripodi. Dopo la pausa delle 13.30, alle ore 14,30 le audizioni sono riprese e sono stati sentiti il rappresentante di Confindustria Reggio Calabria per concludere con le associazioni antimafia. Ieri sera, dopo il ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri e il procuratore capo della Dna, Franco Roberti, le cui audizioni sono state parzialmente pubbliche, sono stati sentiti in riunione segreta il procuratore della Repubblica di Reggio, Federico Cafiero De Raho insieme ai magistrati della direzione distrettuale antimafia, il procuratore della Repubblica di Catanzaro Vincenzo Lombardo, il procuratore generale di Reggio, Salvatore Di Landro e il prefetto di Crotone, Maria Tirone.
L’ex presidente Giuseppe Lumia.
“Dopo tanti anni di attività che svolgo in commissione antimafia ho notato che il livello qualitativo si è innalzato di molto. C’è un’attività della procura che in questi anni ha fatto un salto di qualità, e lo stesso nelle forze dell’ordine, ma noto una sproporzione della quantità a favore della ‘ndrangheta”. E’ quanto ha affermato il senatore Giuseppe Lumia, membro della commissione parlamentare antimafia.
“La ‘ndrangheta – ha proseguito Lumia, che in passato è stato presidente della commissione oggi presieduta da Rosy Bindi – si è evoluta, è riuscita dopo l’omicidio Fortugno a farsi impresa e politica, non è più una ‘ndrangheta che si limita a colludere con l’imprenditore e con i politici, ma si fa politica direttamente, si fa direttamente impresa, e di fronte a questo salto di qualità locale e mondiale c’è una sproporzione del tutto a favore delle locali di ‘ndrina che mettono lo Stato in condizioni solo di fare l’antimafia del giorno dopo, non siamo in condizioni di spostarci sull’antimafia del giorno prima”. “Ci vorrebbero – ha auspicato il senatore – degli investimenti in risorse umane e mezzi che lo Stato non ha deciso ancora di fare, dopo l’omicidio di Francesco Fortugno questo salto di qualità andava fatto, ancora lo attendiamo. Dovremmo mandare almeno 50 magistrati in Calabria, dovremmo dotarli di apparati straordinari, insomma una dichiarazione di guerra nei confronti della ‘ndrangheta, se considerata la prima minaccia, la più forte com’è in Europa e al mondo, lo Stato non può venire a combattere la guerra con le tabelle classiche che si utilizzano per disporre delle forze dell’ordine e della magistratura, un po’ migliorate, rispetto alle altre parti d’Italia”. “Ci vorrebbero investimenti – ha concluso Lumia – che tra l’altro potremmo compensare anche in termini economici perché la mole di confische dei patrimoni potrebbero poi farci ritornare queste risorse”.
Il prefetto Gaetano Chiusolo.
“Un’ottima audizione, una panoramica su tutte le attività svolte sino ad oggi dalla commissione straordinaria e su tutta la vita del comune”. Lo ha affermato il prefetto Gaetano Chiusolo, coordinatore della commissione straordinaria che amministra il comune di Reggio Calabria, al termine dell’audizione della commissione da lui presieduta, composta anche da Giuseppe Castaldo e Carmelo La Paglia, dinnanzi alla commissione parlamentare antimafia, riunita ieri e oggi a Reggio Calabria.
“Ho descritto – ha proseguito Chiusolo – la panoramica attuale, che è sotto gli occhi di tutti, un ufficio che funziona, funziona bene e comincia a riorganizzarsi”. Chiusolo, inoltre, ha confermato ai cronisti che la commissione chiederà la proroga di sei mesi, così come annunciato nella conferenza stampa tenuta qualche giorno fa in occasione della presentazione del bilancio comunale. “Chiederemo la proroga per poter portare a termine il lavoro iniziato”.
Il sindaco di Rosarno Elisabetta Tripodi.
“E’ stato il punto di vista degli amministratori, di chi amministra in territori difficili”. Con queste parole il sindaco di Rosarno, Elisabetta Tripodi, ha raccontato la propria audizione in commissione parlamentare antimafia, riunita a Reggio Calabria.
“Ci sono stati dei punti di vista – ha proseguito Tripodi – per quanto riguarda i beni confiscati e la legislazione subito dopo gli scioglimenti, per rafforzare la struttura burocratica, quindi abbiamo parlato di aspetti tecnici anche per quanto riguarda gli appalti, le difficoltà che si incontrano nell’amministrare, e poi mi è stata rivolta una domanda sulla situazione degli immigrati, che si ricollega ai fatti specifici di Rosarno”.
“La situazione – racconta Tripodi – è sempre uguale, gli immigrati ritornano e ancora non abbiamo soluzioni definitive ma sempre soluzioni emergenziali, sempre ogni anno con più difficoltà finanziarie, perché gli enti che ci coadiuvavano l’anno scorso non hanno dato la disponibilità a sostenere finanziariamente la tendopoli, speriamo che questa stagione anche se un po’ in ritardo, tornino indietro sui propri passi, vista la situazione di disagio umano, che ha portato anche alla morte di un immigrato”.
La Tripodi è conosciuta come “sindaco antimafia”, la stessa etichetta con la quale veniva definita Carolina Girasole, l’ex sindaco di Isola Capo Rizzuto, arrestata pochi giorni fa nel corso di un’operazione antimafia, che secondo l’accusa sarebbe stata eletta coi voti della ‘ndrina in cambio di provvedimenti favorevoli.
“Se ne è parlato, non direttamente con me ma so che se ne è parlato. Le etichette – afferma Tripodi – sono sempre scomode e soprattutto quella di essere sindaco antimafia, penso che sia quasi una ripetizione, perché ogni sindaco dovrebbe essere contro le forme di illegalità. Rispetto a questa vicenda specifica, in quanto conosco Carolina Girasole, ho sempre ammirato il suo impegno, non mi permetto di giudicare perché non conosco le carte però credo dentro di me e mi auguro con tutto il cuore che sia un macroscopico errore giudiziario”.
Claudio Fava e il protocollo “fantasma” tra il Dap e i servizi segreti.
“Uno dei punti che abbiamo bisogno di approfondire riguarda un protocollo che ci sembra esistere, da ciò che deriva da altre testimonianze di magistrati che hanno lavorato al Dap, tra amministrazione penitenziaria e le strutture dell’intelligence, che consentirebbe l’accesso senza lasciare traccia ai funzionari del servizio di sicurezza all’interno del circuito carcerario di massima sicurezza”. Lo ha detto il vicepresidente della commissione parlamentare antimafia, Claudio Fava, il quale rispondendo alle domande dei cronisti a margine della riunione a Reggio Calabria della commissione parlamentare antimafia, ha parlato del cosiddetto protocollo Farfalla, che ieri è stato oggetto di alcune domande dei componenti al ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri. Il Guardasigilli ieri ha spiegato di non essere a conoscenza dell’esistenza di un accordo tra Dap e i servizi segreti. “Si tratta di un protocollo -ha aggiunto Fava- che ha a che fare con la gestione dei detenuti al 41bis. Abbiamo bisogno di capire cosa contenga questo protocollo e quando sia stato utilizzato e quanti ne siano al corrente. La domanda deve servire ad aprire un ragionamento sul quale ci aspettiamo arrivi rapidamente risposta”.
Quel pullman malridotto.
Il pullman della Polizia che perde un pezzo, il cofano posteriore, davanti alla Prefettura tirata a lucido per la riunione dell’antimafia è l’immagine più plastica che si possa affiancare alle parole di Giuseppe Lumia, quando invoca per magistrati e forze dell’ordine maggiori risorse.