La bolla delle materie prime sui mercati cinesi si sta sgonfiando così rapidamente che non è possibile non rimanere impassibili. In particolare, sono al centro dell’attenzione le quotazioni dell’acciaio e del ferro, da sempre prodotti che il paese asiatico esporta in tutto il mondo. Il ribasso nei prezzi è quasi arrivato al 30% e, da quello che può emergere dalle posizioni aperte sui future (che rispecchiano le aspettative sui prezzi futuri di un determinato sottostante), il trend sembra appena iniziato. Infatti l’impressione è che i partecipanti al mercato abbiano incominciato a prendere posizioni corte che, nel tempo, porterebbero ad un crollo incontrollato dei prezzi. Per le dinamiche e per la zona geografica, questo fenomeno ricorda molto lo scoppio della bolla sugli indici cinesi che in pochi mesi bruciò una capitalizzazione pari, secondo i principali broker tra i quali IG, a più di 5.000 miliardi di dollari americani. Anche questo fenomeno non sarebbe privo di effetti per le economie asiatiche ed anche europee.
I primi segnali del contagio si sono osservati sul prezzo degli oli vegetali in Cina ma anche sui future sull’olio di palma, in calo del 2%. Anche al Chicago Board of Trade si è registrata la debolezza delle quotazioni dei cereali mentre al London Metal Exchange si sono visti cali delle quotazioni di diversi metalli, tra i tanti l’oro che, nonostante abbia diversi impieghi nella gioielleria e nella componentistica, sta avendo una fase di instabilità.
Secondo Citigroup, la situazione è da tenere sotto controllo in quanto ne possono scaturire “numerosi pericoli per la stabilità dei prezzi globali delle commodities” dato che la scarsa regolamentazione dei mercati OTC dove le materie prime vengono maggiormente scambiate.
Per evitare una nuova bolla cinese, la China Securities Regulatory Commission (la Consob cinese) ha invitato le borse di Shanghai, Dalian e Zhengzhon ad aumentare i costi di negoziazione in entrata e i depositi di garanzia con la speranza di scoraggiare gli speculatori a breve termine. In particolare la Dalian Commodities Exchange ha bloccato temporaneamente le negoziazioni a diversi investitori mentre più di 200 si sono visti ammonire riguardo l’intraprendere azioni non consentite. Ciò ha portato i volumi scambiati a scendere a livelli ordinari. Infatti in un giorno erano stati scambiati contratti sul ferro pari ad un anno di importazioni cinesi.
Un ulteriore problema legato alla realtà cinese è il fatto che su questi mercati può operare anche il più piccolo investitore che, allettato da un veloce guadagno, può speculare al ribasso sulle quotazioni delle commodities.
Di sicuro la situazione è tutta ancora in divenire ma le autorità di vigilanza cinesi sono allertate per scongiurare, con tutti i loro mezzi a disposizione, lo scoppio della seconda bolla finanziaria nel giro di due anni.